Ringrazio Daniele Coppin per l’osservazione pertinente. Ho fischiato tardi? Forse. Avevo a cuore troppo il fatto che volevo un blog libero e fino a un certo punto gli elementi di ricchezza sono stati di gran lunga superiori a quelli negativi. E ho fischiato quando era del tutto evidente che le proporzioni si erano invertite.
E voglio rassicurare l’amico Giuseppe Balsamo (e non Balzamo). C’è voglia di fare? Lo so. La ho anche io. Ci stiamo attrezzando. Ci vuole costanza. Il comitato di indirizzo di D.I. ieri sera ha fatto un primo serio lavoro. Dobbiamo riorganizzarci, dare la tabella di marcia, integrare gli organismi e ci vuole misura e metodo per trovare le procedure idonee per dare senso, appunto, alla voglia di fare che è diffusa ma anche molto differenziata. Ce la faremo ma bisogna anche evitare di pensare che ci sia da un lato l’entusiasmo e dall’altro una sorta di voluta inerzia. Non è così. Bisogna cambiare passo, adeguarsi a una nuova fase, darsi un motore diesel e darselo con una procedura che includa persone e modi diversi.
Rosa Russo Iervolino ha fatto la giunta. La crisi della città avrebbe richiesto una giunta nuova nella composizione e nuova nelle procedure usate per costituirla, procedure che dovrebbero sempre basarsi, secondo quanto dice la legge, sulle prerogative del sindaco in materia, sulla autentica autonomia decisionale del primo cittadino eletto. I segnali erano stati di segno contrario. Per diverse settimane neppure solo retoricamente qualcuno ha iniziato a parlare di questioni significative. Siamo stati tutti da subito molto preoccupati per tutto questo perché siamo nati nella convinzione della necessità di una riforma della politica e del bisogno di avere in città uno "spazio pubblico" più ricco, articolato, trasparente, che permetta e stimoli la partecipazione dei cittadini, pensata come una risorsa per il buongoverno e centrata sulle cose da fare.
Ma io ho voluto ugualmente scegliere la prudenza e ho voluto notare ugualmente, senza alcuna prevenzione, un segnale forse positivo nella nomina di Tino Santangelo a vice-sindaco. Speravo che fosse l’apertura di un processo di maggiore autonomia politica del sindaco, almeno. Norberto Gallo mi ha criticato e io ho prestato ascolto, pur convinto che la prudenza sia cosa buona. Avevo polemizzato con Santangelo, ma con toni pacati.
E’ stata una prudenza eccessiva? Non so. Ora giudico malissimo la giunta. Non entro nel merito dei singoli anche se devo confessare che la conferma dell’assessore al bilancio, in particolare, mi colpisce in senso negativo e che moltissimi nomi mi paionoi del tutto inadeguati ai compiti del governo di una città in crisi. Non è gente che ha un bagaglio fatto di culture ricche e plurali e troppo interna alla sfera propria non della politica ma dei partiti, del loro lessico, della loro logica.
E’ chiaro che le grandi questioni della competenza specifica, di come migliorare l’amministrazione e di come creare spazio pubblico in città sono state tutte completamente disattese. E non vi è stata attenzione alcuna a distinguere meglio indirizzo e gestione, diminuire il numero delle deleghe e usare criteri razionali per il loro accorpamento, con un segno di discontinuità rispetto alla passata giunta, almeno su alcune competenze.
Dunque, come ben spiega Daniela, per governare Napoli oggi, le regole che si evincono facilmente dal processo concluso ieri sono state le seguenti:
- prima si decide quanti assessori toccano a ogni partito che fa parte della maggioranza e si chiedono rose di nomi (senza troppe altre specificazioni)
- se il precedente gioco delle preferenze ha sacrificato le donne, si chiede ai partiti di rimediare
- poi i suddetti partiti danno delle "rose" di nomi che hanno tassativamente tanti petali quanti sono gli assessori che "spettano"
- poi si decide come collegare i nomi degli assessori ai nomi degli assessorati, spostando un po' di deleghe da un assessorato all'altro, se occorre per riequilibrare i "pesi" e senza attenzione alcuna all’efficacia e efficienza futura relativa al merito degli accorpamenti,
- poi si decide dove ricollocare gli ex-assessori che, per motivi vari, non possono entrare più nel gioco.
E’ del tutto assente il dibattito civile e politico sui nessi tra programma, cose da fare e amministrazione, a differenza di quanto avvenuto a Roma, Torino, Milano. Il tutto è poi condito da incontri formali e informali fra il sindaco che deve "scegliere" la giunta e i partiti, rappresentati dai dirigenti e/o da altri leader, quale che sia la posizione e il ruolo di questi ultimi e ben oltre la stessa presentazione della famosa rosa. Appare, poi, particolarmente stramba la pratica di una ulteriore e ripetuta consultazione diretta con il presidente della regione che ha altra funzione e ruolo istituzionali. E non si dica che è cosa normale: risulta a qualcuno che Veltroni si sia recato tre volte dal governatore del Lazio o che la signora Moratti si sia voluta consultare con Formigoni?
Se è tutto questo che avviene come sarà possibile evitare, in futuro, i molti potenziali “fuochi amici”, le polemiche distruttive o i ricatti di questo o quello, la sovranità limitata del sindaco nei confronti di altre istituzioni, le litigiosità permanenti – insomma tutte quelle vicende che avevavano indotto, a un certo punto, il sindaco a non presentarsi per un secondo mandato?
Insomma ci risiamo; siamo davanti a dei replicanti. E il dettaglio delle deleghe confermate, date o negate o spostate confermano questa evidenza che conferma, a sua volta, la nostra analisi sulle anomalie nelle modalità dell’esercizio del governo nella nostra città che non favoriscono la fuoriuscita dalla crisi nello sviluppo e nella vivibilità.
Ciononostante abbiamo scelto un metodo e lo manterremo: noi guarderemo al lavoro della giunta per come saprà attuare il programma, creare spazio pubblico democratico in città e migliorare la vita quotidiana.
Ma, francamente, il mattino non promette una buona giornata.