Nel 50° anniversario della riforma della scuola media unica vale la pena ricordare come essa nacque da un decisivo dibattito parlamentare attorno all'idea di uguaglianza. Le nuove scuole medie aprirono le porte a 600.000 ragazzi e ragazze - figli di operai, braccianti, artigiani. Per qualche decennio il nostro Paese sperimentò la mobilità sociale. La riforma spezzava un tabù radicato nella cultura politica italiana, ma l'evoluzione fu troppo lenta e faticosa. Ho scritto di questa ricorrenza e di quale strada ci indica nel tempo attuale in un articolo su La Stampa del 21 Aprile. Ecco il testo integrale.
Pochi giorni prima del Natale del 1962 venne approvata dal primo centro-sinistra la legge n. 1859, che istituì la scuola media unificata, applicando finalmente la Costituzione della Repubblica che prevedeva otto anni di scuola gratuita e obbligatoria per tutti. La scuola media unica, insieme alla statalizzazione dell’energia elettrica, fu parte delle condizioni programmatiche poste dal partito socialista per terminare l’opposizione e avvicinarsi a un governo insieme alla DC superando l’alleanza frontista con i comunisti che durava dal 1948.
Così, nell'anno successivo, il 1963/64, le nuove scuole medie aprirono le porte a ben 600.000 ragazzi e ragazze, figli di operai, contadini, artigiani, piccoli commercianti e braccianti, che fino ad allora non erano andati oltre la quinta elementare o l’“avviamento professionale” secondo le norme del 1928.
Immaginiamo la scena. Nell'ottobre del 1962 Gianni e sua cugina Carla, figli di un salumiere e di un operaio edile, finiscono a pieni voti la quinta elementare. Hanno dieci anni. E le famiglie decidono di non mandare i due ragazzi alla scuola media – allora unica via d’accesso ai licei e poi, forse, all'università – ma semmai all’”avviamento”, dove per tre anni, sei giorni a settimana, con tuta e arnesi per l’officina o grembiule e attrezzi per i cosiddetti “lavori domestici”, tutti comprati dalle famiglie, ci si “ammaestrava” al lavoro e basta. Senza accesso al sapere del mondo. Ed ecco che, con la nuova legge, nell'autunno del 1963, i fratelli di poco minori di Gianni e Carla entrano invece a scuola e studiano Italiano, Matematica, Storia, Geografia, Scienze, Arte, Inglese o Francese, Ginnastica, Musica. E – quel che più conta - hanno le porte aperte all'accesso agli studi superiori. Inoltre fanno almeno un anno di latino - la materia simbolo dell’idea stessa di conoscenza delle classi medie italiane - che fu, infatti, l’oggetto intorno al quale si concentrò la polemica politica.
Anche se oggi vi è un proficuo dibattito sui limiti della nostra scuola media, va ribadito che la riforma fu una conquista storica in termini di eguaglianza. E non solo. La riforma, infatti, ebbe un successo multi-dimensionale perché, partendo dai diritti, spinse in avanti l’economia e la società italiane.