29 settembre, 2012

Due strade per combattere l'abbandono scolastico

 In tanti paesi del mondo si sta oggi affrontando con strategie diverse il tema della qualità e dell'inclusività dei sistemi di istruzione. Anche l'Italia, tra ritardi e nuove sfide, sta cercando la via per ridurre gli abbandoni scolastici. Una mia riflessione su La Stampa di venerdì 28 Settembre.

In occasione dell’apertura dell’anno scolastico Il Presidente Giorgio Napolitano ha ricordato che in generale l’istruzione nel nostro Paese è migliorata, ma che nuovi compiti – di consolidamento e innovazione – sono all’ordine del giorno. Oggi a Torino si apre un confronto sulla lotta al fallimento formativo. Ma quali sono le tendenze nel mondo riguardo alla scuola per tutti?
Ovunque le politiche per l’istruzione seguono traiettorie ricorrenti, legate alle tappe dello sviluppo. Con la prima industrializzazione e l’ammodernamento dell’agricoltura si edifica il sistema scolastico nazionale, con il compito della lotta all’analfabetismo. Successivamente si rafforza il settore tecnico, per formare un’ampia fascia di lavoratori dell’industria qualificati. Infine, nel momento di massima espansione e crescita, si utilizza parte delle risorse per aumentare la qualità generale dell’istruzione e della formazione. E’ il momento in cui le politiche pubbliche investono fortemente e per periodi prolungati in quattro direzioni: ricerca e ricerca applicata, generalizzazione degli studi universitari o tecnici superiori, azioni dedicate alle fasce più povere rimaste escluse, apprendimento lungo tutto l’arco della vita.
Mentre queste fasi nel mondo occidentale hanno impiegato oltre un secolo, nei paesi emergenti a partire dagli anni ’70 l’intero processo corre a velocità doppia. Il Brasile negli ultimi dieci anni ha dedicato idee e risorse per innalzare il tasso di istruzione universitaria specialmente tra i soggetti più deboli. L’India, che dalla metà degli anni Ottanta dispone di un sistema di istruzione selettivo e di buona qualità, in particolare per i settori tecnici e scientifici, oggi è chiamata ad affrontare il tema della disuguaglianza. Una situazione analoga riguarda la Cina, dove fino ad oggi l’obiettivo principale è stato quello della produttività. Da quando nel 1998 è stato lanciato un programma per l’istruzione superiore, le iscrizioni all’università sono aumentate subito del 165% e poi del 50% per ulteriori quattro anni. E tutti ripetono: non uno deve restare indietro, ognuno deve riuscire secondo le sue possibilità.
L’Italia - che aveva combattuto l’analfabetismo fin dall’Unità – insieme al decollo industriale degli anni ’50-‘70, è riuscita ad ampliare la base di accesso all’istruzione superiore e poi anche a creare una buona rete di istituti tecnici. E’ riuscita invece peggio degli altri paesi europei, purtroppo, a diminuire il tasso di abbandono precoce degli studi, soprattutto nelle sacche di maggiore esclusione economica e sociale. E non ha aumentato a sufficienza il numero di laureati, che inoltre fatica a inserire nel lavoro.
Continuiamo a perdere prima del diploma o della qualifica professionale quasi uno studente su cinque, il 18,8%, con enormi e intollerabili disparità geografiche e sociali. Questa disuguaglianza delle opportunità, oltre ad essere un fallimento per un Paese collocato nel solco del modello sociale europeo, è anche una grave perdita di risorse.
Il libro bianco sulla scuola del 2007  stimava che la dispersione scolastica, all’epoca del 20,6%, costasse all’Italia 2 miliardi e mezzo di euro.
Il nostro Paese si trova dunque di fronte a una duplice sfida: dover correre ai ripari e doverlo fare in un contesto economico profondamente mutato, senza poter utilizzare programmi estensivi, centralizzati e basati sull’aumento della spesa pubblica.
Dobbiamo affrontare questa sfida sapendo che l’abbandono precoce degli studi non è la malattia della nostra scuola, ma un suo sintomo. La malattia è la standardizzazione dell’apprendimento e delle strade a disposizione dei giovani per costruire la propria vita autonoma.
Una possibile cura può partire da due elementi: la rottura dello standard, attraverso una personalizzazione della didattica fin dalla prima infanzia; la partecipazione dello straordinario esercito civile che abbiamo a disposizione- gli insegnanti e gli operatori sociali- per costruire nei territori più difficili delle vere e proprie comunità educanti. E’ il lavoro che il Governo ha avviato nel Mezzogiorno e che speriamo possa tracciare un inizio di strada verso l’obiettivo più importante: sostenere equità e sviluppo a partire dai diritti dell’infanzia e dal futuro dei giovani.

