03 febbraio, 2009

Piovosa Napoli, senza buona politica

Fare politica a Napoli?
Per come la vedo e la rispetto io – e non solo io – di buona politica, da queste parti, ce n'è pochissima. Quanto sono presenti i problemi vivi di città, regione e cittadini? E qualcuno fa un bilancio di come si sono spese e si spendono le risorse pubbliche? O c’è qualcuno che propone un confronto sul perché c’è una paurosa crisi nella partecipazione? O su come ridare di nuovo senso alla rappresentanza – che pure serve in democrazia?

Quel che interessa sono i nomi… per vere o presunte candidature future. E i nomi sono regolarmente indipendenti da problemi, proposte e competenze. Ma sono dipendenti da equilibri tra fazioni, mutanti o consolidate. Che a loro volta sono da mettere quasi sempre in relazione con pezzi di amministrazioni – cioè con clientele già solide o da conquistare. E, al contempo, sono nomi che si sono andati ad accreditare presso le varie corti di partito. In quel di Roma. Come avveniva per le borghesie compradore delle colonie.

C’è, poi, il sordido rumore di sottofondo. Che riguarda il non dover escludere nessuno, il cooptare chi potrebbe mugugnare fastidiosamente, chi minaccia di sottrarre pezzi utili al mosaico del consenso, chi ha un ricatto pret à porter, chi promette in dote questo o quello, chi negozia col controllore di turno. E’ un sottobosco movimentato da non pochi umani ben addestrati. Fatto di proponimenti reali e di bluff, di intrighi, scontri, alleanze con uscite e rientri. Con propri codici, linguaggi, stili. Alla fine dei quali ci sono posti nelle liste, nei partiti, nelle organizzazioni limitrofe, nei centri di spesa, nelle agenzie pubbliche.
E poi ci sono le umane vicende delle tante piccole sopravvivenze personali… “A’ politica”. Un mestiere. Ma non nel senso che indicò Max Weber. Più banalmente: un modo per campare senza dover produrre né beni né servizi.
Sì, ci sono le debite eccezioni. Ogni volta ad esse ci si deve inchinare. Ma anche l’onesto che s’affaccia o vuole fare buona politica è in queste acque che deve navigare.
Come nel resto d’Italia? Sì. Ma molto di più. Per intensità di attività e per massa critica di attori in campo.

E allora va forse un po’ rivendicato che, in uno strano modo, c’è, invece, chi, ha costruito un qualche imperfetto spazio pubblico a Napoli. Con mille limiti e difetti. Ma che è sicuramente altro da tutto questo. E che lo ha fatto non solo durante le ultime elezioni comunali con la lista civica Decidiamo insieme.
Non siamo i soli? Certamente non siamo i soli.
E c’è un mare di brave persone che non tollerano più “a’ politica”. E che vogliono ridare senso alla politica.
Cammino per strada. E tante persone – in dialetto o in italiano - mi chiedono di fare cose, di essere più presenti, di attivarsi in politica. “Dovete fare qualcosa”, “Ma tu hai lasciato correre, te ne vai fuori a lavorare invece di combattere qui”, “Bisogna fare questo o quello”.
In qualche modo si tratta di una richiesta. E in questa richiesta il soggetto è spesso o il ‘voi’ o addirittura il ‘tu’; oppure è il famoso impersonale italico spesso seguito dal verbo al condizionale…
“sarebbe giusto, si dovrebbe, si potrebbe, ci sarebbe da…”. La prima persona plurale è più rara. Ma non inesistente. Molte persone in pensione sono disposte a dare tempo. Altri sono pronti a fare iniziative. Sono iscritti e non a partiti. Alcuni hanno votato per quella nostra lista o per me. Molti no. Queste persone che incontro e che altri incontrano fanno questa sorta di richiesta un po’ per spirito di delega, un po’ per rimarcare una necessità evidente, un po’ per stima di quanto allora facemmo pur perdendo (ancor più visti i risultati di chi ha vinto), un po’ per un’idea di protagonismo che resiste in qualche modo…

“Ma che farete?” “Ma che pensi di fare?”
A me viene da ribaltare la questione. Che cosa, intanto, stiamo già facendo - e stiamo facendo nella nostra condizione reale. Che è quella di persone perbene e normali che cercano disperatamente di ridare un senso alla politica. Ma che - a differenza di chi fa il ‘mestiere della politica’ – sono persone che non vivono con stipendi provenienti dalla politica; e che quindi la mattina vanno a lavorare. E sono dunque persone per le quali la politica contende il tempo alle altre relazioni umane: compagni di vita, genitori, figli, amici, hobby, ecc.. Sarà banale ma fa la differenza. In termini di rapporti tra te-persona e la politica: perché lo fai nel tuo tempo libero e non in relazione al guadagno presente né a quello futuro o futuribile. E in termini di disponibilità materiale e dunque di limiti di tempo dedicati a ciò.

