29 gennaio, 2006

Persone distinte






Vi ringrazio tutti tutti per il vostro incoraggiamento. Da solo non ce la farei; facciamo una cosa partecipata vera. Proviamoci: sul come ho molte idee, dei dubbi e accolgo proposte.
E, intanto, grazie ancora.
Oggi all’Albergo dei Poveri i giornalisti volevano commenti sulla campagna elettorale. Rosa Russo Iervolino ha ribadito che eravamo lì per altro – era la giornata della memoria. Rosetta sta dimostrando di sapere distinguere. E’ un suo merito e le va riconosciuto.
La distinzione anziché la confusione: un bene in sé.
Molte volte dovremo usare la categoria del distinguere: una cosa sono le elezioni politiche e una cosa sono le amministrative; parlare con i giornalisti da persone è una cosa, rilasciare un’intervista ne è un’altra; criticare le azioni politiche e le decisioni amministrative è una cosa, rispettare le persone e accogliere le differenze in democrazia ne è un’altra e così via…
Ma anche il mio lavoro di maestro è una cosa che va distinta dalla candidatura. Per questo ho chiesto l’aspettativa non pagata da scuola. E’ la prima volta da quando ho iniziato a fare l’insegnante nel 1975. Mi fa strano. Ma dovevo fare così.
La legge prevede che l’aspettativa, per l’esercizio dei diritti politici in qualità di candidato, sia pagata dal momento che c’è una lista o una candidatura registrata e per un massimo di 45 giorni. Troppo pochi: debbo iniziare da adesso.
Ho lavorato a pieno ritmo sempre e fare ora le due cose male non va. Tuttavia ammetto che mi fa strano.
Ora sto per andare fuori Napoli, per lavoro. E’ possibile che per un paio di giorni non ci si senta.
Torno subito

28 gennaio, 2006

Napoli può riscattarsi


Questo è il testo del comunicato che ho consegnato ai giornali.

