18 novembre, 2009

Campania burning

Una cosa che si può e si deve fare, nella difficoltà del fare politica in questo Paese e in questa regione, è portare testimonianza intelligente dei dati di realtà. E provare a parlare di cosa sia auspicabile e possibile fare. Per esempio…

Per esempio i recenti fatti di cronaca hanno riportato all’attenzione pubblica la storia del ghetto di San Nicola Varco, in provincia di Salerno: un ex mercato ortofrutticolo costruito negli anni '80 e mai collaudato, dove per anni hanno vissuto centinaia di immigrati senza tutela e senza diritti. Arrivati in Italia, gli immigrati (in maggior parte marocchini) credevano di essere provvisti di un contratto di lavoro regolare: ma il contratto si era rivelato una truffa, e nella loro nuova condizione di clandestini i lavoratori erano impegnati anche dieci ore al giorno, in nero.

La notizia è di oggi: da ventiquattro ore è ormai partito il rastrellamento. Nonostante la CGIL si batta da anni per sensibilizzare le autorità sulla situazione del ghetto di San Nicola, le forze dell’ordine intervengono solo ora per sgomberare l’area: lì dovrà sorgere un centro commerciale. La maggior parte dei clandestini è fuggita nella notte, alcuni di loro attendono l’espulsione, pochissimi i regolari ai quali verrà garantita una nuova abitazione…

Le storie di chi vive nel ghetto di S. Nicola sono state raccontate da Anselmo Botte in un bel libro, Mannaggia la miserìa, come con parole locali e accento straniero imprecano i braccianti stranieri. E su radio radicale c'è anche una sua intervista sulla condizione del lavoro nero degli immigrati. Siamo anche in attesa del documentario titolato Campania Burning diretto da Andrea D’Ambrosio e scritto con Peppe Ruggiero (Biutiful Cauntri). Il film è stato girato durante l'estate del 2009 nel ghetto di San Nicola Varco e narra una giornata degli abitanti di ghetto. Ha inizio con il ritorno dei braccianti dai campi, e la vita abitudinaria nel ghetto fino alla notte. Succede l’alba con la chiamata al lavoro dei caporali di giovani immigrati fantasmi che lavorano 10 ore al giorno al mercè di gente senza scrupoli, uno sguardo nel ghetto vuoto ed il lavoro nelle serre e nei campi. Il finale torna, come l’inizio, nel pomeriggio, riproponendo la vita nel ghetto.

Sarebbe ora di parlare delle cose e dei nessi tra governo del territorio – quello reale, effettivo, concreto e non quello degli slogan triti e ritriti e delle retoriche – e politica qui in Campania e governo della Campania. Ora che le elezioni regionali si avvicinano. Quale candidato, quale programma, quale metodo partiranno con il dire il vero, almeno? E sarebbe ora di creare un qualche spazio pubblico sul cosa fare: scuola e formazione, immigrati, nuova emigrazione nostra al Nord, droga, mancato lavoro e povertà. E camorra, che entra in ciascuna di queste cose. E sulla politica di chi governa e di chi si oppone, qui, che vive in e di queste cose anche essa. Quanto c’entra? Come? Perché? Parlarne davvero, senza faciloneria, coi dati, da posizioni diverse. Sarebbe ora.

La foto viene da questo reportage della università di Salerno.

16 novembre, 2009

Con quale bici pedalare?

Se ho capito bene questa bici del mio amico elettricista e ciclista si ispira a una bici che fu usata in pista da Antonio Maspes. E se ho ben compreso si tratta di bici che quasi non può frenare e che costringe a pedalare sempre, anche in discesa, perché non ha la ruota libera. Se la usi non in pista ma nel traffico urbano devi schivare e dunque stare attento a ogni ostacolo, prevedere in tempo reale ciascuna variazione reale o potenziale di intenti e traiettorie altrui, accettare i rischi dovuti al caso, che pure esiste; e perciò non perdere mai l’attenzione. E’ un esercizio che produce adrenalina e pathos e che sta nel vivo pulsante delle cose.

Ne parlo perché mi pare una grande metafora dei compiti politici, se si intende per politica l’arte del possibile per vivere insieme meglio in questo mondo, ora.
Da tempo non vi sono più certezze su cui adagiare l’attenzione. Ma ora è assolutamente chiaro che non ci si può distrarre. Mai. Ma proprio mai. E si deve fidare sulla destrezza costante, individuale o collettiva. Prendendone i ritmi e i rischi. Tutti.
C’è il partito che in fondo serve? Puttanate. Non è vero e se è vero non è certo o forse è comunque assai poco utile e in ogni caso non ci si può fidare. C’è il sindacato che comunque sorveglia ed è presente. Assolutamente opinabile, quasi sicuramente falso. C’è il o un capo di cui fidarsi per fare governo o opposizione. Cazzata… e se la pensi puoi cadere. Vi è una cosa che è dalla tua parte e un’altra, ben distinta, che ti è contro. Può essere. Ma vanno costantemente sorvegliate le traiettorie sia dell’una che dell’altra.

