30 dicembre, 2005

Buon 2006: fare bene è sperare bene

Grazie per l’appoggio, per le critiche e per i pungoli ad agire.
Per fare una primavera interessante, come dice Norberto, mi pare che dobbiamo adesso dedicarci a riscaldare l’inverno. Spero di avviare presto incontri per presentarsi, proporre, guardarsi in faccia. Ho scritto su Il Mattino di oggi alcuni dei temi. Altri ve ne sono e tanti! Concordo che si debba parlare forte e chiaro dello scandalo di come si fanno le nomine oggi e anche di come coinvolgere i giovani di Napoli in progetti di vita. Devo anche dire che si deve tenere alta la guardia sulla povertà. Persone senza casa morte assiderate non ne vogliamo più!
Va, poi, salvaguardata ogni cosa che a Napoli è stata fatta bene e va migliorata. E ai tantissimi problemi dobbiamo dare risposte propositive e realistiche. Ci sono le risorse, la fantasia creatrice, le conoscenze e le energie per farlo. E’ un’avventura civile, una sfida, un modo per continuare a pensarsi come comunità e singoli che viviamo qui. E, al contempo, ci sono anche da avviare procedure per unirsi, pur nelle differenze. Alcune idee stanno emergendo dagli incontri che faccio in giro, quasi ogni sera. Discutiamo dei modi di stare insieme, di costruire programmi e candidature che abbiano un segno innovativo. Sto costruendo un calendario insieme ai primi amici di questa avventura che continua. A breve si procederà per cerchi concentrici… Insieme. Speriamo bene. Facciamo bene.
E un ottimo 2006 a tutte e tutti.

28 dicembre, 2005

Facciamo plurale?

Molti mi spingono (e così anche Clark e Norberto) a trarre le conseguenze delle mie analisi. Francamente leggo anche un che di ingeneroso, dato che non è peccato prendere in parola la promessa di primarie e aspettarsi comportamenti conseguenti.
Sì, non sono un dietrologo e do credito fino a prova contraria. Insomma ci sono, non è che ci faccio. Ora è vero che le prove contrarie si stanno accumulando. E bisogna, da parte mia, decidere se essere conseguenti. Vi sono delle condizioni su cui sto lavorando:
1. "Io" deve diventare "Noi" - da soli non si fa nulla;
2. verifichiamo se ci si può rivolgere a tutta la città;
3. bisogna parlare di programma e di squadra;
4. bisogna inventarsi una procedura partecipata che serva ad attivare persone, idee, competenze, aggregazioni vere, il che significa impegno e responsabilità plurali, tra molte persone che vivaddio non devono pensarla uguale su tutto.

27 dicembre, 2005

Rimettiamo il mondo sui suoi piedi

Ringrazio Antonio e Norberto per i loro interventi. Non capisco – lo dico in senso autentico e proprio – cosa significa per Norberto che Rosa Russo Iervolino è funzionale…. E, grazie al suo intervento, mi sono reso conto che io stesso ho usato il termine e forse ho sbagliato; la parola “funzionale”, infatti, definisce male un quadro in cui non c’è “un disegno”, ma, piuttosto, quella che ho chiamato una “situazione”. C’è un miscuglio di difese dell’esistente, assenza di programma e di risorse politiche che pensano e trovano accordi su azioni di interesse generale, inadeguatezza degli strumenti di governo, procedure improprie o deboli ma molto consolidate, lontananza dai grandi flussi di pensiero e esperienza a cui, per esempio, Roma, invece, dimostra di sapere accedere, mancata attenzione a ciascuno dei binomi, ricchi di relazione, che sono qui davanti a noi e dei quali non ci si occupa affatto: il binomio tra mercato e impresa, tra mercato e diritti da consolidare ed estendere, tra integrazione sociale degli esclusi e sviluppo locale, tra pietre (cose e spazi della città) e persone, tra processi decisionali e ascolto autentico, ecc. Tutto questo evidenzia che non vi è una testa politica e, dunque, funzionalità a questa testa. Uno dei guai è questo magma statico e senza direzione e l’altro è la confusione litigiosa e superficiale. Le azioni politiche, così, paiono tese esclusivamente alla difesa dell’esistente, e mancano di funzionalità o sono meramente funzionali alla salvaguardia di questa grande debolezza. Lo ripeto anche in modo un tantino ossessivo, lo ammetto: la debolezza della politica si tocca con mano perché non vuole o non sa offrire, a Napoli, oggi, prospettive forti, variegate, innovative, partecipate. E’ di queste cose che proverò a parlare nelle prossime settimane, con o senza possibilità di una candidatura. E a misurare, insieme agli altri, le possibilità di uscita.
Da dove partire? Sento, di sicuro, che bisogna oggi capovolgere lo schema di analisi e di discussione e mettere sui suoi piedi il mondo e ripartire da cosa e come fare per vivere meglio qui.