22 settembre, 2012

Una gioiosa macchina di pace

Scampia, istituto comprensivo Virgilio 4, proprio a un passo dalle famigerate vele. Il Ministro Barca ed io siamo qui per presentare il bando di concorso per il contrasto alla dispersione scolastica rivolto a Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, per un investimento complessivo di oltre 100 milioni di euro.  23 milioni di fondi europei del Ministero per la Coesione, 77 milioni di PON per il programma “giovani, sicurezza e legalità” del Ministero dell’interno.

Ci accoglie un clima sereno. I ragazzi e le ragazze dell’istituto alberghiero sostenuti da prof e dirigente, fanno accoglienza e gestiscono il buffet, tirati ed emozionati nelle loro uniformi. Il dirigente scolastico, che ha lavorato duro per preparare tutto, rifugge da ogni complimento:”Come dico sempre, siamo una gioiosa macchina di pace.” Quant’è vero. Non è un caso se siamo qui, se siamo a Scampia, dove è in atto una recrudescenza criminale.
Qualche mese fa accompagnai il Commissario europeo Hahn nella visita di una scuola in cui una volta c’era il padiglione di Chance, la scuola di seconda occasione messa in piedi dai maestri di strada. Quel padiglione era distrutto e vandalizzato e non fu facile per me andare oltre la commozione e presentare ad Hahn le idee del Governo per rilanciare il contrasto alla dispersione scolastica.
Diversi mesi dopo ce l’abbiamo fatta ad avviare una vera inversione di tendenza: il bando, già pubblico, permetterà ad oltre 100 esperienze di rete di accedere a finanziamenti certi fino al 2014 e riprogrammabili fino al 2021. Questa azione ha le gambe per camminare, come ha detto giustamente  il Ministro Barca. Nel Mezzogiorno si prova a costruire una politica pubblica duratura a supporto dei bambini e ragazzi che ne hanno piu' bisogno.
E questa politica conta su un esercito civile composto da due reparti: gli insegnanti e gli operatori del privato sociale.
Noi chiediamo a entrambi i reparti di lavorare in sinergia e vogliamo sostenere ciò che in questi anni ha funzionato. So bene quali eroici sforzi quotidiani tanti di loro compiono per portare avanti qualche esperienza che dà risultati giorno per giorno. E’ la magia di questo bellissimo e difficile lavoro: Pasquale che arriva alla licenza media. Antonietta che decide che un’idea per la sua vita ce l’ha. E qui imparare un mestiere e avere un pezzo di carta in tasca vale molto e non è scontato.  So bene come vanno le cose. Perché è quello che ho fatto fino a pochi anni fa. So bene che l’appoggio dello Stato non è tutto. So bene che è qualcosa, però. E soldi, regia, azione pubblica per fare le cose sono importanti!
Pensare a e occuparsi di questi ragazzi, in maniera sistematica e non randomica, come finora è avvenuto, significa molto, per la scuola e per l’intera società. Sono diventato maestro elementare nel 1975, ho avuto la fortuna di insegnare in contesti molto differenti l’uno dall’altro. Con Chance ho fatto l’insegnante di chi a scuola non ci va più, insegnando  le conoscenze di base a chi non le aveva apprese all’età giusta, ad adolescenti e non a bambini. Successivamente, ho progettato e coordinato progetti e azioni per costruire contesti di apprendimento “altri e diversi” rispetto a quelli della scuola ordinaria, a misura di chi non ci va.
Oltre - e proprio grazie a - ad avere insegnato ho imparato molto. Qualche anno fa ne ho scritto così:

