Sono a Trento, ma la situazione in città pare che si sia davvero complicata. Ho scritto questo articolo per l'Unità di domani, 25 giugno. E vi penso.
Quando la terza città d’Italia è a rischio di epidemia, gli incendi diffondono la diossina ovunque, c’è vero pericolo per la salute soprattutto dei più deboli e vi sono segnali di una pericolosa esasperazione della popolazione, è tempo di politica alta, di politica vera. Ci vuole uno spirito che sia repubblicano e, al contempo, operativo, pragmatico. L’appello del presidente Napolitano ha significato questo. E’ la voce della ragione, quella che invoca il senso della comunità nazionale.
E che oggi significa cose molto concrete.
In primo luogo il governo nazionale deve subito emanare un decreto che consenta di trasferire i rifiuti nelle altre regioni che hanno dato la disponibilità ad occoglierli, secondo lo spirito evocato dal Presidente della Conferenza unificata stato-regioni, che ha subito risposto positivamente all’appello del Presidente della Repubblica. Nessun localismo o polemica irresponsabile e strumentale della Lega Nord è ammissibile.
In secondo luogo è bene che tutti sostengano i primi segnali di cambiamento positivo che stanno avvenendo a Napoli e in Campania, per quanto iniziali e È, infatti, possibile che vi siano i primi passi che vanno nella direzione giusta.
Il primo riguarda l’avvio di un coordinamento tra Regione Campania, Provincia e Comune, fondato finalmente sul principio di responsabilità condivisa e di riconoscimento reciproco delle diverse competenze. In tale spirito la regione deve continuare a stabilire bene i flussi dell’immondizia raccolta, proporre i luoghi per le discariche e rimettere in moto le linee di Acerra ora in avaria. La provincia deve trovare presto la soluzione per l’umido in discarica e potenziare gli impianti di cui è responsabile, poiché a febbraio aveva preso l’impegno di siti capaci di contenere un milione di tonnellate di rifiuti e bisogna passare ai fatti. Il comune deve rapidamente rivoluzionare i modi della raccolta, cosa che, ad onor del vero, si è subito messo a fare con i primi decreti di de Magistris, che invertono un’inerzia colpevole, durata dieci anni.
In questo spirito vanno subito portate via dalla Campania le 2200 tonnellate che oggi sono per strada. Su questo fronte il comune sta facendo uno sforzo enorme. Ha portato le azioni di rimozione a un ritmo di 24 ore su 24 e garantisce di prendere da terra ogni giorno le 1200 tonnellate quotidianamente prodotte più un’eccedenza di altre 400. Sta attivando isole ecologiche mobili e 4 siti di trasferenza. Ma oggi, subito, ha bisogno dell’aiuto di tutta Italia per trovare le destinazioni di tale raccolta straordinaria.
Inoltre, l’incontro di ieri tra il ministro Prestigiacomo e il sindaco de Magistris può significare che quasi un quarto dei 150 milioni di euro dei fondi Fas siano destinati all’avvio vero della raccolta differenziata a Napoli. Avvio vero: perché i due decreti del sindaco sulla differenziata e la riduzione dei rifiuti vanno in questa direzione e perché il suo staff, fatto di persone di provata competenza, sta finalmente costruendo, in poche ore, un piano operativo dettagliato di raccolta differenziata in tutti i quartieri, che può partire a pieno ritmo a settembre ma che già sta potenziando i risultati positivi nei quartieri pilota.
Presto sarà tempo di fare anche i bilanci duri per le molte occasioni perse. Perché tutta Italia possa imparare dalle colpe e dagli errori di chi non ha saputo o voluto costruire una politica responsabile a Napoli. Ma oggi chi si muove per il cambiamento non può pagare per le colpe dei predecessori. E si tratta di sostenere un’occasione di riscatto che non tornerà.
24 giugno, 2011
21 giugno, 2011
Lettere ai sindaci
Penso che sia un tempo per fare proposte. Che vengono dall’esperienza. Chiare. In positivo.
Sul prossimo numero del settimanale Vita, dedicato al settore non profit, ci saranno alcune lettere, sulle questioni dell’inclusione sociale, rivolte ai nuovi sindaci.
Per Milano ci sarà la scrittrice italo-egiziana Randa Gazhi.
Per Torino, il sociologo e ex presidente della commissione povertà Marco Revelli.
Per Napoli ci sarò io.
Ecco la mia lettera:
Caro Sindaco Luigi,
Tu e la tua giunta venite da una cultura e da esperienze anche personali profondamente vicine ai problemi di una città martoriata dall’esclusione sociale.