24 dicembre, 2005

Buon Natale

Cari amici e care amiche,
Buon Natale.
Sarò in pausa fino al 27 dicembre.
Ieri ho sentito Goffredo Fofi, gli amici urbanisti e urbanisti sociali, Jacopo Fo, Padre Valletti, gruppi di ragazzi e giovani che mi hanno chiamato. Sto rimettendo a posto gli appunti. La pausa fa bene. Pensiamo e andiamo avanti…
A presto

Grazie, Bianca

Mi scrive Bianca sul blog e me lo dicono altre persone. “Non si doveva dare alcun segno di riconoscimento a Rosa Russo Iervolino, anche quando non era più in lizza; altro che primarie sul programma… ci vuole molto di più…”
Ringrazio. Perché questo è un tema serio. Sul quale è bene aprire confronto e dibattito in maniera esplicita.
Il blog va usato per risposte brevi – lo so. Ma questa volta devo dilungarmi in una sorta di “dichiarazione di intenti”.
Ho maturato, prima della mia scelta di presentarmi alle primarie, la seguente idea della nostra situazione. C’è un blocco di potere - che non è una novità e ripercorre cose antiche e ben note e che ha molte diverse componenti sulle quali le analisi ci sono - che oggi, a Napoli, sta arroccato a difesa degli assetti dati. Ne ho già tracciato alcuni esempi in articoli e sul blog stesso.
E’ ormai una cappa, ha molti attori, si nutre di una cultura abitudinaria, di un metodo consolidato. Si tratta di un blocco conservatore, in senso proprio. E’ nemico dei fattori di sviluppo, mortifica ogni volta le spinte evolutive che propongono, mostrano e chiedono cose nuove e promettenti. Ha una visione fortemente verticistica della politica e un uso dell’amministrazione che non si fonda sul “public interest”, sull’interesse della cittadinanza ma che si muove, in modo disordinato e anche molto confuso, tra le spinte divergenti delle diverse miopi affiliazioni e gli interessi legati a fondi pubblici e a una economia di mero sostentamento dell’esistente. Coinvolge ben bene la parte che è di centro-sinistra ma anche la destra che, infatti, non propone alternative così come ha dismesso da molti anni, le sue funzioni di critica e di controllo. E’ una cappa che viviamo in molti, mortifica artigianato e piccola impresa produttiva e dei servizi, non dà alcuna prospettiva ai giovani, non sa sostenere una innovazione del welfare e dunque una speranza per la città esclusa, non possiede una politica del lavoro o ne ha una pessima, ha un’idea disgiunta di mercato e diritti e di mercato e conoscenze, non ha una strategia capace di unire necessaria repressione e costruzione di opportunità, dichiara la prospettiva del decentramento ma non sa e non vuole avviarne la difficile costruzione. Procede sulla base di criteri di controllo dal centro, premia quasi solo la fedeltà, trasferisce le decisioni reali fuori dai luoghi che dovrebbero essere deputati a ciò, ripete liturgie da basso impero, con frequenti cadute nella volgarità e ha un lessico e uno stile insopportabilmente arroganti e, al contempo, stanchi, vetusti.
Dunque non si tratta di Rosa Russo Iervolino, donna personalmente anche distante più di altri dai segni più netti di appartenenza a questo blocco e, forse anche per questo, persona che “non ha funzionato”. Si tratta di molto di più.
E’ questa cappa che va levata. E’ questo blocco che va inciso, scalfito. E’ questo blocco che, al contempo, va riaparto al mondo, in modo che, dal suo interno, siano liberate le risorse che tiene imprigionate.
