Per quanto riguarda questo mio blog è in cantiere una sua trasformazione… Ci penso da tempo. Non so quanto ci metterò a mutarlo ma intendo farlo. Continua, infatti, a essere il blog di un candidato sindaco che nel frattempo è diventato ex-candidato. E io invece faccio e penso molte altre cose sulla scuola, lo sviluppo umano, la nostra città, la democrazia partecipativa. La campagna elettorale è finita da tempo e il carattere individuale di quel che scrivo e faccio mi pare possa stare in questo spazio senza la pretesa di rispondere al movimento o di rappresentarlo… Invece il sito Decidiamo insieme può divenire lo strumento, ben più fluido di quanto ora sia, di pensiero vario e comune del nostro movimento, di organizzazione di attività e lancio di iniziative e proposte a cui volentieri partecipo. Ha fatto bene Daniela a riprendere in mano il nostro sito che spero possa arricchirsi e essere più fruibile. Siamo, insomma, pienamente in una nuova fase della battaglia per la città… e anche il come usare e modificare gli strumenti è all’ordine del giorno.
Non dimentichiamo poi che Decidiamo insieme deve, entro il 2 ottobre, riunire le sue proposte e documenti interni – così come deciso a luglio - e stabilire una data per il suo convegno organizzativo. Invito di nuovo tutti a elaborare e inviare documenti. E intanto è importante notare il fatto che singolarmente e per gruppi continuiamo a partecipare al dibattito in città e sulla città. Il rilancio della presenza è in stretto rapporto con la riorganizzazione interna basata sul libero dibattito e sulle decisioni su cosa fare e con quale nuovo gruppo dirigente.
28 settembre, 2006
26 settembre, 2006
Fare festa ma non rimuovere i problemi
Il sito di Decidiamo insieme riapre porte e finestre al dibattito e questo mi fa felice. Il dibattito è sullo stato della città. Sulla notte bianca.
Per carattere mi piacciono le feste. E quelle mal riuscite non mi fanno cambiare questa idea. Credo infatti che sia legittimo organizzare socialità, eventi, feste e che sia “schiattoso” essere contro, stizziti e un po’ aristocraticamente avversi. Ma sono anche preoccupato e molto per la istigazione, implicita o esplicita, alla rimozione dei problemi che, in qualche modo, la notte bianca tende a fare. E poi già da questa estate, anche sulla stampa, mi sono schierato con convinzione contro la mistica dello straordinario quale volano di sviluppo, di occasioni, di ripresa. Può esserci straordinario utile solo sulla base certa di un ordinario consolidato. E sono per il sostegno creativo all’ordinario che funzioni in modo partecipato. Dunque penso che D.I. possa partecipare bene al coordinamento delle iniziative di rottura contro questa notte bianca. E sono per partecipare alle decisioni sul come fare questa rottura e su come dirla, spiegarla in giro insieme ai grillini e a tutti gli altri… ma anche mostrando il nostro riflettere e dibattere interno, con libertà, in modo aperto e non necessariamente univoco.
Per carattere mi piacciono le feste. E quelle mal riuscite non mi fanno cambiare questa idea. Credo infatti che sia legittimo organizzare socialità, eventi, feste e che sia “schiattoso” essere contro, stizziti e un po’ aristocraticamente avversi. Ma sono anche preoccupato e molto per la istigazione, implicita o esplicita, alla rimozione dei problemi che, in qualche modo, la notte bianca tende a fare. E poi già da questa estate, anche sulla stampa, mi sono schierato con convinzione contro la mistica dello straordinario quale volano di sviluppo, di occasioni, di ripresa. Può esserci straordinario utile solo sulla base certa di un ordinario consolidato. E sono per il sostegno creativo all’ordinario che funzioni in modo partecipato. Dunque penso che D.I. possa partecipare bene al coordinamento delle iniziative di rottura contro questa notte bianca. E sono per partecipare alle decisioni sul come fare questa rottura e su come dirla, spiegarla in giro insieme ai grillini e a tutti gli altri… ma anche mostrando il nostro riflettere e dibattere interno, con libertà, in modo aperto e non necessariamente univoco.
