27 gennaio, 2012

Memoria e futuro

Sono giorni dedicati alla memoria storica. Poche settimane fa il ministro Profumo ha accompagnato una delegazione di studenti ad Auschwitz. Oggi si terrà la celebrazione ufficiale della Giornata della Memoria al Quirinale. La memoria della Shoah, ma non solo. Anche del Porrajmos, lo sterminio di centinaia di migliaia di rom e sinti deportati nei campi nazisti.
L’antisemitismo ancora striscia e colpisce in Europa come altrove. Ma più evidente anche nel nostro Paese è la paura e il pregiudizio che accompagna la presenza di comunità nomadi arrivate dall’Est. Che non aiuta e a volte esplicitamente ostacola la tutela di alcuni diritti fondamentali e i processi di integrazione.
Sono 150.000 persone, ormai in gran parte cittadini comunitari, ben 70.000 cittadini italiani. Ma vivono tragedie quotidiane su cui i riflettori si accendono soltanto quando i campi vengono dati a fuoco, per dolo o incidente, quando muoiono bambini senza colpe, quando la rabbia esplode feroce e insensata.
Le celebrazioni, si sa, non servono a granché se fini a loro stesse. Ma inserite in un quadro di azione, di rinnovata presenza istituzionale e di impegno concreto possono lasciare un segno.
E quindi non è un caso che proprio martedì si sia riunito per la prima volta un tavolo permanente interministeriale sulle comunità rom, sinti e camminanti. Dal welfare all’istruzione, dalla pubblica sicurezza alla sanità, il Governo dà vita a un’azione organica e continuativa che punta sia alla soluzione delle emergenze, sia ad impostare un lavoro a lungo termine per l’integrazione e il rispetto dei diritti umani. E a presentare alla Commissione Europea entro il 28 Febbraio il piano strategico nazionale per l’integrazione dei rom.
L’indegno trattamento che riserviamo ai rom nel nostro Paese non è una percezione del ministro Riccardi o di questo Governo, ma un fatto tristemente riconosciuto dalle istituzioni internazionali: il documento pubblicato il 24 gennaio dalla Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa, l’organismo che vigila sull’applicazione della Carta sociale europea da parte degli Stati membri, denuncia che in Italia ancora non vengono garantiti ai rom alcuni diritti, fra cui quello all’abitazione. Non è il primo richiamo ufficiale che riceviamo. E’ il momento di agire in modo deciso e adeguato. A partire dal fatto che la metà dei rom presenti in Italia sono minori di 18 anni. Non possiamo che partire da loro. Da loro a scuola.

25 gennaio, 2012

Contenuti, contenitori e vasi comunicanti

Altri 556 milioni di euro per l’edilizia scolastica sono stati sbloccati il 20 Gennaio dal CIPE. Una parte sarà destinata alla ristrutturazione delle scuole in tutta Italia, un’altra di circa 100 milioni alla costruzione di edifici nuovi. Ne parla diffusamente il ministro Profumo sul Sole 24 Ore.
Innovare gli spazi: aperti, flessibili, efficienti da un punto di vista energetico. Al servizio di tutta la cittadinanza. Come dice lo stesso ministro Profumo, scuole come luoghi civici. E’ da tanti anni che sono convinto che una “rivoluzione” degli spazi sia fondamentale per innovare anche metodi ed approcci educativi e pedagogici. Per aprirsi al mondo anche fisicamente alla comunità, al territorio, alla vita circostante. E del resto ci sono state esperienze positive di scuole aperte, un repertorio di buone pratiche da cui ripartire.
Edifici e tecnologia, quindi. Perché la digitalizzazione può favorire un abbattimento dei costi e del peso sulle spalle di ragazzi e famiglie. Ma soprattutto perché il contenuto è più importante del supporto: e noi abbiamo bisogno di spezzare la verticalità dei concetti e delle discipline. Ne parla Alain Touraine oggi su Repubblica. E mi cita Elena Favilli in un bell’articolo in cui descrive gli insegnanti come dei dj, a cui si richiede di “mixare” e ricomporre in forme nuove gli apprendimenti di sempre.
Come racconto ad America Oggi, non si tratta di sogni irrealizzabili ma di un sano “pensiero positivo”, che si affida alle tante risorse, energie ed entusiasmi presenti nella scuola. Nonostante tutto.

20 gennaio, 2012

L’Europa guarda a Napoli. Napoli all’Europa

Due giorni densi e importanti per Napoli e tutta la scuola del Mezzogiorno. La presentazione del Piano Azione e Coesione per il Sud è stata l’occasione di un confronto per le scuole di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia.
L’innovazione può nascere anche nella difficoltà. Può generarsi dall’azione didattica di presidi e insegnanti che con entusiasmo e impegno si dedicano ai ragazzi in contesti problematici. Le persone che fanno scuola nel nostro Paese sono serie, piene di speranza e concretezza. Ed è loro che vogliamo sostenere con un sapiente uso dei fondi europei.
Ho visitato il 48° circolo didattico. Emozioni e ricordi nel ritrovare persone e luoghi cari. Sono entrato nelle classi, ho parlato con le colleghe. Sono entrato nel Padiglione Chance. Era distrutto. Di questa perdita ne ho parlato con Johannes Hahn, Commissario europeo per le politiche regionali. Lì, proprio lì. Le esperienze dure e buone che vengono dissipate. Non deve più accadere. Amarezza per ciò che si è perduto. Consapevolezza che abbiamo gettato un seme.