Comunque, detto questo, beh… Francesco non smette di andare in giro a informarsi molto seriamente sui rifiuti e dirci delle cose che impara su questo e altro. Fraba e insieme Francesco e Norberto fanno comunque il punto di quella brutta — e noiosissima — politica e fortunatamente di altro ancora e per farlo selezionano informazioni e le ripropongono cercando di farlo con onestà intellettuale.
Nunzio analizza molto utilmente i conti pubblici, ultimamente il bilancio comunale di Napoli, deprimente. Il sottoscritto qui e altrove cerca di mostrare una politica possibile per Napoli e per contrastare l’esclusione sociale e l’istruzione mancata. Daniela lavora molte ore ogni giorno non solo per darci, ben elaborate, le mille e mille cose di Napoli ma anche per costringerci a pensare agli accadimenti un po’ tremendi che capitano nell’Italietta malsana di oggi. Giovanni mostra lo scandalo di una città con un terzo di suoi cittadini esclusi dalle opportunità e che non ha un’idea di come rendere moderno e stabile il lavoro sociale, anzi lo affossa. Luciano prova ogni volta a dare un quadro di riferimento alle nostre vicende secondo categorie meno banali del solito.
Ecc. ecc. E anche altri - tra loro anche molto diversi - fanno molte cose. Con spirito spesso simile.

E solo blog? Non è solo blog. Perché sono reti di persone, esperienze, presenza pubblica, proposte, scambi, incontri... Che hanno al centro un’idea di politica che non è ‘a politica. E che conserva una distanza da questi partiti e dai partiti a Napoli pur non essendo contro i partiti in quanto tali.
E’ poco? E’ sicuramente poco e non basta. Ma tuttavia è.

Si può fare altro e meglio? Possiamo fare altro e meglio – usando la prima persona plurale. A me piacerebbe, per esempio, che in tanti riuscissimo a convocare, ogni due mesi, una iniziativa sulla Napoli possibile. Un luogo pubblico, serio ma anche piacevole, in cui si potesse argomentare su cosa non va e perché, ma nel merito e dunque senza urli ma con argomenti e documentazioni; e provare a rispondere, sempre nel merito – e con i vincoli della realtà – su cosa si potrebbe fare. Con proposte. Anche tra loro molto diverse.

In queste settimane mi hanno colpito i giovani del mio quartiere. Che sono stati protagonisti di una piccola “onda anomala”. Si sono riuniti in parecchie decine. Hanno sostenuto la mamma e la sorella di Nicola ucciso a Capodanno. Hanno fatto un corteo non urlante anche se veniva di urlare; ma non arrendevole; e in qualche modo “testimoniante”. Hanno poi organizzato una fiaccolata. Hanno provato a costruire un’edicola, un luogo simbolico della memoria, come da tradizione del quartiere, dedicato al loro amico ucciso per assurdi motivi legati all’esclusione – argomento che riguarda ogni ora della loro vita e di cui stanno tra loro parlando un po’ più di prima, ai margini di questo evento e di questo strano attivismo. Hanno, quindi, avuto un normale contraddittorio civile coi vigili che volevano abbattere l’edicola e hanno poi chiesto regolare permesso. Piccole cose.

Forse possiamo fare anche noi piccole cose. Oltre quelle che già facciamo. Non urlanti anche se ci viene l’urlo. E testimonianti e non arrendevoli.

Nelle foto: 1) la piovosa Napoli senza buona politica, da san Martino; 2) il manifesto auto-finanziato che chiama alla fiaccolata per ricordare Nicola; 3) l’edicola con dentro il ritratto di Nicola Sarpa viene coperta dopo il sequestro da parte dei vigili e in attesa forse di permesso regolarmente chiesto o forse di benedizione.

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