19 settembre, 2006
Alcune risposte e pensieri
Devo un ringraziamento a Roberto Vallefuoco. Non certo perché mi ha difeso, ma per il come… per le cose di buon senso, laiche, delle quali difende le ragioni, cose che sono sempre più necessarie in una città dove, a fianco a tante persone che si indignano per come viviamo e si impegnano, senza visioni mitologiche, a far avvenire il cambiamento, ve ne sono troppe che, anche su queste mie pagine, cercano capri espiatori, traditori, maghi che non hanno saputo rispondere alle aspettative assolute… e che, al contempo, però, non dicono niente, per esempio, sulle proposte di delibere di giunta sulla manutenzione ordinaria (nove anni a una sola ditta e senza controllo, sull’aria fritta intorno a Napoli Est e Bagnoli, sulla scandalosa gestione neo-centralistica delle municipalità che erano state descritte come la nuova frontiera della democrazia in città e che sono solo oggetto del perenne balletto spartitorio. Per non parlare di camorra e di mancanza dei diritti minimi di cittadinanza – giustamente ricordati da Giovanna Grimaldi. Avete visto sul Corriere della Sera nazionale di ieri con quanta amarezza padre Fabrizio Valletti di Scampia parla della negazione della libertà a Napoli? Per non parlare di quel che va emergendo sulle pratiche delle assunzioni nella nostra città.
Oggi, insomma, a Napoli sta emergendo in tanti e diversi ambienti la grande questione politica che abbiamo sollevato in campagna elettorale senza mai aver pensato che si potesse esaurire in campagna elettorale e che chiama a un ricambio della classe dirigente della città, pena la fine di ogni speranza di vita civile.
Su questo non ci sono mie o nostre posizioni chiuse. Abbiamo promosso proposte per i giovani a cui hanno risposto in molti. Vogliamo batterci per le vere municipalità, riprendere la battaglia sui rifiuti, fare una grande iniziativa pubblica su camorra, sicurezza, spazio pubblico, che ho preannunciato nella intervista di domenica scorsa sul Corriere del Mezzogiorno.
La campagna elettorale è finita. E’ un’altra fase. Il risultato vede una maggioranza plebiscitaria e le cose da fare a cui noi teniamo e per le quali prenderemo iniziative. Finiamola con questa storia che non faccio autocritica: chi perde in democrazia lo dice (ho detto appunto di aver perso) e poi ne descrive le ragioni (l’ho fatto il giorno dopo le elezioni… andate a vedere su decidiamoinsieme). Ma poi c’è anche il diritto della minoranza – grande risorsa della tradizione liberale – per la quale si può fare opposizione e continuare a indicare altre analisi e altre soluzioni.
Ho già risposto una volta a Francesco De Goyzueta su questo e, legittimamente entrambi, non siamo d’accordo. E mi dispiace che, insieme a Angela Colucci d’Amato, voglia andarsene da un movimento che deve a breve riunirsi e decidere e che ha tutto il potere di smentire le mie analisi perché è munito di uno statuto democratico… e di proporre altro. Ha ragione Paolo Pantani su questo: stiamo preparando un’assemblea.
E, a proposito, è del tutto ovvio e scontato, cari immancabilmente anonimi del 18 e del 19 settembre - che, come in ogni processo democratico, il nostro gruppo dirigente si presenta naturalmente dimissionario. Lo abbiamo peraltro deciso con il voto durante l’assemblea dell’ 11 luglio e, contestualmente, abbiamo chiamato, infatti, a esercitare i diritti democratici interni chiedendo di scrivere documenti che saranno la base della nuova fase di Decidiamo insieme.