Ma la scena entro la quale siete chiamati – e siamo tutti chiamati - al compito va ben oltre le competenze e possibilità di un’amministrazione comunale. E chiama alla responsabilità nazionale. Questa è una verità incontrovertibile. Perché la quantità di famiglie e minori che vivono sotto la linea di povertà, di donne completamente escluse dal mercato del lavoro, di disoccupati uomini, di nuclei famigliari sostenuti da un solo reddito raggiunge percentuali doppie rispetto a una città del Nord. Perché i livelli di dispersione scolastica precoce sono tra i più elevati d’Europa. Perché il lavoro in nero ha numeri pari ai lavori precari e entrambi riguardano sia i giovani che le altre età. Perché ogni anno dell’ultimo decennio sei ragazzi su mille sono partiti per lavorare lontano, spesso per salari bassissimi. Perché il welfare è stato ridotto all’osso; e l’associazionismo, le reti di sostegno a disagio e esclusione, i progetti che avevano fatto scuola come buone pratiche sono stati costretti o a chiudere o a vivere sul crinale della sopravvivenza.
Il sindaco della terza città d’Italia può affrontare problemi così strutturali e macroscopici solo facendosi carico di mostrare la valenza nazionale del compito, facendo pesare il valore politico e simbolico del suo ruolo e, al contempo, attuando alcuni passi concreti che assumano una valenza di “segnale di riscossa”.
Così oggi siamo tutti chiamati a sostenere la tua fatica non su una cosa sola ma su tre compiti insieme:
1. va ripresa la battaglia culturale e politica tesa a chiedere al governo di interrompere il drenaggio di fondi per il welfare, di recuperare i fondi FAS, di ri-modulare i fondi europei e considerare finalmente la spesa sociale improrogabile, pena l’apertura di una stagione di vera rottura della coesione sociale a Napoli;
2. vanno ripristinati fondi e concertate linee-guida per usarli bene e rapidamente, convincendo regione e provincia ad uscire dallo stallo e farsi valere a Roma insieme al sindaco, per il bene comune, ben al di là dell’appartenenza politica;
3. vanno riaperti i cantieri sociali, riprese le cose che hanno funzionato, garantite le prime urgenze, favoriti il confronto e la partecipazione.
Su questo ultimo fronte, in particolare bisogna:
• mettere le organizzazioni non profit in condizioni di riprendere a lavorare, concordando il rientro dei fondi 328 con la regione, restituendo in poche rate l’insieme del debito vantato dal terzo settore, costituendo un fondo unico comunale protetto da altre spese, facendo del comune il garante presso le banche degli anticipi sulle spese già approvate per permettere a chi lavora nel sociale di essere pagato regolarmente;
• rendere trasparente e razionalizzare la spesa sociale attraverso un albo pubblico e concorsi specchiati per dirigenti e consulenti, costituire un luogo permanente di confronto su indirizzi e priorità delle politiche sociali (con pratiche di democrazia deliberativa che coinvolgano anche chi beneficia dei servizi), fare piani di priorità per zone, rilanciare le competenze dei servizi sociali comunali utilizzando subito i nuovi assistenti sociali;
• ricostruire le esperienze pilota a favore dei giovani esclusi legando il sostegno alla persona alla formazione e a esperienze di vero auto-impiego;
• attivare misure urgenti per i senza fissa dimora, le povertà estreme, le comunità rom.
Sappiamo quanto sia difficile riprendere il cammino. Ma possiamo farcela.
Sul prossimo numero del settimanale Vita, dedicato al settore non profit, ci saranno alcune lettere, sulle questioni dell’inclusione sociale, rivolte ai nuovi sindaci.
Per Milano ci sarà la scrittrice italo-egiziana Randa Gazhi.
Per Torino, il sociologo e ex presidente della commissione povertà Marco Revelli.
Per Napoli ci sarò io.
Ecco la mia lettera:
Caro Sindaco Luigi,
Tu e la tua giunta venite da una cultura e da esperienze anche personali profondamente vicine ai problemi di una città martoriata dall’esclusione sociale.