Bisogna, infatti e tuttavia, riconoscere, che questo blocco ha addentellati nella società: non ha solo un ceto di suoi difensori stolti o interessati, ha anche persone che, dal suo interno, provano a cambiare, saprebbero e vorrebbero…. Ma sono limitati e impediti. E, ovunque in città, molte persone serie e competenti e vitali devono misurarsi ogni giorno con questo blocco e, in qualche misura si compromettono, vi appartengono, perché senza tale legame non si fa niente: né lavoro sociale, né impresa, né iniziativa culturale né altro. Non ottieni il denaro per fare le cose. Non accedi ai servizi. Non incontri le indispensabili fonti di informazione per poter fare e fare bene.
Non ci sono solo i cattivi arroccati nel castello e da assaltare. Noi stessi siamo quei cattivi in qualche misura e nostro malgrado. E dunque non ci sono i buoni e i puri lontani dai luoghi del potere che vanno all’assalto.
Da questa idea della situazione ho tratto alcune convinzioni che guidano le mie scelte.
Uno: va costruito un “noi”. Va verificato chi e quanti siamo. E va costruito in spazi pubblici. Gli amici sono il primo di questi spazi. Anche il blog lo è. I giornali idem. Ma ci vogliono iniziative e la prima va fatta presto. Poi si devono trovare soldi. Costruire un telaio che funzioni, tra gente che, come me, va a lavorare e non è che “fa politica”. Non semplice. Eppure possibile, nuovo, importante. Il mio personale agire è strumentale a ciò. Da solo non faccio niente. Se resto solo o siamo, alla fine, in pochi, vuol dire che la città non è ancora pronta per un vero guizzo in avanti, necessario a scardinare questa situazione. Allora ne prenderemo e ne prenderò atto. Ma se si verifica che il “noi” esiste. Sarà anche questo noi che sceglie, in tempi utili, cosa e come fare.
Due: il modo migliore per costruire questo “noi” è concentrarsi sulle proposte e le cose da fare. Fare botteghe sul programma. Girare e ascoltare gente esperta e non. Già lo sto facendo. Al centro e nelle periferie. In ogni ambiente sociale. Per piccoli e per grandi gruppi. Coinvolgendo tutte le età. Va fatto in tanti e insieme. Costruiamo così proposte forti e al contempo realistiche. Le mettiamo in circolazione e le miglioriamo in modo pubblico. Dobbiamo, dunque, contarci. Per verificare e comprendere la prospettiva, in assenza della “democrazia delle primarie”. Ma lo dobbiamo fare in modo alto, innovando noi per primi il metodo e proponendo una diversa e possibile città.
Tre: al contempo sfidiamo, in modo propositivo, l’Unione a ritessere una relazione con la città secondo un metodo che noi per primi stiamo adottando. Non lo fanno? Ci scippano le primarie? Tacciono quando gli si propone le primarie del programma? Continuano a fare solo i balletti in politichese? Noi andiamo avanti sulla strada nostra, verifichiamo se e quanti siamo e chi siamo. Al contempo invitiamo l’Unione a fare vera politica. Non la fanno? Allora c’è bisogno, per scardinare le cose e liberare risorse, comunque di avere la costanza di insistere almeno per un certo tempo, in modo da evidenziare incoerenze che generano indispensabile disillusione nelle persone che sono legate alla politica ma che sperano in meglio e in altro, disillusioni da cui ognuno possa, poi, trarre, liberamente, conseguenze e liberarsi.
Siamo solo agli inizi, Bianca. Non ti disilludere ai primi passi di una via non facile. E davvero grazie per avermi dato l’opportunità di dichiarare meglio gli intenti.