E dunque sono costretto a riportare testualmente quanto avevo già scritto qui il 13 luglio:
abbiamo stabilito che, entro il 2 ottobre, ognuno potrà dare il suo contributo scritto sugli indirizzi da prendere in modo da determinare il nostro movimento nelle sue scelte di metodo e merito. Le posizioni, a tal fine, si devono confrontare apertamente. Ci vuole un processo di esplicitazione delle idee, del metodo, delle priorità che ciascuno sceglie di proporre a D. I.: quale idea del contesto nel quale ci troviamo, quali azioni prioritarie, quali temi aggiuntivi, quali attività concrete, quale modello organizzativo, ecc. Si è, insomma, decisa una procedura condivisa che permette di arrivare nella chiarezza delle diverse opzioni e posizioni a una conferenza che abbiamo deciso di tenere entro ottobre. E’ sulla base di tali documenti che sarà anche eletto un nuovo comitato di indiizzo – appunto un gruppo dirigente di D. I.
Scriva Francesco un documento. Ci sarà un confronto sul che fare e come che implica, necessariamente, anche visioni divergenti su cosa si sarebbe potuto fare di diverso e con chi e quando. E, aggiungo, sullo stato della città. E che porta, nel merito, a un confronto da cui emergerà la elezione di un nuovo gruppo dirigente.
Ma perché si fa tanta fatica a accogliere o anche semplicemente a registrare, come in questo caso, le più ovvie procedure democratiche quando queste vengono esplicitamente proposte e decise? Credo che anche questo sia un amaro risultato dell’assenza di procedure democratiche generalizzate, una assenza tanto diffusa che alcuni non riescono proprio a credere che D.I. farà un’assemblea e che deciderà secondo maggioranza sia sul cosa fare che sul gruppo dirigente.
C’è dunque una sete di confronto. Personalmente sono per andare dappertutto e per parlare e confrontarsi con tutti. E dunque Decidiamo insieme ci deve andare eccome all’assemblea per il partito democratico: ascoltare, dire la sua. Telefonerò al mio amico Cammarota. Esiste, infatti, appunto la questione dello spazio pubblico in città e del come si governa Napoli ed è una questione che implica un dibattito ampio.
Sono, poi, d’accordo con Pina Coppola, Ileana e gli altri almeno nel porre seriamente la questione del rapporto tra l’evento “notte bianca” e tutto il resto… non è che non si possano fare le notti bianche (infatti è pur vero che vi sono normali aspirazioni di occasioni così come a Roma o altrove a cui i giovani, i cittadini aspirano) ma la questione di tutte le altre notti, quelle non bianche, è una questione fondamentale, che richiama il rapporto tra straordinario e ordinario. La forma di come fare valere questo convincimento e da trovare: protesta, contro-proposta, dibattito pubblico? So che abbiamo un disperato bisogno di sostegno straordinario alla ordinarietà, alla normalità, alle cose che funzionano, al lavoro fatto bene di tanti, alle azioni civile quotidiane… compresi i docenti che, sì, devono poter accedere con procedure specchiate a fondi utili all’innovazione e alla lotta alla dispersione… come ha scritto qualcuno. E credo o almeno spero che la forte intenzione del governo di lavorare al nuovo obbligo e, al contempo, a sostenere un’autonomia vera delle scuole come diritto costituzionale porterà a superare anche la straordinarietà dei progetti, come dicevo l’altra volta e come, in fondo, auspica l’intervento di Giuseppina Rossi e può aiutare a dislocare i fondi in modo più rigoroso ed equo nelle scuole che si innovano. Non ho mai deciso io dei fondi e dei criteri di assegnazione e così sono d’accordo con chi ha scritto che non ci deve essere velo sulla questione dei fondi, delle scuole, delle procedure specchiate. C’è una battaglia da fare, non sarà facile né dai risultati immediati ma uno spazio si apre oggi con il nuovo obbligo e dobbiamo allargarlo.