Sulla base di un breve appello, dal titolo “decidere insieme”, 674 cittadini di Napoli mi hanno voluto sostenere. Le firme continuano ad aggiungersi.
Ma non si tratta solo di firme. C’è qualcosa di più, continuano ad arrivare proposte serie, realistiche, e cose pensate e avviate bene dieci anni orsono. Cresce un coro di voci, ricco per toni, indicazioni metodologiche e priorità. E’ qualcosa che evidenzia la ripresa della reattività di fronte al degrado, l’assenza di demagogia, l’attenzione al mondo possibile e alla sua valorizzazione.
Si sta rafforzando la tensione partecipativa, la voglia di “decidere insieme” ed è qualcosa di assai prezioso, che già sta servendo alla città e anche agli stessi partiti.
Nell’appello mi si parlava di una Napoli in ginocchio. Non sono d’accordo. In queste settimane ho visto una Napoli in piedi.
E’ innanzitutto a questa Napoli che oggi intendo dare una prima risposta: continuerò sulla strada iniziata, mi proporrò come sindaco, e l’impegno andrà oltre la prova elettorale.
Non è semplice ricominciare. Viviamo in una città in crisi profonda.
Negare o sminuire questo semplice dato di fatto, che sta sotto gli occhi di ciascun napoletano quotidianamente, è una offesa alla intelligenza dei cittadini.
E’ evidente, innanzitutto, il carattere estremo del ristagno economico e la forma severa della crisi occupazionale. E’, in particolare, impressionante il fatto che la partecipazione delle donne napoletane al mercato del lavoro raggiunga i valori più bassi d’Europa e che il 60% dei nostri giovani non abbia lavoro. E’ evidente per chiunque viva e operi a Napoli - da imprenditore piccolo o grande, da formatore, da lavoratore dipendente, da consumatore - che siamo ai margini dei grandi flussi di mercato, che proporre innovazione, investimenti e sviluppo locale è molto più difficile qui che altrove. E che qui più che altrove questi sono i terreni su cui è indispensabile porre la sfida.
Dire che ciò non dipende dal Comune è un’altra offesa alla nostra intelligenza. Siamo tutti consapevoli che intorno a un sindaco di una grande città, ovunque in Europa, si può e si deve coagulare una classe dirigente che sia capace di promuovere e facilitare sviluppo costruendo grandi patti tra sindacati, imprese, banche, privato sociale, cittadini organizzati intorno a interessi, diritti, proposte che sorgono in modo autenticamente partecipato.
Non farò mai attacchi immotivati alle persone che hanno governato. Governare questa città è cosa davvero difficile e la complessità delle questioni va riconosciuta. Ma è certo che a Napoli non vi è stata significativa integrazione tra le grandi componenti della città e che cresce ancora il divario tra una città più protetta eppure priva di sviluppo e sicurezza e una città esclusa in modo drammatico tanto che tutti noi viviamo ogni giorno in mezzo a due città separate, che non si parlano, si temono e hanno ambedue paura.
E’ evidente, poi, che aumenta il divario – nelle condizioni del credito, nei servizi, nella cultura amministrativa, nell’offerta di opportunità civili - con le altre città europee e italiane.
Anche in una visione moderata di cosa funziona o non funziona, che sappia, doverosamente, riconoscere i meriti a chi amministra una città difficile, è evidente che se sono migliorati i trasporti o è cresciuto lo spazio sottratto al traffico, tuttavia l’insieme della viabilità è ancora molto critica e il tasso di gas e di polveri nell’aria è davvero altissimo. E ancora si pensi alle vicende dello smaltimento dei rifiuti urbani, della privatizzazione dell’acqua, del mancato ammodernamento dei servizi amministrativi, dell’abbandono di opportunità stabili e diffuse ovunque per i bambini e i ragazzi, tante volte annunciate, alla gestione del sottosuolo, ai cimiteri, alla trasformazione delle regole urbanistiche in buona proposta di sviluppo partecipato.
Ci si stava avvicinando al voto in un quadro così deprimente che non pochi elettori sono stati tentati dall’astensione. Una strada legittima in democrazia, ma che rappresenta una forma di rassegnazione. E i nostri giovani, in particolare, sono distanti dalla politica così come viene proposta anche perché sono davanti a un bivio terribile: o essere travolti dalla mancanza di speranza o lasciare la loro città.
E invece, noi non vogliamo rassegnarci.
Napoli ha grandi risorse e può riscattarsi. E possono ancora crescere la responsabilità collettiva, un programma realistico di azione per uscire dalla crisi, la formazione di una amministrazione di alto profilo. Ma a una condizione: la città si governa con l’attivazione della città stessa, che deve avere parola in causa e poter decidere insieme; che deve e può ripartire dalle forme di partecipazione che servono non già per indebolire, ma per rafforzare i legami tra chi assume compiti di amministrazione e i cittadini che rappresenta.
La mia campagna sarà sulle cose, per cercare risposte ai problemi. Troverà forma insieme ai cittadini, nei luoghi in cui vivono e lavorano. La mia campagna non potrà che essere povera e le spese saranno pubbliche e controllate da organismi indipendenti.
Sono convinto che sarà una bella stagione di confronto corretto e di partecipazione.

Marco Rossi-Doria

Sono a casa. Sto limando il testo di un comunicato. E' una scrittura che mi è costata molta fatica per la responsabilità forte che sento.
Conto moltissimo sui suggerimenti, il sostegno anche critico e l'incoraggiamento di tutti.
Il comunicato dovrebbe uscire domattina sulla stampa.
Fra qualche ora lo troverete anche in questo posto.
Grazie a tutti.

27 gennaio, 2006

Cinque punti di risposta


Oggi dedico uno spazio lungo ai commenti ricevuto qui negli ultimi tempi.