22 dicembre, 2005

Rilegittimare la politica

Perché sarebbe bene fare le primarie? Perché gioverebbero anche a Rosa Russo Iervolino? La risposta è davanti a noi: potrebbero fornire l’occasione per parlare di come e cosa fare per Napoli in modo larghissimo, toccando ogni luogo e persona e per rafforzare la politica nei suoi legami con la Città. Ed è proprio questo il compito.
Ma la politica è debole. E’ come il gigante di oro, ferro e argento, che ha i piedi d’argilla. E ciò è male per noi tutti. Lo dimostra la vicenda del cosiddetto fuoco amico, l’altalena delle intenzioni, il ritardo nel parlare dei problemi e delle possibili soluzioni.
Rosa Russo Iervolino è persona specchiata e di alta cultura. Tutti la stimiamo persona perbene e di esperienza. E’ condizione necessaria. Ed è questo che spiega il successo della raccolta delle firme a cui ho volentieri aderito. Ma tutti aggiungiamo che questa non è, tuttavia, condizione sufficiente per ottenere fiducia. Per ottenere fiducia e rilegittimare la politica bisogna tornare a riunirsi, ascoltare, andare in giro non in modo propagandistico bensì con la finalità di costruire nuovi legami.
Molti, in questi giorni, sottolineano la debolezza dei legami nel mondo politico di centro-sinistra. Sarà pur vero. Ma ciò che preoccupa davvero è la grande debolezza dei legami con la Città. Ed è per ritessere questi che le primarie possono servire a tutti noi.
Ci sono, però, anche altre possibilità. Si possono esplorare. Possiamo costruire delle primarie dei programmi. Le diverse componenti di Napoli che si riferiscono all’Unione, nei partiti e fuori, indicano priorità, soluzioni, mezzi da impiegare, in termini realistici. E indicano le donne e gli uomini che possono proporsi per competenza al governo unitario della Città. Va codificata una procedura partecipativa, un voto, appunto, sulle proposte programmatiche. Da dove partire? La città ha un problema gravissimo di sicurezza. E poi è divisa in due: entrambe le parti sono insicure.
Non sono riuscito ieri ad andare ai funerali di Giuseppe Riccio. Un ragazzo onesto, lavoratore, ammazzato così. E’ l’ennesimo. Non ce l’ho fatta. Dal mio quotidiano punto di osservazione vedo troppe cose terribili. E alle volte mi ritraggo. Non vi erano politici presenti. Nessuno. Ci sono certamente buone ragioni perché sia andata così. Ma questa assenza ha un valore simbolico che mostra, appunto, debolezza. L’insicurezza per mancato reddito e mancato lavoro di migliaia di persone costituisce un pericolo per quelle persone e, al contempo, rappresenta una minaccia sia per mio figlio che il sabato sera va in pizzeria con gli amici sia per il pizzaiolo che va al lavoro.
La discussione va, poi, portata ovunque sul merito dei problemi: la forma della città, servizi, investimenti, rapporto tra sicurezza per tutti e occasioni per ciascuno, decentramento vero, sviluppo del mercato e, insieme, dei diritti, a partire da chi è più escluso, procedure amministrative più efficaci, metodo di una giunta che governi e che decida avendo ascoltato.
E’ una proposta seria. Mi candido a questo. Se ci si muove così si va nella direzione giusta e si cambia la musica. Non è una faccenda personale. Se vi sono migliori di me va bene lo stesso. Si tratta di costruire una prospettiva di vero governo della Città, fondata sul pronome “noi”. Ma se continua la solita musica e tra due mesi sentiremo la stessa ouverture stonata, lo sfilacciamento a cui assistiamo, la disillusione e la rinuncia prevarranno.
A quel punto, che ognuno si assuma la sua responsabilità.

21 dicembre, 2005

Andare avanti, avanti c'è post

Domani, se vi capita, date un occhio ai giornali. Quelli di Napoli. Insisto sulle primarie. Ma siccome so che sarà difficile che le facciano, allora ho deciso di fare un'altra proposta. Le primarie dei programmi.
Quando eravamo nell'altro secolo, sui tram c'era il bigliettaio, una figura progressista, che diceva: "Avanti! Andate avanti. Avanti c'è posto". A volte era vero, a volte no. Ma si andava avanti lo stesso. Insomma andiamo avanti. Ma tra un po' bisognerà vedersi, raccogliere firme e fare un comitato e decidere insieme su come proseguire.
Ciao MickeyMouses.

20 dicembre, 2005

Iervoli-sì o iervoli-no, io continuerò

Iervoli-sì o iervoli-no, io continuerò

Francesco Ceci mi ha scritto stasera. Ecco solo alcune sue parole:

Innanzitutto, credo opportuno anzi necessario e vitale che la tua iniziativa non muoia anche nel caso che tu debba o voglia ritirare la candidatura. Abbiamo bisogno come il pane che in questa asfittica vita civile circoli un po' d'aria, intorno al tuo gesto si è intravista la possibilità di organizzare esperienze e pensieri sulla città, da un punto di vista meno stantio di quello corrente. Allora: intanto terrei viva l'iniziativa (quando un incontro?), poi sarebbe bello aprire uno spazio di comunicazione fra più soggetti che possa resistere agli incerti esiti di questa vicenda pre-elettorale.