Oggi, insomma, a Napoli sta emergendo in tanti e diversi ambienti la grande questione politica che abbiamo sollevato in campagna elettorale senza mai aver pensato che si potesse esaurire in campagna elettorale e che chiama a un ricambio della classe dirigente della città, pena la fine di ogni speranza di vita civile.
Su questo non ci sono mie o nostre posizioni chiuse. Abbiamo promosso proposte per i giovani a cui hanno risposto in molti. Vogliamo batterci per le vere municipalità, riprendere la battaglia sui rifiuti, fare una grande iniziativa pubblica su camorra, sicurezza, spazio pubblico, che ho preannunciato nella intervista di domenica scorsa sul Corriere del Mezzogiorno.
La campagna elettorale è finita. E’ un’altra fase. Il risultato vede una maggioranza plebiscitaria e le cose da fare a cui noi teniamo e per le quali prenderemo iniziative. Finiamola con questa storia che non faccio autocritica: chi perde in democrazia lo dice (ho detto appunto di aver perso) e poi ne descrive le ragioni (l’ho fatto il giorno dopo le elezioni… andate a vedere su decidiamoinsieme). Ma poi c’è anche il diritto della minoranza – grande risorsa della tradizione liberale – per la quale si può fare opposizione e continuare a indicare altre analisi e altre soluzioni.
Ho già risposto una volta a Francesco De Goyzueta su questo e, legittimamente entrambi, non siamo d’accordo. E mi dispiace che, insieme a Angela Colucci d’Amato, voglia andarsene da un movimento che deve a breve riunirsi e decidere e che ha tutto il potere di smentire le mie analisi perché è munito di uno statuto democratico… e di proporre altro. Ha ragione Paolo Pantani su questo: stiamo preparando un’assemblea.
E, a proposito, è del tutto ovvio e scontato, cari immancabilmente anonimi del 18 e del 19 settembre - che, come in ogni processo democratico, il nostro gruppo dirigente si presenta naturalmente dimissionario. Lo abbiamo peraltro deciso con il voto durante l’assemblea dell’ 11 luglio e, contestualmente, abbiamo chiamato, infatti, a esercitare i diritti democratici interni chiedendo di scrivere documenti che saranno la base della nuova fase di Decidiamo insieme.
E dunque sono costretto a riportare testualmente quanto avevo già scritto qui il 13 luglio:
abbiamo stabilito che, entro il 2 ottobre, ognuno potrà dare il suo contributo scritto sugli indirizzi da prendere in modo da determinare il nostro movimento nelle sue scelte di metodo e merito. Le posizioni, a tal fine, si devono confrontare apertamente. Ci vuole un processo di esplicitazione delle idee, del metodo, delle priorità che ciascuno sceglie di proporre a D. I.: quale idea del contesto nel quale ci troviamo, quali azioni prioritarie, quali temi aggiuntivi, quali attività concrete, quale modello organizzativo, ecc. Si è, insomma, decisa una procedura condivisa che permette di arrivare nella chiarezza delle diverse opzioni e posizioni a una conferenza che abbiamo deciso di tenere entro ottobre. E’ sulla base di tali documenti che sarà anche eletto un nuovo comitato di indiizzo – appunto un gruppo dirigente di D. I.
Scriva Francesco un documento. Ci sarà un confronto sul che fare e come che implica, necessariamente, anche visioni divergenti su cosa si sarebbe potuto fare di diverso e con chi e quando. E, aggiungo, sullo stato della città. E che porta, nel merito, a un confronto da cui emergerà la elezione di un nuovo gruppo dirigente.
Ma perché si fa tanta fatica a accogliere o anche semplicemente a registrare, come in questo caso, le più ovvie procedure democratiche quando queste vengono esplicitamente proposte e decise? Credo che anche questo sia un amaro risultato dell’assenza di procedure democratiche generalizzate, una assenza tanto diffusa che alcuni non riescono proprio a credere che D.I. farà un’assemblea e che deciderà secondo maggioranza sia sul cosa fare che sul gruppo dirigente.