1 – Sono stato colpito ed emozionato dalla propositività di tanti commenti. Senza poter ora entrare nello specifico, ho letto molti veri e propri temi di programma qui. Altri li ho ricevuti via e-mail o parlando in giro. Dunque: nonsolofirme. Cresce un coro di voci, ricco per toni, indicazioni metodologiche e priorità, che dicono: anche noi sappiamo molto sul come poter ben governare Napoli.
C’è qualcosa di importante in questo: assenza di demagogia, rifiuto di quel sovversivismo delle classi medie su cui ammoniva già Gaetano Salvemini, attenzione al mondo possibile e alla sua valorizzazione procedurale, richiamo ai criteri e alle condizioni della trasformabilità del luogo nel quale si vive. Tutto questo rafforza la tensione partecipativa.
Bisognerà, dunque, trovare le sedi appropriate per fare di questo “decidere insieme” qualcosa di vivo, ovunque in città: spazi aperti e costruttivi entro i quali proporre, raccogliere conoscenze, suggerimenti, possibili soluzioni a problemi. Questo movimento di idee va, infatti, capitalizzato in modo molto serio.

2 - Molti commenti mi chiedono di rispondere alle tantissime firme e espressioni di sostegno con parole chiare su quel che intendo fare. Hanno ragione. Devo ponderare ma alcune risposte vanno date abbastanza presto. Lo farò.

3 – C’è, poi, una sorta di messa a ulteriore prova: “sì, Marco, ma – attento! – ti stiamo sorvegliando”. Questa cosa che si colloca tra cautela e sospetto la trovo sul blog e, ugualmente, per strada, nelle riunioni ecc.
Spesso si nutre di legittime domande dirette: “Vuoi alzare il prezzo per ottenere un assessorato? Cosa ti stanno offrendo? Sei manovrato da qualcuno?”
Rispondo che non sono manovrato e che non penso che si possa fare l’assessore o qualcos’altro utilizzando un movimento speranzoso in una situazione così difficile per la nostra città. Capisco che non mi si crede o non ancora. Dopo anni e anni di troppi esempi della pratica di “alzare la voce solo per alzare la posta e ottenere qualcosa in più, magari sottobanco”, questo sospetto purtroppo ha ragion d’essere. Il tempo sarà galantuomo.

4 - C’è anche una cattiveria che si respira in parte dei commenti sul blog. Ha una parte sana: chiedere conto è il sale della democrazia ed è bene farlo. Facciamolo con tutti: con me e, appunto, con chiunque. A tratti, però, questa stessa sana cattiveria si vena di disinformazione. All’amica che dichiara di votare per rifondazione, per esempio, e non per me va detto che non poteva fare altrimenti, dato che non mi sono mai presentato in vita mia alle elezioni. Questione di corretta informazione.
Alle volte, invece, si insinua sospetto senza nominare fatti o circostanze. E la cultura del sospetto non è la stessa cosa della richiesta di rendiconto. Un esempio: “Marco, non dire che a Roma hai solo parenti…”. A cosa si allude? Vi sono fatti o persone o chissa cos’altro? Se sì, allora va detto chiaro chiaro. Altrimenti non si fa. Questa è una democrazia.
Anche nella critica agli assessori – è bene ripeterlo in tempi elettorali - bisogna essere informati e non nutrire la cultura del sospetto. La critica a Tecce della stessa elettrice di rifondazione, per esempio, è infondata: la ricaduta del progetto Chance è stata monitorata dal Consiglio dell’Europa, dall’Università di East London, dall’Istituto degli Innocenti di Firenze, dalla Commissione Coesione Sociale della UE, dal MIUR, dalla Segreteria generale della Presidenza della Repubblica e dagli stessi servizi che seguono la legge 328/2000 per conto dell’Assessorato retto da Raffaele Tecce, il cui unico errore nelle dichiarazioni rese è che il budget, assolutamente pubblico, è inferiore del 40% a quanto egli ha dichiarato. Più in generale su questo argomento, che torna in vario modo, anche citando le fiabe delle nonne, senza l’ausilio di corrette informazioni, mi preme, pacatamente ricordare che le informazioni sul progetto Chance basta chiederle. Ma ho anche deciso di consegnare i budget e i principali documenti di monitoraggio sugli 8 anni di Chance, pubblicati su riviste e surveys internazionalmente accreditati, agli amici di Beppe Grillo. Lo farò entro la prossima settimana. Anche perché io sono d’accordo che chi vuole assolvere a funzioni pubbliche deve “comportarsi come un nostro dipendente” – come dice Beppe Grillo – e dare ragione e conto di tutto. Ma, in questo caso, ragionando per eccesso, lo intendo estendere anche ai risultati del lavoro stipendiato di 27 docenti di ruolo della scuola pubblica statale e di 44 operatori sociali per oltre 12.000 ore annue di lavoro con circa 250 ragazzi e ragazze della città inadempienti totali all’obbligo scolastico.