Ma la scena entro la quale siete chiamati – e siamo tutti chiamati - al compito va ben oltre le competenze e possibilità di un’amministrazione comunale. E chiama alla responsabilità nazionale. Questa è una verità incontrovertibile. Perché la quantità di famiglie e minori che vivono sotto la linea di povertà, di donne completamente escluse dal mercato del lavoro, di disoccupati uomini, di nuclei famigliari sostenuti da un solo reddito raggiunge percentuali doppie rispetto a una città del Nord. Perché i livelli di dispersione scolastica precoce sono tra i più elevati d’Europa. Perché il lavoro in nero ha numeri pari ai lavori precari e entrambi riguardano sia i giovani che le altre età. Perché ogni anno dell’ultimo decennio sei ragazzi su mille sono partiti per lavorare lontano, spesso per salari bassissimi. Perché il welfare è stato ridotto all’osso; e l’associazionismo, le reti di sostegno a disagio e esclusione, i progetti che avevano fatto scuola come buone pratiche sono stati costretti o a chiudere o a vivere sul crinale della sopravvivenza.
Il sindaco della terza città d’Italia può affrontare problemi così strutturali e macroscopici solo facendosi carico di mostrare la valenza nazionale del compito, facendo pesare il valore politico e simbolico del suo ruolo e, al contempo, attuando alcuni passi concreti che assumano una valenza di “segnale di riscossa”.
Così oggi siamo tutti chiamati a sostenere la tua fatica non su una cosa sola ma su tre compiti insieme:
1. va ripresa la battaglia culturale e politica tesa a chiedere al governo di interrompere il drenaggio di fondi per il welfare, di recuperare i fondi FAS, di ri-modulare i fondi europei e considerare finalmente la spesa sociale improrogabile, pena l’apertura di una stagione di vera rottura della coesione sociale a Napoli;
2. vanno ripristinati fondi e concertate linee-guida per usarli bene e rapidamente, convincendo regione e provincia ad uscire dallo stallo e farsi valere a Roma insieme al sindaco, per il bene comune, ben al di là dell’appartenenza politica;
3. vanno riaperti i cantieri sociali, riprese le cose che hanno funzionato, garantite le prime urgenze, favoriti il confronto e la partecipazione.
Su questo ultimo fronte, in particolare bisogna:
• mettere le organizzazioni non profit in condizioni di riprendere a lavorare, concordando il rientro dei fondi 328 con la regione, restituendo in poche rate l’insieme del debito vantato dal terzo settore, costituendo un fondo unico comunale protetto da altre spese, facendo del comune il garante presso le banche degli anticipi sulle spese già approvate per permettere a chi lavora nel sociale di essere pagato regolarmente;
• rendere trasparente e razionalizzare la spesa sociale attraverso un albo pubblico e concorsi specchiati per dirigenti e consulenti, costituire un luogo permanente di confronto su indirizzi e priorità delle politiche sociali (con pratiche di democrazia deliberativa che coinvolgano anche chi beneficia dei servizi), fare piani di priorità per zone, rilanciare le competenze dei servizi sociali comunali utilizzando subito i nuovi assistenti sociali;
• ricostruire le esperienze pilota a favore dei giovani esclusi legando il sostegno alla persona alla formazione e a esperienze di vero auto-impiego;
• attivare misure urgenti per i senza fissa dimora, le povertà estreme, le comunità rom.
Sappiamo quanto sia difficile riprendere il cammino. Ma possiamo farcela.
13 giugno, 2011
La giunta e la città
Non è solo la giunta a mettere nuovamente in gioco una città. Ci vuole la città intera a rimettere in moto le cose. E penso che ognuno deve ri-imparare a farlo e proporre e partecipare e inventare cose. E studiare soluzioni nuove. Studiare.
Ciò detto, la giunta è importante. E la giunta eccola, è fatta.
Sono persone che fanno parte di una cultura politica e anche tecnica che non è la mia. Ma non sono persone della casta. E esprimono volontà di azione. A Napoli non è poca cosa.
Vi sono stati e vi saranno commenti critici su talune scelte, come quella del magistrato Narducci, di D'Angelo e commenti distaccati e d’insieme.
I commenti non omologati, in democrazia, vanno letti con cura da chi governa e da tutti. Perché dobbiamo tutti, in questa città, ri-abituarci a un senso critico da cittadini, tanto diretto quanto propositivo; e dismettere rapidamente i toni da tifoseria, che poco hanno a che vedere con le fatiche necessarie ad un’autentica democrazia partecipativa, cosa seria e difficile da costruire e mantenere nel tempo.
Però, con franchezza, non condivido gli eccessi di critica. E non mi piace, neanche dentro di me, lo storcere il naso. Perché la giunta ha un grande pregio: rappresenta la città e il suo voto. Ed è del tutto naturale che il sindaco costruisca una squadra a sua misura: in ciò vi è una forza e una coerenza.