I video che raccontano la visita a Napoli:



17 gennaio, 2012

Le cose concrete

Prima di tutto grazie. Per le tante idee, critiche, proposte. Si è sviluppata una discussione ricca e anche qualche polemica. E’ comprensibile che si associ quello che scrivo con le tante indiscrezioni che circolano sui provvedimenti in arrivo. Ma questo è e resta il luogo dei pensieri e delle riflessioni personali. Ben venga se alimentano il necessario dibattito sulla scuola.
Voglio però precisare alcune cose. Soprattutto ai tanti che hanno scritto preoccupati. Il ministro Profumo è stato chiaro: per quanto ci compete è finita l’era dei tagli. Ha poi detto delle cose in via ufficiale, alle Commissioni di Camera e Senato. E io sono d’accordo con lui: i soldi per la scuola si chiamano “investimenti”, non “spesa”. E pur in questa situazione difficile si lavora proprio in questa direzione, per trovare tutte le risorse possibili. Lo fa notare ieri Mario Pirani su Repubblica.

E sia chiaro: non sono in arrivo provvedimenti a sorpresa. Stiamo lavorando, come ho spiegato sabato sul Sole 24 Ore, per garantire maggiore autonomia alle scuole, attraverso meno vincoli d’uso per le risorse e maggiore flessibilità organizzativa. E per portare a compimento il Piano Sud sull'edilizia scolastica, l’innovazione digitale e il contrasto alla dispersione.
Giovedì sarò a Napoli proprio per questo, insieme ai ministri Barca e Profumo, al Commissario europeo  per le politiche regionali Hahn e alla mia collega sottosegretario Elena Ugolini.

10 gennaio, 2012

Attese possibili

Si arriverà a breve a un primo banco di prova. La domanda è: come fa un Governo, con mezzi limitatissimi, in piena recessione, con un debito spaventoso dei conti pubblici, a dare segnali non solo simbolici, e sostegno a scuole, docenti, ragazzi?
Sì, certo, si può e si deve interrompere il clima sfavorevole alla scuola: parlar bene e non più male dei docenti, smettere di ripetere che i soldi per la scuola sono spese e chiamarli investimenti, introdurre- non senza fatica- nuovi media ed edilizia scolastica nell’agenda per il Sud. Non è poco. Ma poi c’è da organizzare il lavoro, disporre davanti a noi un credibile orizzonte di attesa.
Non so ancora se le cose che da tempo ho in testa potranno entrare in tale orizzonte. Ma è bene nominarle.

1) Fornire le scuole di un organico stabile, che ridia ossigeno a un minimo di effettiva autonomia: docenti per le ore ordinarie, docenti per i bisogni educativi speciali, docenti in organico, stabilizzato, per coprire la maggior parte delle supplenze e al contempo per assicurare un po’ di risorse per affrontare le criticità, promuovere novità, consolidare risultati.
2) Favorire sinergie tra un po’ di soldi pubblici e soggetti privati per svecchiare il patrimonio dell’edilizia scolastica: creare le prime scuole davvero sicure, eco-sostenibili e funzionali, dismettere quelle completamente insicure o per le quali paghiamo costosi affitti.
3) Riunire le voci di bilancio, semplificare procedure, facilitare spese sensate e responsabili da parte delle scuole.
4) Far entrare un po’ di docenti precari e anche, al contempo, un po’ di ragazze e ragazzi che vogliono insegnare, per concorso, come dice la Costituzione: tot posti veri e tot vincitori, senza ulteriori graduatorie.
5) Assicurare per tutti- vecchi e nuovi entrati a scuola- una stabilità di sede, che serve ai ragazzi come il pane: almeno per tre anni di seguito noi docenti dobbiamo evitare i trasferimenti.
6) Una ripresa degli scatti di anzianità.
7) Riformare i percorsi scolastici in modo che- dalla prima elementare al diploma- durino in tutto non oltre 12 anni. In modo da far coincidere la maggiore età e la fine della scuola, come nei grandi paesi europei, in USA, in India, Cina e Brasile.
8) Creare dei primi prototipi di scuola con il mandato e le risorse per combattere davvero la dispersione scolastica nelle aree più povere.

Forse non sono attese semplici da realizzare, ma sono possibili.

04 gennaio, 2012

Di più a chi ha di meno. Da Sud a Nord.

Invertire la rotta dell’innovazione. Da Sud a Nord, e a partire dalle scuole. E’ questa la sfida a cui stiamo lavorando con il Governo.
Avevo già parlato qui del Piano Azione Coesione: in accordo con le quattro Regioni del Sud, si riprogramma la destinazione dei fondi europei per la lotta alla dispersione scolastica, per l’edilizia e l’innovazione tecnologica. Riprendo questo tema, allargando il campo alle prospettive future, nell’intervista di oggi sul Mattino.
La sfida è ambiziosa e al tempo stesso percorribile anche in tempi brevi e con le risorse a disposizione. Si tratta di scelte strategiche che legano lo sviluppo alla coesione e all’equità. Che puntano a colmare i divari esistenti, a dare una chance  vera a chi parte svantaggiato. Non con interventi improvvisati e dall’alto, ma a partire da quello che già c’è e che serve valorizzare.
Sull’infanzia “precaria” nelle aree difficili del nostro Sud, ho ragionato più estesamente su Napoli Città Sociale.