5 – Ben più in generale, colgo l’occasione per dire forte e chiaro che va ribaltata la pratica cialtrona di sparlare degli altri senza produrre fatti e argomenti o in modo unilaterale. E va detto e ripetuto che ci vuole equilibrio nella competizione democratica.
Dire sempre che le cose non hanno mai funzionato, che tutto “è una chiavica” e che si deve ripartire da zero non è buon metodo e non porterà lontano.
Vale per il lavoro proprio ed altrui – il lavoro merita sempre un cenno di riguardo - così come per il giudizio su chi amministra. Le cose non buone vanno viste con puntigliosa attenzione.
Le cose buone vanno sottolineate e registrate anche se sono gli avversari ad averle fatte. Il bilancio critico è una cosa seria. Sospetto e disinformazione sono nemici di buon governo e di buona opposizione.

25 gennaio, 2006

Serata casalinga


Freddo di pazzi. Ero appena rientrato che mi hanno chiamato dei giornalisti. Mi fanno sapere che il centrodestra penserebbe di indicare come candidato il questore Malvano.
Anche lui ottima persona. Lo dicono anche di me. Qui siamo tutte ottime persone.
Poi mi dicono che però non è certo: devono chiedere conferma a Roma.
Possibile che tutti devono chiedere conferma a Roma? Io chi chiamo? A Roma c’ho solo mamma e fratelli.
Ma poi il questore Malvano non aveva già governato Napoli insieme alla Iervolino? E’ un impressione mia?

Andare avanti, avanti c'è posto (2)


Decidere insieme. Non l'ho scritto io. Però mi piace che la parola "insieme" si unisca con la parola "decidere". E' tempo di prendersi la responsabilità di risolvere problemi, affrontare crisi e degrado senza nascondere verità dure e spiacevoli.
Com'è fatta la politica che mette insieme e fa decidere?
Certamente non si fonda su personalismi e schieramenti. Sa andare oltre il lamento e la rivendicazione. Propone soluzioni possibili ai problemi. Le fa diventare fatti. La politica è l'organizzazione di questo processo. Dove avviene. Me lo chiedo: gruppi territoriali, gruppi tematici, occasioni ed eventi su cosa e come fare? Vediamo.
Succedono cose, funzionano, le moltiplichiamo.
Andare avanti, avanti c'è post.

24 gennaio, 2006

Cinquecento persone

So che stanno continuando ad arrivare adesioni all'appello. Grazie ad ognuno.
Se ci riesco proverò a pubblicare l'elenco. A presto

23 gennaio, 2006

Decidere insieme

Alcuni cittadini che conosco ma che non sono miei amici da vecchia data e che hanno lavorato in ambienti anche molto distanti dai miei, hanno scritto un appello, tra giovedì e venerdì scorsi, che è pensato per “decidere insieme”. E’ indirizzato a me, come persona che si è mossa per reagire alla situazione di stallo e fare crescere le proposte per uscire dalla crisi della città. Ed è rivolta ai cittadini e alle cittadine di Napoli affinché, insieme, diano un segnale di partecipazione forte.
Lo riporto qui testualmente:
Decidere insieme
Napoli è in ginocchio. Ma i partiti di entrambe le coalizioni non dimostrano quello spessore di responsabilità e di proposta adeguate a guidare la città fuori dal degrado in cui è piombata.
In queste settimane un napoletano che stimiamo, Marco Rossi-Doria, ha dichiarato il proprio impegno per individuare un percorso di rilancio democratico.
Pensiamo che Rossi-Doria vada sostenuto nel portare nella città il dibattito sulle questioni che ci riguardano.
Riteniamo che tale iniziativa sia un segno di reazione che merita incoraggiamento.
Auspichiamo che possa convogliare le energie sane della società napoletana, comprese quelle che pure esistono all’interno dei partiti.

