19 marzo, 2014

Lasciare il timone. Riprendere la via.

Eccomi di nuovo al mio blog. Che riprenderò, pian piano, a curare.

Non sono più Sottosegretario. Ho ripreso servizio nella mia scuola di Trento. Mi sono, poi, preso un po’ di permesso. Ho bisogno di una pausa. Per riprendere la via.

Nelle ultime tre settimane ho lavorato al passaggio di consegne. Penso che sia doveroso e importante consegnare informazioni e suggerimenti utili affinché le cose iniziate possano essere conosciute e concluse o anche migliorate da chi viene dopo di te. Si tratta, in particolare, delle norme attuative del decreto scuola, degli indirizzi dati per l’integrazione degli alunni con bisogni educativi speciali (BES) e quelli per l’integrazione degli alunni stranieri, dei prototipi contro la dispersione scolastica avviati in Campania, Puglia, Sicilia e Calabria e dell’avvio della nuova programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, del sostegno alle scuole d’infanzia, primarie e medie per far sì che le Indicazioni per il curricolo siano valorizzate nel lavoro di ogni giorno dei docenti, dell’approccio innovativo dato sui temi della violenza, dell’omofobia e anche del cinema e teatro a scuola, ecc.

Di quello che ho potuto e saputo fare ho dato conto nei bilanci di mandato 2011/2013 e 2013/2014. A questi bilanci voglio aggiungere poche parole sul mio lavoro in Parlamento. Il mio papà ha fatto sacrifici perché vi fosse un Parlamento, avesse poteri, compiti, misura e regolamenti. Ho lavorato ogni settimana in commissione e in aula, assumendo la posizione del Governo, che mi spettava. Ho capito che si tratta di un lavoro artigianale, complesso, che richiede apprendimento ed equilibrio. Ho provato a esercitare questo lavoro al meglio delle mie capacità. Credo di averlo fatto con “disciplina e onore”. Per farlo ho seguito una bussola: mantenere un grande senso di rispetto per il Parlamento. E per i suoi membri. Anche quando appariva che persone o situazioni sembrassero smentire il senso del luogo ho voluto sempre rispettare quel senso. E penso che sia bene fare così. Ringrazio i parlamentari e i funzionari che mi hanno molto aiutato a mantenere questo buon intento.

E’ importante dare conto. Perché quando si governa lo si deve fare per il bene comune. Oggi si tende troppo a irridere a questo spirito. Si tratta, invece, di qualcosa che ha valore e che va ritrovato. Dalla società, dalla politica. E presto.

E’ vero che si governa entro un sistema complesso di vincoli: le leggi, il Parlamento, il bilancio, la parte che spetta al decisore membro del governo che è di indirizzo e la parte che spetta all'amministrazione, gli equilibri e i giochi della politica per come è e anche dei media, la posizione gerarchica di un Sottosegretario nei confronti del Ministro e del Capo del governo, ecc. Tutte queste cose entrano ogni giorno in gioco,  contano, determinano. E, insieme, formano il contesto movimentato entro il quale si fa o non si fa. Ma poi ci sei tu che agisci, che scegli, che devi rendere conto. E alla fine, nelle condizioni date, hai fatto o non fatto, hai fatto meglio o peggio. Voglio ora dire che credo, onestamente, di avere lavorato bene. Perché penso che i limiti e gli errori siano stati contenuti e che le proposte e le cose fatte siano state pensate e attuate per l’interesse generale e che possono funzionare e avere efficacia.

Vi è un nesso tra fare un bilancio e chiuderlo con un accorto passaggio di consegne. Chi finisce un qualsiasi mandato deve sapersi allontanare da quel campo e lasciare bene il timone per riprendere la sua via. Alla fine di questi due anni di duplice mandato mi è venuto di riflettere sull'origine della parola ‘governare’. κυβερνάω significa, letteralmente, “reggere il timone”. Se lasci il timone devi raccontare la rotta fatta e i suoi perché. Ma poi devi lasciarlo a chi viene, cedendo davvero la posizione. L’attento governo richiede procedure sorvegliate e buoni passaggi. Queste cose hanno un valore in sé ma, in Italia, assumono un valore ulteriore perché vi è troppa sottovalutazione della cura che il governare e i suoi passaggi, a ogni livello, richiedono.

Ringrazio innanzitutto chi ha lavorato ogni giorno con me. Senza di loro non avrei potuto fare alcunché. Ringrazio ancora tutti quelli che mi hanno aiutato, sostenendo, proponendo, criticando. Insegnanti, dirigenti, studenti, genitori, membri delle amministrazioni e funzionari pubblici, colleghi del governo, parlamentari, amministratori locali, persone delle tante associazioni, studiosi, giornalisti, sindacalisti, imprenditori, cittadini. Tutti.
Ringrazio chi mi ha scritto in questi giorni. Li ringrazio anche per i loro grazie.

Sono stato veramente onorato di avere avuto l’opportunità di occuparmi di scuola da una posizione di governo nazionale dopo essermene occupato da quando ho ventuno anni, come docente e proponente di politiche educative. Mi sento anche sollevato perché sono contento di poter pensare ora ad altro. E sento dentro un’aria di libertà, che proverò a esprimere anche in questo luogo. Libertà di riflettere sulle cose delle quali mi sono occupato e di raccontarle da una posizione di ritrovata indipendenza. Libertà di immaginare la scuola e l’educare guardando al lavoro di chi la fa e al come la si può fare meglio. Libertà di pensare, cercare, provare nuovi modi per impegnarsi.