Mi dicono: avrebbe potuto aprire di più alle differenti voci e capacità della città, come a Milano. A me, invece, pare inutile e anche sbagliato fare raffronti. La giunta non è quella milanese e non ha il pluralismo promesso. Ma Napoli e il voto napoletano non sono Milano e il voto milanese. Questa è la nostra città ed è così e non in altra maniera che siamo potuti uscire da oltre quindici anni di devastante regime bassoliniano. Punto.
Perciò: va bene così. E’ giusto che il nuovo sindaco voglia cimentarsi col compito a partire dalla proposta che ha fatto e intorno alla quale ha vinto.
Inoltre, va pur detto che abbiamo subìto una sequela di giunte negli ultimi dieci anni e passa davvero insopportabili. Dunque, non è bene parlare male di questa ancor prima che si misuri col compito. Che è di quelli da fare tremare i polsi. E che richiede le sue concretezze, che sono già lì.
Perciò: da me oggi viene un augurio vero di buon lavoro.
Ciò detto, la giunta è importante. E la giunta eccola, è fatta.
Sono persone che fanno parte di una cultura politica e anche tecnica che non è la mia. Ma non sono persone della casta. E esprimono volontà di azione. A Napoli non è poca cosa.
Vi sono stati e vi saranno commenti critici su talune scelte, come quella del magistrato Narducci, di D'Angelo e commenti distaccati e d’insieme.
I commenti non omologati, in democrazia, vanno letti con cura da chi governa e da tutti. Perché dobbiamo tutti, in questa città, ri-abituarci a un senso critico da cittadini, tanto diretto quanto propositivo; e dismettere rapidamente i toni da tifoseria, che poco hanno a che vedere con le fatiche necessarie ad un’autentica democrazia partecipativa, cosa seria e difficile da costruire e mantenere nel tempo.
Però, con franchezza, non condivido gli eccessi di critica. E non mi piace, neanche dentro di me, lo storcere il naso. Perché la giunta ha un grande pregio: rappresenta la città e il suo voto. Ed è del tutto naturale che il sindaco costruisca una squadra a sua misura: in ciò vi è una forza e una coerenza.
Mi dicono: avrebbe potuto aprire di più alle differenti voci e capacità della città, come a Milano. A me, invece, pare inutile e anche sbagliato fare raffronti. La giunta non è quella milanese e non ha il pluralismo promesso. Ma Napoli e il voto napoletano non sono Milano e il voto milanese. Questa è la nostra città ed è così e non in altra maniera che siamo potuti uscire da oltre quindici anni di devastante regime bassoliniano. Punto.
Perciò: va bene così. E’ giusto che il nuovo sindaco voglia cimentarsi col compito a partire dalla proposta che ha fatto e intorno alla quale ha vinto.
Inoltre, va pur detto che abbiamo subìto una sequela di giunte negli ultimi dieci anni e passa davvero insopportabili. Dunque, non è bene parlare male di questa ancor prima che si misuri col compito. Che è di quelli da fare tremare i polsi. E che richiede le sue concretezze, che sono già lì.
Perciò: da me oggi viene un augurio vero di buon lavoro.
02 giugno, 2011
L’ignominia di Rosetta e i compiti di Luigi
Gigino “ha scassato”. Ma ora per Luigi c’è da fare. E il tempo stringe.
Però la colpa prima dei tempi stretti che piombono addosso a Luigi de Magistris è di Iervolino Russo Rosa.
Ho tante volte detto che Rosetta ha governato male, tanto che mi sono candidato contro, a suo tempo. E che l’ho fatto mentre molti, compresi taluni odierni esponenti dell’inner circle del nuovo sindaco, continuavano a sostenerla e guai a chi la criticava…
Ho di recente scritto – Rosa triste – che Iervolino Russo Rosa se ne è anche andata via male: con astio e senza stile – caratteristiche che, purtroppo, l’hanno spesso accompagnata – e soprattutto senza un bilancio del suo operare, che fosse pubblico, serio, ben composto. Un atto, questo, di raro malcostume politico.
Però la colpa prima dei tempi stretti che piombono addosso a Luigi de Magistris è di Iervolino Russo Rosa.
Ho tante volte detto che Rosetta ha governato male, tanto che mi sono candidato contro, a suo tempo. E che l’ho fatto mentre molti, compresi taluni odierni esponenti dell’inner circle del nuovo sindaco, continuavano a sostenerla e guai a chi la criticava…
Ho di recente scritto – Rosa triste – che Iervolino Russo Rosa se ne è anche andata via male: con astio e senza stile – caratteristiche che, purtroppo, l’hanno spesso accompagnata – e soprattutto senza un bilancio del suo operare, che fosse pubblico, serio, ben composto. Un atto, questo, di raro malcostume politico.
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