A questo appello, nella sola giornata di sabato, hanno aderito oltre trecento persone. Non è un’adesione degli intellettuali – come scrivono i giornali per omologazione concorrenziale con le iniziative del sindaco uscente. E’ una prima mobilitazione dei cittadini: studenti e imprenditori, tecnici, dirigenti e impiegati delle amministrazioni pubbliche, docenti delle scuole e delle università, artigiani, casalinghe, operai, disoccupati, professionisti di tanti e diversi rami, artisti, operatori del sociale. Ed è dunque il primo passo di quella intellettualità diffusa, che è di ogni ambiente sociale e culturale, che caratterizza la cittadinanza.
La stampa di domenica ne ha riportato solo in parte i nomi. Moltissime altre persone hanno aderito nel corso della giornata di ieri e ancora stamattina.

Provo sentimenti di commozione e gratitudine. Ho anche una naturale paura di essere inadeguato. Al contempo sento che sia possibile fare le cose insieme, in tanti, in modo partecipato. Sono, poi, ben consapevole di quanto ci sia da fare, in termini programmatici e organizzativi, di quanto sia difficile. E penso di quanto sia un grande bene che comunque le risorse della città si stiano mettendo in moto… qualunque sarà l’esito di questo movimento appena avviato.

So che adesso la palla sta nel mio campo e che devo rispondere nel merito di questo appello che mi è stato rivolto. Ci sto lavorando.
So anche che la fretta non è buona consigliera.
Il numero straordinario e la diversità evidente di ambienti culturali, sociali e politici mi inducono, perciò, a un time break, ad alcuni giorni di pausa e di vera riflessione perché sento fortemente la responsabilità che questo evento mi consegna.

Chi volesse aderire all'appello può inviare una mail a: decidereinsieme@gmail.com (Nome, Cognome, posizione sociale o professionale)

21 gennaio, 2006

Gira un appello

Gira un appello che chiama a sostenermi, con firme raccolte.
E' la prima volta che dal sostegno alla spicciolata, si passa a qualcosa che raccoglie. Ne sono contento. Si vedrà chi e quanti. E con calma dovrò rispondere. E lavorare insieme. Bisogna dare modi e tempi.
E, intanto, spero che tutto questo esca bene sui giornali di domenica. Grazie per tutti i commenti.
Avete ragione che non riseco a dialogare con ciascuno.
Ci si farà.
Buona notte.

20 gennaio, 2006

Forse gira il vento

Stamattina fa più freddo. E’ finito lo scirocco ed è tornato il sole. Col freddo si cammina più veloci. E c’è molto da camminare in questi giorni.
Questa città sarà pure in ginocchio, ma ai miei occhi non sembra aver perso il gusto della politica.
Sento di un appello che gira: vedremo.
Incontro molte persone per strada, ci sono idee e proposte. Gruppi di giovani mi invitano a parlare e ad ascoltare. Andrò, ascolterò. Come ascolto voi da questo posto.
Oggi è una giornata molto intensa e ci sentiremo domani o forse domenica.

19 gennaio, 2006

Togliere occasione

La città ha i suoi riti; finché è possibile vanno mantenuti.
I fuochi di Sant’Antonio: con i ragazzi del quartiere abbiamo lavorato sul loro senso evocativo, sul loro carattere comunitario. E’ possibile e relativamente facile fare del fuoco un momento anche di incontro tra generazioni, tra scuola e quartiere, in modo da evitare la distruzione dei vetri delle macchine “togliendo occasione” – come si dice da noi – prima che qualcosa accada. “Togliere occasione”: di rissa, di devastazione, di azioni di non ritorno. Fa parte della nostra cultura fare questo, con le sue regole e modalità. Ma si sta indebolendo questa decisiva competenza diffusa di contenimento comunitario, di prevenzione e riduzione partecipata del danno.
E, invece, va sostenuta, rafforzata.
E se i poliziotti, i vigili e i pompieri si fossero messi a mangiare le salsicce con i frigiarielli accanto al fuoco con i ragazzi e avessero parlato di quando erano loro ragazzi? Queste cose le abbiamo fatte e si fanno in altri luoghi con altre tradizioni. Non sono utopie. Funzionano.

