04 settembre, 2007

A proposito di lavavetri e in difesa del benaltrismo

Il sindaco di Firenze insiste contro i lavavetri e attacca il “benaltrismo”.
Quando guido anche a me i lavavetri rompono le scatole. Ma si può dire no. Si possono, più aggressivamente, fare muovere i tergicristallo. Si può adottare un solo lavavetri e disdegnare gli altri.
E poi: potrei fare un elenco assai lungo di cose più fastidiose. Chi supera in tripla fila, per esempio. Chi corre in auto come un dannato e per mero divertimento in luoghi abitati da pedoni di ogni età.
E oltre il mondo dell'auto, penso alle paturnie che vengono per le inefficienze colpose e continue che fanno piangere dall'esasperazione vecchi, giovani e non, bambini, per diritti dichiarati ma non reali a scuola, per strada, nelle banche, negli uffici, negli ospedali, nelle stazioni. C'è qualche audace amministratore di sinistra che propone una qualche forma di tolleranza zero o uno o due per lavori stradali mal fatti e che procurano incidenti o per i caffè nelle città d’arte che costano quanto un paio di scarpe o perché oltre i 70 anni o con la gamba rotta non si riesce a salire su un tram o perché ci vogliono giorni per avere un rimborso qualsiasi pubblico o privato che sia o perché se non hai chi ti raccomanda ti operi di cancro oltre il tempo massimo o perché chi sta in sedia a rotelle non è cittadino nel 90% del nostro territorio o perché gli studenti fuorisede devono dormire in quattro in quattro metri e pagare prezzi da capogiro a benpensanti che non dichiarano affitti? Per non parlare di mafie, racket e dintorni.
E poi esistono o no le povertà? E' mai possibile che non si riesca ad aprire - da Firenze a ovunque - uno straccio di dibattito sui redditi di sussistenza. Che riguardano oltre 7 milioni di individui, italiani e stranieri, che abitano le nostre città di ogni grandezza, l'11% della popolazione, il 19% al Sud. Di cui i simil lavavetri sono lo 0,6% max. E sono per lo più i senza fissa dimora dei quali le politiche europee comunque raccomandano di occuparsi con tanto di note di indirizzo e voci dei fondi sociali. E c’è qualche indignato governante che nomina l’altro 99% dei nostri poveri che sono produttori di ricchezza ed erogatori di servizi? Ne parla con simile veemenza qualche amministratore dei nostri? Eppure non stanno bene nelle città e al nero o a contratti brevi puliscono palazzi, uffici e fabbriche e lavorano in ogni tipo di manifattura e servizi e puliscono il culo ai nostri vecchi e ai nostri pargoli e fanno i braccianti e i pescatori e fanno le bocche di rosa a milioni di italici uomini ecc., ecc.
Insomma: non è solo che ci sono ben altri reati da punire e eventi fastidiosi da reprimere. E' che c'è l'esclusione sociale e l'urgenza di un nuovo welfare da inventare. Ma evidentemente nel comune sentire dell'italietta filistea conta il fastidio per il lavavetri e non l'indignazione per la povertà. Riflettere, in modo costruttivo e non declamatorio, sull'esclusione è, infatti, la cosa più faticosa di tutte. Perché ci vuole tenace fantasia e vera invenzione e costanza nella costruzione sociale... Ci fosse un sindaco che dicesse cosa farebbe fare in vece di lavare i vetri!... cosa, come, quando, con quali fondi non assistenzialmente intesi. Lo fanno in Bengladesh dopo tutto. Ma qui no. Qui abbiamo o gli sceriffi un po' vigliacchetti che si accaniscono sugli ultimi o gli sterili denunciatori delle ingiustizie del mondo, i declamatori.

Nessun commento: