22 gennaio, 2009

Gennaio strabico


Bisogna essere un po’ strabici di questi tempi. Guardare oltre l’Atlantico per cercare ispirazioni o trovare conferme alle convinzioni e, al contempo, stare nelle battaglie dei nostri luoghi. Dove, quasi sempre invano e comunque in pochi, avevamo detto, predicato, mostrato il senso delle ispirazioni che oggi diventano politica al più alto livello nel paese più potente del mondo.
Il primo atto di Obama ieri è stato quello di emanare un ‘ordine esecutivo’ sulla trasparenza e l'etica: “Gli americani devono sempre sapere quali decisioni vengono prese e perché vengono prese in modo che il popolo americano sia ben servito… c’è troppa segretezza in questa città… Iniziando da oggi ogni agenzia e dipartimento si pone dalla parte di chi cerca informazione”. E ancora: “La trasparenza e il dominio della legge saranno le pietre miliari di questa presidenza… Il solo fatto che si abbia il legale potere di tenere segrete le informazioni non significa affatto che lo si debba fare”
E’ adesso un atto esecutivo, un decreto che ha valore immediato, in linea con quanto il legislatore, senatore Obama già pensava e faceva nel 2006.
Guardando dalle nostre parti nel buio pesto delle consuete segretezze si cerca di decifrare quel che al cittadino non è chiaro perché – all’esatto contrario da quanto disposto dall’ordine obamiano - tutto quel che si costruisce resta programmaticamente celato al cittadino stesso e senza rapporto con i problemi veri della vita sociale e civile.
Anche di questa distanza tra parole e cose della nostra misera politica ho scritto nell’articolo apparso oggi sull’Unità nazionale (pp 38 e 39)

N.B. La foto stavolta è mia, scattata a Central Park West south side alla statua di G. Mazzini e al relativo motto.

20 gennaio, 2009

Gli auguri a Obama e le piccole battaglie


Sembra ridicolo. Ma viene da fare quasi personalmente gli auguri ad Obama che oggi entra nel suo ufficio – he takes office. E forse l’unico modo di farli non è seguire le stanche o oscene chiacchiere della politica ridotta com’è da noi quanto piuttosto continuare le nostre piccole battaglie di democrazia concreta e di ogni giorno. Perciò testardamente va ripetuto che la politica e l’amministrazione devono poter avere un carattere partecipativo e realizzativo. Le persone devono poter ‘toccare la politica’, usufruire in modo palpabile delle sue decisioni, farne esperienza diretta, migliorarla in prima persona. Si tratta di dispositivi, di attuazioni, di fatti e non di chiacchiere. E su questo che lo stesso Obama sta per misurarsi. E ciò vale quanto più si è cittadini socialmente e culturalmente esclusi.
Sono tornato ancora una volta su questi temi – decisivi per l’esistenza stessa di un democrazia – con un articolo a commento della crisi di liquidità del progetto Chance, da me fondato undici anni fa.

14 gennaio, 2009

Quisquilie e pinzellacchere provinciali

Si torna a parlare delle elezioni… si avvicinano le provinciali di Napoli.
E subito c’è chi si scandalizza per i primi boatos sul possibile candidato del PdL.
E subito c’è chi teme che vinca la destra, chi guarda al nulla della politica con occhio disilluso…
E, interrogato, anche io ho detto la mia, ricordando, timidamente, che quasi tutti, a destra e a sinistra, si erano detti a favore almeno del ridimensionamento delle province.
Avete udito in giro domande pertinenti su questo tema? Come ridurle le province? O perché, eventualmente, non ridurle? Quale il risparmio? Come ri-integrare il personale altrove e dove? Cos’è la tanto nominata città metropolitana che dovrebbe e potrebbe sostituirle? Come funzionerebbe in generale e nel nostro caso? Niente. Non è tema delle elezioni… provinciali.
Ma, più banalmente, c’è forse un dibattito sull’operato del presidente uscente Di Palma? Ha per caso egli – o un partito della sua coalizione di centro-sinistra o dell’opposizione di centro-destra - mostrato un consuntivo politico e amministrativo sulle cose fatte e non fatte? Si è forse il presidente, alla fine del suo mandato, degnato di “dare anima e argomento”, pubblicamente, ai bilanci di questi cinque anni? Nemmeno per sogno. Ognuno tace. E lui per ora si occupa di difendere il suo posto e di contrastare anche le eventuali primarie per la designazione di un candidato di centro-sinistra. Niente altro.
Così, per l’ennesima volta, si profila una lunga campagna elettorale nella quale è tutto centrato solo su persone e equilibri tra e nei partiti. Nel chiuso di quel mondo separato. I temi istituzionali sono cancellati dal dibattito. Il normale bilancio di un corso amministrativo è cosa sconosciuta. E, ben oltre, la vita e la società così come si svolgono realmente nei territori delle province e della nostra provincia sono assenti da ogni attenzione. La vita e la società? “Quisquilie, pinzellacchere…”
Eppure le belle province e l’insieme del Mezzogiorno avrebbero di che riflettere in materia di vita e di società. Avrebbero…
Allora ho pensato di mostravi queste slide - preparate insieme al mio amico elettricista - che descrivono alcune cose significative della vita e della società napoletane e meridionali. Perché è di queste “quisquilie” che piacerebbe poter parlare. In una democrazia.


