Domenica sera ad Aversa un ragazzino di 15 anni, Emanuele, è morto accoltellato. Un altro ragazzino, 17 anni, è accusato di omicidio. Vi è una pena grande. Per Emanuele che non c’è più. Per i suoi genitori. Le cose terribili tra ragazzi capitano. Molte per “futili ragioni”. Ma nel Mezzogiorno povertà, disgregazione sociale e la lunga, intollerabile mancanza di occasioni di speranza creano atmosfere, contesti, frustrazioni, rabbia che – al di là delle singole responsabilità – mostrano che viviamo una crisi profondissima.
Quando ho appreso la notizia ho telefonato alla preside della scuola di Emanuele: la conosco da molti anni, dirige una scuola molto attiva e seria, che fa parte anche dei prototipi contro la dispersione scolastica che abbiamo avviato. Mi ha detto che in serata era prevista una fiaccolata organizzata dai ragazzi della scuola, dagli amici di Emanuele. Ho deciso di andare.
Ho trovato davanti ai miei occhi qualcosa di incredibile: tremila ragazzini sfilavano in assoluto silenzio per le strade della città. Accompagnati dai loro insegnanti e dalla dirigente della scuola, da qualche rappresentante delle associazioni locali. C’era il vescovo di Aversa e alcuni esponenti dell’Arma dei Carabinieri. E’ c’era il Sindaco.
Mi è sembrato davvero che quella risposta straordinaria dei ragazzi, la muta domanda di quella testimonianza di sgomento, abbia trovato pochi ed isolati interlocutori. Ho provato a dir loro poche sentite parole. Una cosa difficilissima a farsi.
Il giorno dopo avevo appuntamento a L’Aquila dove - proprio in concomitanza con il quarto anniversario del terremoto – erano riuniti i Presidenti delle Consulte Studentesche di tutta Italia per la loro conferenza annuale. Hanno passato tre giorni a discutere tra loro, a confrontarsi sulla condizione delle loro scuole, a proporre soluzioni. E si sono conosciuti con i loro coetanei aquilani, hanno potuto guardare alla realtà del capoluogo abruzzese dopo il terremoto attraverso i loro occhi, andando a visitare la zona rossa, parlandone a lungo e guardando i bellissimi video fatti dai ragazzi delle scuole dell’Aquila. Ho ascoltato i loro interventi. Hanno approvato un documento molto bello ed efficace nella sua semplicità. Chiedono alle istituzioni di fare qualcosa per dare un Governo a questo Paese che possa occuparsi del malessere dei più giovani. Si dicono preoccupati e richiamano la classe dirigente alla responsabilità. Vogliono ricordare alle massime cariche dello Stato che la nostra Costituzione è ancora una promessa da realizzare con l’impegno di tutti.
Ho raccontato loro di Aversa, di quei ragazzi che sfilavano in silenzio assoluto. Lo stesso silenzio delle strade dell’Aquila. Un silenzio che chiama alla responsabilità politica delle classi dirigenti, come il documento che hanno scritto. Chiama alla cura della polis, della nostra comunità.
Sento forte il peso della situazione attuale. Sono preoccupato e non posso nascondere la responsabilità della generazione a cui appartengo. Personalmente non mi sento tanto in colpa, ma la questione non è personale. Noi siamo responsabili di fronte alle nuove generazioni. Noi abbiamo consegnato ai più giovani un Paese per troppi versi peggiore di quello che abbiamo ereditato. Dobbiamo dire questa cosa, fare un'operazione di verità come generazione. Altrimenti continueremo a occupare lo spazio pubblico a nostro modo. Solo così possiamo interloquire con i ragazzi e consegnare responsabilità.
Ogni volta che questo accade, noi impariamo qualcosa da loro. Se noi non abbiamo portato a casa i risultati allora dobbiamo tornare ad apprendere insieme a loro.
Le retoriche servono pochissimo, bisogna tornare alla circolarità dell'apprendimento fra le generazioni. Quel documento che mi hanno consegnato riguarda al contempo la scuola e l'Italia.
Li ho ringraziati per il loro lavoro e la loro passione. Per questa fatica di mettersi d'accordo che persone che sembrano tanto importanti – lo vediamo - non riescono a fare. Ho chiesto loro di andare avanti e di nutrire la loro paziente opera di proposta e di sogno di cui l'Italia ha bisogno per poter uscire da questa situazione.
1 commento:
Al di là di questo tragico episodio di criminalità comune, mi permetterei di avanzare una specifica proposta per debellare la criminalità organizzata: promuovere un accordo internazionale per la legalizzazione delle droghe. Le "gomorre" infatti crescono sui proibizionismi; vale la pena continuare così? Non credo proprio...
Paolo
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