C’è dunque una sete di confronto. Personalmente sono per andare dappertutto e per parlare e confrontarsi con tutti. E dunque Decidiamo insieme ci deve andare eccome all’assemblea per il partito democratico: ascoltare, dire la sua. Telefonerò al mio amico Cammarota. Esiste, infatti, appunto la questione dello spazio pubblico in città e del come si governa Napoli ed è una questione che implica un dibattito ampio.
Sono, poi, d’accordo con Pina Coppola, Ileana e gli altri almeno nel porre seriamente la questione del rapporto tra l’evento “notte bianca” e tutto il resto… non è che non si possano fare le notti bianche (infatti è pur vero che vi sono normali aspirazioni di occasioni così come a Roma o altrove a cui i giovani, i cittadini aspirano) ma la questione di tutte le altre notti, quelle non bianche, è una questione fondamentale, che richiama il rapporto tra straordinario e ordinario. La forma di come fare valere questo convincimento e da trovare: protesta, contro-proposta, dibattito pubblico? So che abbiamo un disperato bisogno di sostegno straordinario alla ordinarietà, alla normalità, alle cose che funzionano, al lavoro fatto bene di tanti, alle azioni civile quotidiane… compresi i docenti che, sì, devono poter accedere con procedure specchiate a fondi utili all’innovazione e alla lotta alla dispersione… come ha scritto qualcuno. E credo o almeno spero che la forte intenzione del governo di lavorare al nuovo obbligo e, al contempo, a sostenere un’autonomia vera delle scuole come diritto costituzionale porterà a superare anche la straordinarietà dei progetti, come dicevo l’altra volta e come, in fondo, auspica l’intervento di Giuseppina Rossi e può aiutare a dislocare i fondi in modo più rigoroso ed equo nelle scuole che si innovano. Non ho mai deciso io dei fondi e dei criteri di assegnazione e così sono d’accordo con chi ha scritto che non ci deve essere velo sulla questione dei fondi, delle scuole, delle procedure specchiate. C’è una battaglia da fare, non sarà facile né dai risultati immediati ma uno spazio si apre oggi con il nuovo obbligo e dobbiamo allargarlo.
11 settembre, 2006
Tre risposte senza polemica
Rispondo volentieri alle sollecitazioni.
* Sulle scuole della II occasione, il loro impianto e la loro esperienza - Chance compreso – con i relativi dati quantitativi e qualitativi e gli elementi di valutazione positivi e di rilevazione delle criticità, è disponibile il volume edito dal IPRASE TRENTINO dal titolo: Ricomincio da me – L’identità delle scuole di II occasione in Italia, Trento 2006.
- Decidiamo Insieme è attivo nel movimento del Vomero in questi giorni; partecipa al dibattito cittadino su opportunità e piano strategico; sta preparando la sua assemblea autunnale e vuole essere l’anima propositiva della sana indignazione di Napoli che si sta destando dall’ubriacatura elettorale di chi, per conservazione, paura o adesione legittima, ha voluto comunque confermare metodi, governanti e stili degli ultimi 5 anni. Saremo pochi o molti si vedrà. Abbiamo preso l’impegno di continuare e lo faremo. Con pazienza. State certi.
