18 gennaio, 2006
Legge e opportunità
Possiamo chiudere la fuorviante diatriba tra chi vuole il rigore della legge e chi vuole le opportunità?
Non c’è possibilità dell’una cosa senza l’altra.
La legge va sostenuta nei suoi caratteri di essere equa e di essere applicata. E va applicata in materia di diritto al lavoro e al lavoro legale, di diritto a formarsi, di sicurezza sul lavoro, di diritto a una casa dignitosa ecc.
Ma anche in materia di diritto a scendere per strada con i propri figli e con il cane, di non essere fermato sul pianerottolo con la richiesta di fare azioni criminali, come accade a un mio amico di Barra e a un mio ex alunno che vive a Scampia, di poter incontrarsi la sera con gli amici anche fuori dalle poche aree protette del centro a fare sana socialità di quartiere, di poter tornare la notte dopo la discoteca senza che avvenga quello che è avvenuto.
Un’amministrazione comunale non ha i poteri su tutto ciò. Ma può farsi centro promotore di un patto tra poteri e assolvere alla sua funzione simbolica e politica in materia di sicurezza, intesa a tutto tondo.
Dove c’è attacco alla convivenza ci vogliono forze e mezzi per rendere effettiva la legge. E sono meglio azioni regolari e costanti, costruite anche con la partecipazione dal basso che eclatanti blitz una tantum. Tutti devono sostenere il valore dei limiti quando è in gioco il diritto di stare bene nel proprio quartiere e nella città e la sicurezza fisica delle persone, innanzitutto, quella di chi ha di meno, è più escluso, vive lontano dalle zone bene.
Questi limiti sono condizione per le opportunità. E proprio per questo l’una cosa non viene prima dell’altra. Sono contestuali. A un esercito di forze dell’ordine presente in modo continuo e in comunicazione con i cittadini, va affiancato un esercito educativo e civile, meglio integrati, con risorse che vanno reperite – perché ne servono molte.
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5 commenti:
Marco, cerchiamo di rimanere lucidi su tutto. E allora dire come fanno praticamente tutti che l'ordine pubblico riguarda il governo e non il sindaco è vero soltanto in parte.
Perchè i problemi di abbandono sistematico di alcune parti del territorio sono vere e proprie scelte politiche dell'amministrazione comunale prima che del governo.
L'esempio più lampante è il rispetto del codice della strada che vale in certe strade ma non in quelle adiacenti, solo perchè far rispettare quelle norme in certi vicoli significa ribadirne l'appartenenza allo stato di diritto. La verità è che si è scelto di concentrarsi sulle zone più in mostra della città e di affidare il resto all'autoregolamentazione criminale, scelta, da queste parti, assai più antica della repubblica italiana...
ma il vigile di quartiere??
e' utopia, forse potrebbe dare una mano.
Necessaria e' lasensibilizzazione dei cittadini sul problema della legalita'.
un caro saluto
Penso di poter essere d'accordo con Lei, anche se le responsabilità dei singoli ricadono sempre sulla collettività. la carta gettata in terra anziché nel cestino, il mozzicone spento contro un muro, il semaforo rosso bruciato, sono soltanto le manifestazioni più "innocue" dell'incapacità dei singoli (vuoi per mancanza di educazione alla convivenza, vuoi per naturale menefreghismo) di adeguarsi al vivere civile. Credo che la base del problema sia questa, e che sia su questo punto che si debba intervenire. Le autorità, ahimé, possono intervenire ma non su tutti né su tutto. "Ogni capa è tribunale" diceva mio nonno: forse aveva ragione.
T.R.
Si puo prendere spunto ..
" A lezione di "legislazione antimafia"
da Lecce per diffondere la legalità
di SERENA OLIVETTA
Sono giovani, cresciuti con il mito di personaggi come Falcone, Borsellino e Peppino Impastato, dopo l'Università sognano di entrare in magistratura, parlano il linguaggio di chi è sceso in piazza a Locri dopo l'omicidio Fortugno. E pensano che la lotta alla mafia sia prioritaria per risollevare l'economia del mezzogiorno. I ragazzi che hanno frequentato presso la facoltà di Scienze Giuridiche di Lecce il primo corso universitario organizzato in Italia di legislazione antimafia, sono il volto nuovo del Sud. E a fine gennaio si accingono alla prima tornata di esami.