12 gennaio, 2009

Gli anni passati… e tutti questi anni

Buon anno… Capita di pensare, nei primi giorni dell’anno, che nulla rimarrà uguale… E capita anche di pensare agli anni trascorsi e subito ri-convincersi del contrario.
Gli anni passati… Quindici anni fa sono ritornato dai miei giri da insegnante in Africa e in Francia anche perché Antonio Bassolino voleva fare “la città dei bambini”…

Nicola, un ragazzino del mio quartiere, aveva allora otto anni. A 14 anni lo ho aiutato a prendere la terza media. Ci vedevamo ogni giorno. Era un ragazzino timido e anche, forse, un po’ depresso. Con un papà dedito alle illegalità, una sorella più piccola dal carattere forte e una mamma che teneva botta come e più di quanto si possa immaginare. Tante volte mi chiedo: cosa farei io se stessi in quelle condizioni, per sopravvivere? Nicola era un ragazzo buono, ritirato, mansueto. Un vero pezzo di pane. La mamma gli ha chiesto di prendere il fratello e tirarlo dentro perché si spara con le mitragliette e le pistole per aria a Capodanno nel mio quartiere…
Nicola è uscito e ha ricevuto un proiettile alla fronte che lo ha ucciso. La mamma qualche mese fa mi aveva fermato per strada e mi aveva chiesto “che facciamo noi per questi ragazzi?”. Che facciamo noi – aveva detto. Non ‘voi’. Noi. Era adirata e sofferente ad un tempo.

Prima che Nicola è stato portato al cimitero, un corteo spontaneo di qualche centinaia di ragazzi che avevano sette, otto e nove anni al tempo dei proclami sulla “città dei bambini” è andato verso il municipio di Napoli, gridando solo la parola “giustizia”. Avevano le lacrime agli occhi. Ne ho riconosciuto tanti. Alcuni sono venuti dal Nord, dove oggi lavorano a contratti da fame ma legali e lontano dai pericoli di qui. Per salutare Nicola. Che era voluto bene anche se era tifoso della Juve. Nessun sindaco o assessore, vecchio o nuovo, ci è andato a parlare. Nessun sindaco o assessore era andato a casa di Nicola per stare tre minuti a fianco alla mamma. In chiesa c’era qualche consigliere di municipalità.

Difficile dire qualcosa di sensato di fronte alle cose che capitano a Napoli. Le evidenze tuttavia sono evidenze: è davvero impressionante la distanza che c’è tra vita e palazzo. Il pensiero del palazzo alberga altrove, smaccatamente. A tal proposito mi ha colpito la quantità di deleghe con capacità effettiva di spesa concentrate nelle sole mani di esponenti politici che – per appartenenza, nota frequentazione, metodo, lessico e quanto altro - rispondono direttamente solo al presidente della regione.

Ma di tutte le cose “della politica” di inizio d’anno, già molto ben commentate, sono stato colpito da due “dettagli”. Il primo: la frase tra le tante sfuggite di bocca al sindaco la quale, a conclusione della solita difesa di sé (mai un’ammissione di errore, mai un elenco delle inadempienze rispetto alle promesse, niente di niente) si è fatta uscire di bocca le parole “in fondo non è morto nessuno”. Ho pensato ancora una volta ai figli di Nugnes. La seconda: parlando dell’ex assessore Gambale, da lei scelto, sostenuto e protetto e comunque non ancora condannato (che lo debba dire io è incredibile davvero), sempre il sindaco ha usato l’espressione “il più fetente”.
Ho raccontato quest’ultima chicca a un amico americano che segue molto le cose di Napoli. Ha detto, semplicemente: “But where was this lady all these years?” Ma dove stava questa signora in tutti questi anni? Appunto. Stava esattamente dove intende rimanere.