- Per chi, come l’anonimo che chiede senza polemica, vuole fare progetti come Chance o comunque di sostegno, con metodologie innovative, ai ragazzi in difficoltà e precocemente esclusi, si tratta di avviare un processo progettuale (per Chance ci abbiamo messo 3 anni – dal 1994 al 1997), contattare l’Assessorato al welfare e agli affari sociali del Comune di Napoli e lavorare a un progetto condiviso tra scuole e privato sociale con fondi 328/2000 o, meglio, proporlo nella propria scuola. Anche Chance sta diventando una normale scuola detta “scuola di seconda occasione”(*), che è oggi una costituenda rete nazionale di scuole pubbliche per i ragazzi che non riescono a frequentare. La scuola Chance, dall’anno scorso, ha tanto di preside ed è in attesa di avere il numero meccanografico e di avviare una procedura di trasferimento dalle scuole verso Chance entro un quadro ordinamentale consolidato ecc. I progetti devono diventare servizi normali. Abbiamo lavorato ad “uscire dal progetto speciale” fin dal terzo anno e ora – solo dopo 10 anni e ancora con tante difficoltà! – forse ci stiamo riuscendo e, tra l’altro, c’è bisogno di docenti: Chance non ha molte richieste, non è un posto ambito. Se si è interessati si può chiamare (il D. S. di Chance è c/o l’IPIA di Ponticelli). Dunque: avere un’idea, prendere il compito di farla diventare progetto articolato, lavorare, insieme al proprio collegio e al dirigente scolastico e d’accordo con l’ufficio scolastico regionale e – ripeto – con il Comune, compreso l’assessorato all’educazione, naturalmente, per provare a costruirlo e ad attuarlo al fine di sostenere i ragazzi in difficoltà. E mi si può anche chiamare al telefono – tanti lo hanno fatto negli anni! – per confrontarsi su questo. Con una pacata avvertenza: sono progetti che trovano con fatica i fondi che sono per le attività. Chi progetta, chi attua ecc. fa necessariamente molte ore in più rispetto all’orario normale e ci guadagna davvero pochissimo in più.
- Per chi, anonimo, insiste invece con le insinuazioni, suggerisco di provare, per una volta, ad uscire tranquillamente dall’anonimato e così contribuire a curare un poco il costume pubblico nostrano, magari chiedendomi cosa esattamente faccio a Roma. Avrei piacere di rispondere nel merito. Ma ho il motivato sospetto che lo sfascio partenopeo che continua sotto gli occhi dell’Italia intera, tra gli altri danni arrecati, abbia ahimé consolidato l’antico vizio di quelli che cercano conferme al malaffare ovunque e sempre: non credere a nulla, non polemizzare nel merito, non salvaguardare il buono che c’è ma preferire buttare sterco in faccia a tutti… senza distinzioni e con una ulteriore sotterranea tendenza a salvare chi è al potere. In questo caso fare attacchi volgari e mai di merito contro Decidiamo Insieme e contro di me per far vivere in pace chi sta conducendo Napoli così come vediamo. Comunque confesso candidamente che mi dispiace che nonostante che tutti, anche fuori Napoli e anche fuori Italia, sanno che sono un esperto di obbligo scolastico e nonostante che io abbia spiegato con cura la natura del mio incarico e che lavoro 36 ore settimanali a parità di stipendio – potete controllare come e quando volete – stipendio che è meno di 1300 euro al mese dopo 31 anni di servizio a scuola (ribadisco: a scuola!), vi siano i soliti “dietrologi” fastidiosi che, nell’anonimato, devono per forza insinuare che ho fatto tutto “per potere”. In realtà, forse anche molto più banalmente, lavoro con passione al Ministero, per la prima volta lontano dai ragazzi, perché è un modo per continuare a fare le cose che mi appassionano: capire come aiutare chi è precocemente escluso dai diritti. E, invece di esercitare chi sa quale potere occulto, in verità, quel che accade è che prendo il treno alle 6.28 per Roma, arrivo e - insieme a altre persone che hanno dedicato il loro tempo a queste cose per anni - studio i modi atti a estendere il diritto allo studio soprattutto per chi oggi a scuola non ci va e poi mi incontro con le scuole in giro per l’Italia per vedere come si può estendere l’obbligo a 16 anni come è nel resto dell’Europa rendendo protagonisti di questa innovazione le scuole stesse, i docenti e anche i ragazzi.
* Sulle scuole della II occasione, il loro impianto e la loro esperienza - Chance compreso – con i relativi dati quantitativi e qualitativi e gli elementi di valutazione positivi e di rilevazione delle criticità, è disponibile il volume edito dal IPRASE TRENTINO dal titolo: Ricomincio da me – L’identità delle scuole di II occasione in Italia, Trento 2006.