Perché hanno scelto di inserire nel loro piano di studi il corso di legislazione antimafia? "La mafia non è solo quella che spara - spiega Francesca Portulano, 22 anni, al secondo anno di laurea specialistica - ma anche quella della società clientelare, che impedisce ai giovani imprenditori di accedere ai finanziamenti pubblici, o di aggiudicarsi un concorso. E questo riguarda la vita quotidiana di noi tutti, in particolare al Sud dove limita i diritti e le opportunità economiche. Voglio capire come funziona la mafia e quali strumenti abbiamo per contrastarla".
Il corso di legislazione antimafia, semestrale, è stato attivato all'inizio dell'anno accademico presso la facoltà di Giurisprudenza di Lecce grazie al magistrato Antonio Maruccia, consulente della commissione parlamentare antimafia e alla collaborazione dell'associazione Libera. "Una scelta felice - secondo il preside della facoltà Nicola De Liso - a giudicare dall'assiduità con cui gli studenti hanno frequentato. E dall'interesse crescente, perché all'inizio erano in 30, e velocemente sono diventati 150. Qualcuno addirittura già avvocato, che ha frequentato solo per passione o per affinare le sue conoscenze".
Obiettivo del corso: sollecitare la comprensione critica dello sviluppo del fenomeno criminale e diffondere la cultura della legalità nei percorsi universitari. Si insegna la storia e la sociologia della criminalità organizzata, e lo sviluppo della normativa antimafia. Nichi Vendola ha parlato del caso Impastato e il sottosegretario Mantovano del contrabbando dei tabacchi lavorati esteri.
Maruccia si è buttato a capo fitto nell'avventura "perché riguarda la formazione giuridica di chi occuperà nella pubblica amministrazione, nelle libere professioni e nella magistratura posizioni essenziali per contrastare le mafie. La cultura antimafia - continua il magistrato - è inoltre radicata nella storia stessa del Salento, dove le organizzazioni criminali non hanno mai trovato la connivenza o l'omertà dei cittadini".
Alla fine del corso sette ragazzi hanno dato vita all'associazione antimafia "Libera... mente". "La nostra Associazione nasce in un momento in cui nel Salento non ci sono omicidi eccellenti, né situazioni emergenziali - dice Salvatore Dimitri, salentino doc di 26 anni e neo-presidente dell'associazione -. Ma la lotta alla mafia deve essere portata avanti con continuità". Tante idee all'orizzonte: i prossimi "cento passi" come dicono loro, saranno il gemellaggio con il movimento della Locride e poi entrare nelle scuole con l'educazione alla legalità, fare ricerca per monitorare il rapporto tra pubbliche amministrazioni e cittadini e gli intrecci controversi tra affari e politica. Ma anche fornire informazioni e strumenti ai privati cittadini per il libero esercizio dei propri diritti. Ambizione e coraggio, a Lecce come a Locri."
Se la legge riconoscesse tra i diritti dell'uomo la liberta' di furto, ci troveremmo con una grossa mole di problemi in piu'. Davanti ad essi l'unica soluzione sarebbe per prima cosa di cambiare questa legge.
Sarebbe un grave errore disputare sulla sociologia.
La legislazione attuale fa qualcosa di peggio: toglie i mezzi per funzionare a tutta la giustizia italiana, aumentando gli spazi non solo per rubare meglio, ma per fare qualsiasi crimine.
Quindi la "legalita", ossia il rispetto della legge, diventa un fatto ingiusto se la legge approvata e' a vantaggio della criminalita'. Si tratterebbe di rispettare leggi fatte per i criminali che siano riusciti a influenzare la politica fino ad ottenere leggi con la loro matrice.
In tali condizioni, insieme al parlare di legalita' a Napoli, bisognerebbe mettere in primo piano una campagna per ripulire le leggi dalle norme che in sostanza rendono impunibili (e forse domani perfettamente legali) i peggiori comportamenti criminali.
Un sindaco o un futuro sindaco potrebbe fare molto in questo senso.
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