"La cosa più importante che ho imparato è che – esattamente come i sintomi ci spingono a misurarci con le malattie - i ragazzi che a centinaia di migliaia non riescono a scuola, suggeriscono molte cose sul mancato funzionamento generale della scuola stessa. E proprio come i sintomi – che si rendono palesi attraverso il dolore e le sofferenze – invitano a trovare i lenimenti per i sintomi stessi ma, al contempo, a scoprire i perché di tale condizione, questi nostri ragazzi non chiedono solo sollievo momentaneo, che pure serve, ma esigono un’analisi più profonda, una ricerca delle cause della malattia e una cura capace di guarirla davvero. (…)
Nel misurarmi con le cause di tale malattia, ho dovuto ritornare inevitabilmente a considerare le funzioni generali della scuola, le sue prime ragioni d’essere. E sono ripartito, necessariamente, dal guardare alla scuola come “spazio sociale dedicato all’apprendimento”. In tale prospettiva funzionale – che risponde alla domanda basilare su cosa sia e a che serva la scuola – mi sono persuaso che, in qualche maniera, una richiesta di speciale attenzione e di aiuto da parte del gruppo più debole di ragazzi non va intesa solo per loro ma, invece, riguarda tutti. "


Un’ultima cosa: al cinema è uscito il film di un amico regista, Leonardo Di Costanzo. Si chiama “L’intervallo” e parla di ragazzi così e di ragazzi, di adolescenti in generali. E' bello da vedere.

 Qui le slide di presentazione dell'azione contro la dispersione scolastica.

14 settembre, 2012

Il pane e le scarpe


Il rapporto Ocse “Education at a glance” 2012 pubblicato in questi giorni ci conferma alcuni aspetti che già conosciamo. Il nostro sistema scolastico ha due problemi storici: gli stipendi dei docenti sono inferiori al resto d’Europa; i finanziamenti non crescono abbastanza con l’aumentare dei gradi dell’istruzione.
Nel periodo considerato dal rapporto, tra il 2000 e il 2009,  le risorse per l’istruzione sono diminuite dello 0,8%. Da quando si è insediato il Governo Monti, stiamo lavorando per una prima inversione di tendenza, ottimizzando l’uso delle risorse esistenti. Però servirà anche reperire risorse fresche per la scuola, mano a mano che l’Italia esce dalle difficoltà.
All’avvio di questo anno scolastico dobbiamo rinnovare il nostro impegno per una grande riparazione nazionale. Senza mai perdere di vista, però, quello che le scuole portano avanti con successo. Da qui a dicembre, dobbiamo portare a compimento le cose avviate: il 20 Settembre presenteremo a Napoli il bando per i prototipi contro la dispersione scolastica, che partiranno in autunno. Per il concorso abbiamo un lavoro serrato: farlo bene, fornendo tutte le indicazioni per tempo e con precisione, tenendo in grande considerazione le legittime preoccupazioni dei docenti precari. Che sostengono le nostre scuole con professionalità da tanti anni.
La conferenza stampa tenuta dal Ministro Profumo per l’apertura dell’anno scolastico ha sottolineato la capacità di innovazione che tante scuole ed Enti locali stanno dimostrando. Una buona novità è anche il progetto “Messaggeri”, presentato dai Ministri Profumo e Barca. Cento ricercatori italiani all’estero verranno selezionati per portare innovazione nelle Università del Mezzogiorno, seguendo il lavoro di gruppi di ricerca italiani.
Perché, anche se è certamente difficile, noi dobbiamo fare entrambe le cose insieme: riparare e innovare.
Nel romanzo “La Tregua”, il giovane Primo Levi cerca il pane per mangiare, nella Cracovia devastata dalla guerra. Mordo Nahum, ebreo di Salonicco, gli dice “Quando c’è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle scarpe, in secondo luogo alla roba da mangiare; e non viceversa”.
E’ un po’ così anche per l’Italia della crisi: per occuparci delle difficoltà del presente, ci servono scarpe per camminare. Le scarpe sono il metodo per riparare e innovare insieme.  Per portare il Paese fin dove deve e può arrivare, con un orizzonte di impegno e speranza.