04 settembre, 2006
Né zitti né scomparsi
Le mie ferie sono finite già da un po’, ma torno qui solo oggi perché il mio computer (o la rete?) non va come dovrebbe. Mi scuso per il ritardo.
In compenso non siamo stati affatto assenti, come movimento D. I., dal dibattito pubblico di fine estate che cade in un momento della vita cittadina in cui da un lato molti esponenti politici si sono cimentati su cosa si potrebbe o vorrebbe fare per Napoli e dall’altro, ahimé, si constata ancora una volta il disastro nel quale siamo chiamati a vivere.
Zitti non siamo stati e non siamo scomparsi nemmeno ad agosto. E vi è un tratto comune ai nostri interventi di cui ci dobbiamo compiacere: parliamo di cose concrete e non in politichese. Personalmente sono intervenuto su Il Mattino sul tema dei bambini rom e della necessità di un approccio che ne salvaguardi i diritti. Abbiamo detto la nostra sui turisti e le altre inerme persone aggredite questa estate in città ponendo la questione della sicurezza in relazione a misure concrete di repressione dello spaccio e alla crescita di occasioni regolari di vita associata e a tutte le ore nei luoghi della città. Oscar Nicolaus ed io abbiamo aperto una discussione su La Repubblica di Napoli intorno alla situazione dei giovani e proponendo un New Deal chiaramente articolato per i nostri ragazzi a cui per ora hanno pubblicamente risposto Ciambriello, Tecce, alcune associazioni e lo stesso Bassolino. Privatemente mi sono sentito con molti operatori del sociale che hanno sostenuto la nostra proposta. Gianfranco Borrelli ha fatto un santo intervento, sempre su La Repubblica, su cosa significa oggi partecipare. Norberto Gallo, sul Corriere del Mezzogiorno, ha duramente e giustamente attaccato gli insopportabili balletti in atto intorno alle municipalità con un elenco puntuale dei fatti intervenuti contro la democrazia decentrata.
Dunque: siamo sempre più convinti che si debba andare avanti. E io personalmente intendo farlo con forza. Poi devo lavorare e ho il mio mestiere.
Sì, è come dice l’amica che scrive il giorno 1 settembre. Ho avuto un incarico a Roma. Come tanti pendolari napoletani, dunque, vado e vengo col treno da Roma. Si tratta di partecipare all’ufficio tecnico del Vice Ministro Mariangela Bastico, ex sindaco di Modena, ex assessore a scuola, formazione e lavoro della regione Emilia-Romagna. Si tratta di un comando: a parità di stipendio da docente si lavora presso gli uffici del Ministro per 36 ore settimanali. Mi sono sempre occupato, sul campo, per 31 anni, di successo e insuccesso formativo e di obbligo scolastico. Ora, insieme ad altri, stiamo cercando di immettere l’esperienza in queste materie al servizio dell’idea di fare andare tutti a una scuola per l’adolescenza, rinnovata, fino a sedici anni, come da programma dell’Unione, come nel resto dell’Europa, cosa non facile, soprattutto dalle parti nostre.
A breve Decidiamo Insieme ha da ripartire come deciso. E, visto il dibattito in corso, sarà anche il caso di prendere posizione sull’antico ripetersi napoletano, con toni oggi davvero sciatti e provinciali, della dicotomia “intervento ordinario o straordinario per rispondere alla crisi della città”. E’ una diatriba che dura dai tempi di Nitti, che ha attraversato la storia del grande risanamento, degli interventi IRI subito dopo la guerra, della cassa per il Mezzogiorno, del post terremoto… Si potrebbe riprendere dal tema: cosa è il piano strategico promesso, dov’è, lo si fa con o lontano dai cittadini? E c’è materia per dibattere – ma a partire dalle cose da fare - su cosa dia senso e carattere a una vera classe dirigente in una grande città in una democrazia di oggi giorno.
A presto.