Ecco. Ma pedalare con una bici fissa insieme ad altri – per fare una politica che abbia senso in questo mondo e in questo Paese – è ancora possibile? E con quali procedure condivise, comunitarie? Con quali metodi decisionali-deliberativi? E secondo quali minime garanzie finalizzate a sopravvivere nel mezzo del tumultuoso tragitto e del rischioso procedere?
C’è chi (vedi il Pd e la sua assemblea cui ho accennato nel post precedente) questi quesiti – che costano rischio intellettuale ed umano e dunque fatica interiore e fatica nel mettersi d’accordo tra diversi in tempo reale e su cose da fare – non se li vuole porre o non se li sa prendere in carico. E così preferisce altre bici per tragitti saputi e da ripetere, in modo assai più certo e mansueto. Ma le altre bici, legate alle identità di uno o due secoli fa e alle loro rassicurazioni, sono davvero idonee alle nostre civitas? Servono a percorrere le strade per come esse sono in realtà e oggi?

15 novembre, 2009

Il seguito di North Country

E invece… Alla fine sono entrato nell’assemblea nazionale del Pd. Perché ho vinto il ricorso – grazie alla caparbia insistenza degli amici di Mantova. Che ringrazio ancora. Sono andato a Roma all’assemblea. Ho visto molte persone brave, capaci, competenti nei propri settori, ad un tempo indignate per l’Italia com’è e reattive, che stanno tentando un’ultima tenace prova di politica, che sia sì realistica ma che abbia anche un senso, progettuale, metodologico. Perché è pur vero che c’è comunque bisogno di azione comunitaria e di attivizzazione civica e dal basso ma anche di rappresentanza dignitosa, che ascolti, che rilanci, che invogli.

All’assemblea i leader si sono accordati secondo i rituali di sempre. Le mozioni sono state approvate con sciatto automatismo. Il dibattito e gli stessi modi di lavorare erano insomma vetusti e davvero poverissimi rispetto alle ferite del Paese, alle cure sociali e civili necessarie, alle aspettative. Ci vuole qualcosa di altro e di nuovo, che faccia i conti col mondo com’è. Non basta l’ennesima alchimia tra popolarismo e socialdemocrazia. E poi ho visto un apparato che ogni tanto vorrebbe ma che forse non è proprio in grado di raccogliere spinte, energie, proposte che pure ci sarebbero. Non ha, appunto, gli strumenti culturali e forse anche emotivi. Sono nati e cresciuti in quei pollai… Al di là dei leader è questo il problema. Sulla generale mancanza di una forma per la politica (ben oltre la specificità del Pd) e anche su questa evidente e dolorosa scissione – tra necessità e anche risorse da un lato e vecchie inamovibili abitudini dall’altro – proverò a fare una qualche riflessione un po’ più lunga tra qualche giorno. Lavoro permettendo.

12 novembre, 2009

Ricordo di Pina



E’ morta la mia amica Pina Coppola.
Dopo una lunga e terribile battaglia con la malattia.
Era una donna di grande umanità. Qui la ricordo come amica con le immagini riportate da un altro amico. Pina è stata sempre impegnata con sobria costanza sui temi dei diritti civili. Ha fatto anche parte della nostra avventura di Decidiamo insieme. Lascia un grandissimo vuoto in tante e tanti.

01 novembre, 2009

North Country 5

Paradosso sgradevole: alla fine però è andata male, anche se era andata davvero molto bene.
Pare il mondo alla rovescia. Infatti, nonostante la buona battaglia di merito fatta a Mantova nel corso di queste primarie, grazie alle straordinarie persone incontrate e nonostante i più che buoni esiti del voto, l’orrido marchingegno elettorale del Pd mi ha penalizzato.
Ecco come:
Mentre i seggi che vengono presi con quoziente pieno partono tutti dal raggiungimento del quoziente elettorale di collegio (es. metti che per 10 seggi sia mille voti ogni seggio: tu ne prendi tremila guadagni tre seggi), i resti, invece, non seguono la logica di chi si avvicina più a mille (e cioé quella meritocratica del resto più alto) ma si parte con una prima assegnazione dei seggi ai collegi con quattro seggi con i resti e poi via via con i collegi con un più alto numero di seggi. In Lombardia solo due seggi sono stati assegnati pieni mentre gli altri quindici tutti con i resti. La fregatura quindi l'abbiamo presa noi di Mantova e poi Cremona e Milano 3, ultima fascia di assegnazione con sette e sei delegati da assegnare e dunque con i resti (e quindi i voti in assoluto) più alti della Lombardia (!!). Si è fatto ricorso ma è il regolamento che è folle e anti-meritocratico. E senza neanche tutelare bene le minoranze. Infatti vengono dati seggi alle monoranze delle realtà meno significative e dunque meno capaci, potenzialmente, di tenere nel tempo. Ma tant’è.
Così, nonostante che, dopo i collegi di Milano, io sia il più votato (quinto posto su 28 collegi lombardi) sono fuori.

In compenso ieri il Napoli ha vinto, dopo 21 anni, sul campo della Juve. Con una rimonta immensa. Meno male che o’ ciuccio c’è!