18 gennaio, 2006

Legge e opportunità


Possiamo chiudere la fuorviante diatriba tra chi vuole il rigore della legge e chi vuole le opportunità?
Non c’è possibilità dell’una cosa senza l’altra.
La legge va sostenuta nei suoi caratteri di essere equa e di essere applicata. E va applicata in materia di diritto al lavoro e al lavoro legale, di diritto a formarsi, di sicurezza sul lavoro, di diritto a una casa dignitosa ecc.
Ma anche in materia di diritto a scendere per strada con i propri figli e con il cane, di non essere fermato sul pianerottolo con la richiesta di fare azioni criminali, come accade a un mio amico di Barra e a un mio ex alunno che vive a Scampia, di poter incontrarsi la sera con gli amici anche fuori dalle poche aree protette del centro a fare sana socialità di quartiere, di poter tornare la notte dopo la discoteca senza che avvenga quello che è avvenuto.
Un’amministrazione comunale non ha i poteri su tutto ciò. Ma può farsi centro promotore di un patto tra poteri e assolvere alla sua funzione simbolica e politica in materia di sicurezza, intesa a tutto tondo.
Dove c’è attacco alla convivenza ci vogliono forze e mezzi per rendere effettiva la legge. E sono meglio azioni regolari e costanti, costruite anche con la partecipazione dal basso che eclatanti blitz una tantum. Tutti devono sostenere il valore dei limiti quando è in gioco il diritto di stare bene nel proprio quartiere e nella città e la sicurezza fisica delle persone, innanzitutto, quella di chi ha di meno, è più escluso, vive lontano dalle zone bene.
Questi limiti sono condizione per le opportunità. E proprio per questo l’una cosa non viene prima dell’altra. Sono contestuali. A un esercito di forze dell’ordine presente in modo continuo e in comunicazione con i cittadini, va affiancato un esercito educativo e civile, meglio integrati, con risorse che vanno reperite – perché ne servono molte.

16 gennaio, 2006

Un ragazzino alle quattro di mattina






Un ragazzino che so chi è, imbottito probabilmente di coca, che la scuola ha cercato di trattenere e sostenere, con i pochi mezzi che ha, è stato in giro a spalleggiarsi con altri, per il mio quartiere, fino alle quattro di mattina, ha rapinato due giovani donne e ne ha violentata una.

Oggi voglio fermarmi alla indignazione.

E alla forza indispensabile del limite, senza il quale ogni cosa è persa.

Argomenti, metodo e forme: una promessa

Avevo sentito bene l’intervento dell’Assessore Raffaele Tecce sui soldi dati per attuare il progetto Chance. Ora trovo questo argomento anche sul blog. E tanti miei compagni di lavoro e amici che sanno le cose mi chiedono di rispondere a Tecce.
Ma ero andato lì, al decimo compleanno di un’associazione di volontariato, da amiche e amici che lavorano sodo e bene da tanti anni, con un tema preciso, che mi era stato assegnato tanti mesi fa e ho con piacere onorato l’impegno preso. Non ho voluto rispondere. Non ho parlato di politica propriamente intesa.
Ho letto anche il post su Tecce su Napolionine.org.
Ma prima di cominciare tutta questa avventura, ho fatto a me stesso una promessa interiore alquanto solenne. Ve la riassumo:

“Non starò lì a ribattere ogni volta, non scadrò nel pressappochismo, eviterò la polemica per la polemica, cercherò di non rispondere all’aggressività con la stessa moneta, non accetterò ma non adotterò neanche i linguaggi ricattatori e minacciosi che ormai hanno deturpato il senso della politica, dell’occuparsi della città. Conterò fino a cinque o sei o sette giorni… e poi risponderò, dati alla mano, in modo temperato. Se avrò commesso un errore lo dirò.”