E, ahimé, sono costretto a ripetere che non capisco e non accetto l’usanza di non aprirsi un proprio blog ma di straparlare su quello altrui di cose proprie.
In compenso non siamo stati affatto assenti, come movimento D. I., dal dibattito pubblico di fine estate che cade in un momento della vita cittadina in cui da un lato molti esponenti politici si sono cimentati su cosa si potrebbe o vorrebbe fare per Napoli e dall’altro, ahimé, si constata ancora una volta il disastro nel quale siamo chiamati a vivere.
Zitti non siamo stati e non siamo scomparsi nemmeno ad agosto. E vi è un tratto comune ai nostri interventi di cui ci dobbiamo compiacere: parliamo di cose concrete e non in politichese. Personalmente sono intervenuto su Il Mattino sul tema dei bambini rom e della necessità di un approccio che ne salvaguardi i diritti. Abbiamo detto la nostra sui turisti e le altre inerme persone aggredite questa estate in città ponendo la questione della sicurezza in relazione a misure concrete di repressione dello spaccio e alla crescita di occasioni regolari di vita associata e a tutte le ore nei luoghi della città. Oscar Nicolaus ed io abbiamo aperto una discussione su La Repubblica di Napoli intorno alla situazione dei giovani e proponendo un New Deal chiaramente articolato per i nostri ragazzi a cui per ora hanno pubblicamente risposto Ciambriello, Tecce, alcune associazioni e lo stesso Bassolino. Privatemente mi sono sentito con molti operatori del sociale che hanno sostenuto la nostra proposta. Gianfranco Borrelli ha fatto un santo intervento, sempre su La Repubblica, su cosa significa oggi partecipare. Norberto Gallo, sul Corriere del Mezzogiorno, ha duramente e giustamente attaccato gli insopportabili balletti in atto intorno alle municipalità con un elenco puntuale dei fatti intervenuti contro la democrazia decentrata.
Dunque: siamo sempre più convinti che si debba andare avanti. E io personalmente intendo farlo con forza. Poi devo lavorare e ho il mio mestiere.
Sì, è come dice l’amica che scrive il giorno 1 settembre. Ho avuto un incarico a Roma. Come tanti pendolari napoletani, dunque, vado e vengo col treno da Roma. Si tratta di partecipare all’ufficio tecnico del Vice Ministro Mariangela Bastico, ex sindaco di Modena, ex assessore a scuola, formazione e lavoro della regione Emilia-Romagna. Si tratta di un comando: a parità di stipendio da docente si lavora presso gli uffici del Ministro per 36 ore settimanali. Mi sono sempre occupato, sul campo, per 31 anni, di successo e insuccesso formativo e di obbligo scolastico. Ora, insieme ad altri, stiamo cercando di immettere l’esperienza in queste materie al servizio dell’idea di fare andare tutti a una scuola per l’adolescenza, rinnovata, fino a sedici anni, come da programma dell’Unione, come nel resto dell’Europa, cosa non facile, soprattutto dalle parti nostre.
A breve Decidiamo Insieme ha da ripartire come deciso. E, visto il dibattito in corso, sarà anche il caso di prendere posizione sull’antico ripetersi napoletano, con toni oggi davvero sciatti e provinciali, della dicotomia “intervento ordinario o straordinario per rispondere alla crisi della città”. E’ una diatriba che dura dai tempi di Nitti, che ha attraversato la storia del grande risanamento, degli interventi IRI subito dopo la guerra, della cassa per il Mezzogiorno, del post terremoto… Si potrebbe riprendere dal tema: cosa è il piano strategico promesso, dov’è, lo si fa con o lontano dai cittadini? E c’è materia per dibattere – ma a partire dalle cose da fare - su cosa dia senso e carattere a una vera classe dirigente in una grande città in una democrazia di oggi giorno.
A presto.
E, ahimé, sono costretto a ripetere che non capisco e non accetto l’usanza di non aprirsi un proprio blog ma di straparlare su quello altrui di cose proprie.
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