..... si francesco,
iervoli-sì o iervoli-nò,
continueremo, continuerò

19 dicembre, 2005

Piazza plebiscito 2°

Sono stato con i nuovi ragazzi Chance a piazza plebiscito stamattina; stavamo al sole perché faceva freddo. Un ragazzo mi ha chiesto come troviamo i soldi per fare Chance; gli ho detto che noi progettiamo perché conosciamo da anni altri ragazzi come te e chiediamo al comune e il comune ci finanzia. Ha chiesto alla prof Chance di Matematica come funziona. Gli abbiamo promesso che facciamo venire il funzionario dirigente del comune a spiegarlo, a rispondere alle domande. Mi sono guardato in giro ed erano tutti attenti, curiosi. Tutti maledizione.
Ma non si può fare sempre così? Spiegare alla gente come funziona la macchina pubblica, le difficoltà e le forze, in modo specchiato. Non è questo governare una città: fare della cittadinanza una forza?

Daniele 2,1 - 2,45

Cos'è la paura del nuovo, la voglia di non fare le primarie pur di tenere un piccolo equilibrio malamente raggiunto e incerto, contro la voglia grande di poter dire e partecipare che ha oggi la città? Ieri sera mi sono ricordato, all'improvviso, del sogno di Nabucodonosor. Alle volte le Scritture ancora oggi aiutano a svelare. Ho preso Daniele 2.
I giganti consumano molto ma sono deboli nel realizzare, innovare. Temo che la politica a Napoli è apparentemente forte ma in realtà molto debole. Assomiglia al gigante nel sogno di Nabucodonosor interpretato dal profeta Daniele. Forte in apparenza, pieno di unità, adesioni e apparati. Ma con i piedi d'argilla. E questi piedi d'argilla sono la mancata discussione sui temi, la poca voglia di aprirsi e interrogarsi, di chiedere e di restituire alla Città e la mancata procedura partecipativa.

18 dicembre, 2005

Una "scianz" per la città

Perché si ha tanta paura e fastidio per il dibattito e il ragionare sulla città? Noi siamo in grado di fermarci – come comunità metropolitana – a ragionare insieme. Non è vero che si può solo litigare. Certo, ci si deve schierare. Ma come? Quando una comunità si ferma a riflettere su di sé e a fare politica - perché vi è l’occasione di un esercizio di democrazia - è innanzitutto di problemi e di soluzioni che si può e deve parlare tra noi.
Da questo blog intendo comunque iniziare a farlo. Lo può e lo sa fare il centro-sinistra ogni volta che lo decide. Facciamolo.
Parliamo di territorio, di investimenti, di vivibilità, del rapporto tra sicurezza per tutti e occasioni per ciascuno, tra mercato e diritti, parliamo di procedure amministrative, di metodo di una giunta che governi, di modi di avvicinare ascolto e decisioni, cittadini e amministratori.
E riguardiamo insieme agli ultimi dieci anni. Possiamo essere molto diretti e anche equilibrati nel farlo: riconoscere le cose fatte bene e imparare a meglio disseminare gli ingredienti e il metodo che le hanno, di volta in volta, rese possibili, dire chiaramente quel che è stato fatto male, sottolineare ciò che è stato abbandonato e lasciato morire, ammettere quel che non è stato mai affrontato davvero.
Le primarie sono occasione per questo: possono avvicinare cittadini a politica e viceversa. Le persone che vivono questo nostro luogo, almeno una volta ogni cinque anni, possono confrontarsi e anche scontrarsi su modi diversi di vedere e proporre la città, entro uno spazio che si riconosce comune. Facciamolo.

17 dicembre, 2005

Adesso anche il blog

Come sapete ho deciso di candidarmi alle primarie dell'Unione per il sindaco di Napoli. Il blog è una forma di comunicazione politica che ha una crescente importanza. Qui troverete le notizie sulle iniziative che prenderò e potrete anche leggere quello che penso per Napoli. Qui potrete pubblicare i vostri commenti e io potrò ascoltare la vostra opinione.
E' probabile che nei prossimi giorni introdurremo alcune novità, grafiche o di sostanza, ma questo è il bello della rete.
Un'ultima cosa: si scrive "chance" - è il nome che abbiamo dato al progetto di scuola in cui lavoro nei Quartieri spagnoli - ma a Napoli si dice "Scianz".