11 novembre, 2007

Quattro fatti di un sabato d'autunno

Ieri è stato un sabato d’autunno con le nitide linee del golfo a ricordarci, come ogni volta, che potremmo vivere bene. In uno dei luoghi più belli del mondo. Ma tutto intorno - come accade in modo ricorrente nella storia del pensiero politico sul Mezzogiorno - ci si ricorda che non è così e che mai lo sarà. Le frecciate e gli affondi – di autori meridionali e del nord, letterati e giornalisti – ridanno fiato alle solite trombe, a due anni dal successo del libro di Bocca. “Non c’è partecipazione. La gente non si mobilita nonostante il degrado. La camorra resterà e così il clientelismo. Perché conviene. E’ un male antropologico, radicato, che consente a tutti di vivacchiare.” Sono le frasi ripetute del pessimismo meridionale peggiore. Quello che beatifica l’immobilismo. E che fa da controcanto all’altro adagio – quello dell’ottimismo d’accatto - che ripete che “non è vero, che si sta facendo tanto e che più di così non si può”. L’uno e l’altro - insieme – tolgono speranza ai nostri ragazzi. Evitano un esame di coscienza rigoroso agli adulti. E sono l’opposto dell’approccio dei grandi meridionalisti che erano ferocemente pessimisti nella disamina della realtà ma mai fatalisti; che proponevano soluzioni e confronto caso per caso, situazione per situazione, riconoscendo colpe, mancanze, tragedie ma anche impegno e faticoso riscatto. E l’uno e l’altro – ancora una volta - consentono alla politica e ai politici di evitare la questione cruciale che riguarda la loro stessa ragion d’essere: far funzionare bene la democrazia. Che vuol dire stare al governo per fare buon governo e stare all’opposizione per fare buona opposizione. E favorire vera rappresentanza e effettiva partecipazione.
Intanto - mentre la mattina di questo sabato trascorre – accadono cose nella nostra città. Che forse ci raccontano una storia più complicata.


Un gruppo di pachistani, giovani e non giovani, si riuniscono dinanzi alla prefettura e spiegano come e perché nel loro paese il generale Musharraf ha sospeso le libertà costituzionali, nella loro lingua e in italiano. A ricordarci che oggi la democrazia davvero attraversa i confini.

Gli abitanti di Poggioreale organizzano riunioni e si chiedono come accogliere o non accogliere 50.000 ecoballe respinte dai concittadini di Chiaiano.

Poco prima i rappresentanti di 3000 operatori sociali – che si occupano di ragazzi esclusi, di anziani, di poveri, di emarginazione in interi nostri quartieri – evidenziano il fatto che spesso non vengono pagati da oltre un anno e raccontano la pochezza delle politiche sociali, incapaci di dare un salario regolare a chi si occupa con regolarità delle parti deboli della città.

Alla stessa ora, a Piazza dei Martiri, molte centinaia di cittadini di Chiaia, che avevano votato a destra o a sinistra, hanno rotto il cliché sulla eterna estaneità della buona borghesia napoletana alla battaglia civile per una città migliore. “Chiaia per Napoli” ha raccolto, attraverso una paziente tessitura tra associazioni, una presenza che segna, infatti, una svolta. La Napoli che sta bene non è più ferma nei suoi salotti a fare il tifo pro o contro l’amministrazione. In uno stile composto, quasi torinese, grida vergogna contro questi anni di immobilismo insopportabile e di cattivo governo urbano. E chiede di concentrarsi sulle cose da fare: parcheggi e sicurezza ma anche raccolta differenziata e confronto su come regolare la vita di notte, come accade altrove in Italia. Sono toni disillusi, come non era mai avvenuto. E come era ora che avvenisse. Ma privi di isterie e di faziosità.

Tutte queste sono cose molto diverse. E ci raccontano forse di una città sofferente ma ricca di potenziali risorse. Nelle sue parti forti e nelle sue parti deboli. Che non si incontrano ancora. Ma che, intanto, dicono alla politica locale – ancora tanto miope da restare arroccata nei suoi consessi a parlare di organigrammi e equilibri tra potentati - che è davvero tempo di un’altra stagione. Meno provinciale. Più attenta alle persone. E concentrata su procedure partecipative e soluzioni dei problemi vivi dei cittadini. Dal governo e dall’opposizione.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

indipercui?

Anonimo ha detto...

Per decenza democratica devo dire che siete un poco ambigui.
Va anche bene il vostro incontro non aperto a tutti,per carità,e ci mancherebbe altro.
ma poi condividere un minimo quello che avete detto e stabilito,no?

fino a questo momento io ho capito che tu,rossi doria, sei aperto,anzi apertissimo al PD tant'è che ti sei candidato nelle liste della bindi a napoli.
mi è sembrato di capire che su questa cosa non era molto d'accordo la presidente di DI Daniela,che ha tutta la mia ammirazione (con qualche dubbio su un principio)
...poi su questo blog proponi napolionline...
fatemi capire,avete qualcosa in comune,a parte l'odio per quest'amministrazione?
mi sembra una piccola fotocopia del Pd che tanto critichiamo.

Anonimo ha detto...

@ Pandora

non hai tutti i torti. Ma non è che siamo ambigui: è che pensiamo cose diverse su molti argomenti, e certamente sul rapporto personale con la politica "ufficiale".

Detto a modo mio.
Marco vuole averci a che fare, e allora - vista la sua storia - non vede altro luogo che il Pd.
Norberto pure, ma - sempre vista la sua storia - non sopporta più le ipocrisie e il "personale" della sinistra, tutta, radicale e non.
Daniela non vuole (più) averci a che fare, e - vista la sua storia - resta una di sinistra (qualsiasi cosa significhi). Che alla prossima puntata voterà (o non voterà affatto) secondo come si muove la sinistra "organizzata", ma intanto vorrebbe fare un po' di attività civica di tipo + o - anglosassone (dal civic journalism al dibattito su temi che un tempo si sarebbero detti di cultura politica, fino a pratiche auto-organizzate, se ci fosse qualcun altro che ha voglia di farlo).

eccetera.

Il punto è: queste persone e le altre, con le loro differenze, ha senso che stiano (ancora) insieme dentro quello che resta di un'associazione come DI (nata in una occasione elettorale, ma con finalità più ampie, dove MRD è, obiettivamente, la figura simbolica)?

Può darsi che, al di là delle illusioni, la risposta sia no. Che le persone reali trovino energie e tempo solo se il loro impegno produce dei risultati direttamente politici. E allora prima o poi sarà saggio sciogliere DI.
O invece è possibile, ma manca una disponibilità/capacità di fare e allora basterebbe darsi una mossa...

Ovviamente, tutto ciò c'entra poco con l'idea lanciata da Marco, che era (appunto) un'idea di Marco. Che cmq non mi sembrava chiusa (a chi?).
Ciò detto, neppure a me è chiaro se c'è e (qual è) la conclusione operativa della ottima chiacchierata che abbiamo fatto ...

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ps. bello venire a commentare a casa altrui...