Questa città ha bisogno di argomenti, metodo, umiltà e anche di una qualche forma di grazia nel porgere cose anche dure, nel vivere normali conflitti democratici. Est modus in rebus.
Se pazienterete alcuni giorni ancora, troverete una mia risposta a Tecce sulla stampa o qui o in entrambi i posti. Una risposta costruttiva. Non è male differire le risposte quando non vi è la serenità per farne un momento utile alla vita democratica.

15 gennaio, 2006

Il ciuccio e la guerra napoleonica

Nicola Campoli raccomanda quattro ingredienti: calma, novità, razionalità e sicurezza.
Un grande produttore di calma è dato dalla profonda convinzione che se si farà una proposta indipendente per le amministrative di Napoli, la si farà insieme a tante persone, singole, associate e che rappresentano realtà diverse e competenze capaci di affrontare il merito. Per quanto mi riguarda, infatti, una presentazione qualsiasi, magari di testimonianza - che serva solo a confermare l’idea di presentarsi - non mi sembra all’altezza della grave situazione in cui versa la nostra città.
La novità vuole dire nuovi contenuti, proposte – è la cosa su cui, dall’inizio, più sto lavorando; bisognerà, tuttavia, fare degli incontri tematici molto seri. Lo scandalo di elezioni regionali senza dibattito serio di merito sulle grandi questioni di vita dei cittadini – rifiuti, acqua, lavoro, viabilità, nuovo welfare – non si può ripetere per il comune. Fu una campagna piatta, “brutta e senz’anima” a cui, subito dopo, ha corrisposto, coerentemente, una giunta regionale più povera di quella precedente, più schiava di logiche solo partitiche, con meno competenza. Disse quel caro amico mio, Gennarino: “il ciuccio passa una volta sola per lo sgarrupato”.
Al contempo novità vuol dire anche nuova cultura, stile e metodo: più umiltà, nessuna demagogia, una richiesta di partecipazione responsabile a tutti e tutte e non la proposta di salvezza, uno sguardo a tutta la città e non a una sola parte di essa e, dunque, il proponimento di accogliere altri modi di pensare, anche distanti da ciascuno di noi, me compreso. Si dovranno poter recepire ed elaborare le reciproche diversità.
La razionalità, per come la sto capendo all’inizio di questa avventura, è sentire cose diverse e poi prendere decisioni. Tale razionalità è portatrice di una sicurezza solo procedurale e molto “faticata”. Quando ero ragazzo avevo letto Guerra e Pace di Tolstoj. Me lo aveva regalato Benedetto Herling per i miei tredici anni. Nel leggere, saltavo le parti sulla teoria della guerra… erano una palla. Ora me le sto rileggendo, quasi come si fa per un manuale di “istruzioni per l’uso” che si divora in una situazione di esposizione, di fronte a cose da fare, a decisioni. Terzo volume, parte terza: con sullo sfondo la grande metafora della guerra di Russia napoleonica, si legge di una razionalità complessa, entro la quale non tutto è prevedibile, si è nel mezzo di una serie mobile di fatti, non c’è un disegno solo, gli eventi si delineano a grado a grado, un momento dopo l’altro, nel loro significato, entro un gioco complicato di intrighi, dipendenze, preoccupazioni, piani, consigli, visioni, minacce, inganni…
E’ una razionalità complessa quella che è richiesta. In più siamo ad affrontarla meglio è ora e meglio sarà dopo.
Poi bisognerà – come commenta Cut - aprire il tema della comunicazione più larga.
E il tema dei soldi, con un’ipotesi di abbassare i costi della campagna elettorale, inventando modi per fare di necessità virtù. La politica non deve costare così tanto. Soprattutto in una realtà come la nostra, con tanti cittadini che vivono in situazione di esclusione. E’ intollerabile. Inventiamoci un calmiere. Ma questo è un tema dal peso specifico alto ed è per un’altra volta.
Buona notte.