23 settembre, 2007

Difficile ma da provare: cambiare la politica

Si fa quel che si può - dice Norberto (#). So che ha ragione e lo ringrazio per le lenti, spesso argute e sempre spiritose, che mi ha prestato più volte per guardare le vicende di questi giorni. Le mie non sono pessime. Ma da sole non bastano. Mi piacerebbe che in tanti ci prestassimo lenti. Per cambiare la politica, facendo, appunto, quel che si può. La politica dovrebbe e potrebbe essere anche questo scambio.

Ormai sono in gioco. Sono candidato capolista per Bindi nel collegio Napoli - Arenella. E darò battaglia.
Ecco alcune cose che penso:
1 – Non sono mai stato iscritto a un partito e non mi iscriverò al Pd se non mi convincerà quando esce da questa fase costituente. Ma per quanto difficile ora è un momento in cui è bene provare a cambiare la politica. E questo implica un impegno diretto. E’ questo che sto facendo. Non aspiro a cooptazioni e, caro Adriano Celentano (#), questo tentativo non è antitetico alle molte forme di attivizzazione e alle azioni partecipative tipo D.I.; non penso in termini o/o ma piuttosto e/e. E’ una storia difficile e che si ripete: fare politica fuori dai partiti e provocarne anche i mutamenti. Sto in un terreno di mezzo, voglio esplorarlo e confrontarmi su questo.
2 – La questione qui da noi è molto chiara, è quella che ho ripetuto più volte: il Pd non deve essere come quello che ha governato la Campania negli ultimi tredici anni. Punto.
3 - C’è, al contempo, in Italia, da fare una seria, aperta battaglia contro la tenaglia che ci sta stringendo e che vede da un lato la casta e dall’altra la demagogia. Concordo con Nazarin (#) che la prima responsabilità per l’anti-politica la hanno i partiti - l’ho scritto ieri l’altro su la Repubblica Napoli (in questa pagina, dove è in ordine cronologico al 22 set) citando la Costituzione e constatando quanto i partiti sono distanti da quello spirito e quanto sono stati affossatori di innovazioni. Ma se la casta nutre l’antipolitica, poi, è pur vero che il “sovversivismo della piccola borghesia” è, in forme sempre cangianti, la malattia anti-liberale dell’Italietta di ieri e di oggi che si nutre, caro Franco (#), di alcune costanti: facili slogan, riduzione della complessità, odio per le procedure democratiche sia rappresentative che deliberative, affidamento a un capo.
3 – Sto con Bindi perché vuole contrastare più degli altri la deriva della odierna politica-partitica, pensa in termini di inclusione sociale ed è la più innovativa e democratica dei candidati; ma so che in Campania sto in compagnia di persone che rispetto ma che certo non hanno il mio approccio, che sono, in questo, assai poco bindiane, che non pensano affatto che ci voglia una radicale discontinuità con il governo che il centro-sinistra ha qui espresso; e dunque la fatica sarà maggiore.
4 – Sono in buona sostanza d’accordo con la linea proposta da Giovanna (#): dovrò - con la lista Bindi - essere un megafono dell'agenda delle grandi tematiche che abbiamo faticosamente snocciolato in occasione delle ultime elezioni napoletane a Napoli e in Campania e trovare tracce comuni anche altrove nel Sud.
5 – Dunque la mia agenda deve subito tornare sui contenuti: camorra, rifiuti, sviluppo mancato e esclusione sociale di massa, assenza di spazio pubblico democratico.

Nella foto Aung San Suu Kyi, una persona che ha impegnato la propria vita per cambiare la politica del suo paese. E' bene tenere allenato il senso delle proporzioni.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

può andare bene tutto... se quello che dici corrisponde esattamente a quello che pensi ed a quello che sei.

Anonimo ha detto...

Hai messo la bella foto di Aung San Suu Kyi a commento iconico del tuo post, avresti però dovuto citare anche quello che i monaci buddisti stanno facendo per lei e per quel paese: la forma assolutamente splendida di un modo di opporsi ad un sistema. Altro che PD. Qui tutto è vecchio:sa di marcio, di già visto, di muffa stantia, di facce sempre le stesse e le parole, che pena le parole! Sempre le stesse. Pensare che la politica sia risolutrice di tutto è una idea solo italiana. Mi convincerò solo quando qualcuno si sveglierà e mi dirà: vivi onestamente, ma vivi, comincia a cambiare te stesso nel profondo e vedrai che il mondo comincerà ad essere diverso, perchè tu sei il mondo e se l'ottanta per cento degli italiani cominciasse ad evere seriamente rispetto di sé e degli altri e della natura, altro che PD. Il guaio è caro Marco che qui la solfa è sempre la stessa ed è triste anzi tristissimo constatare che nessuno alla fine vuole veramente cambiare nulla ( scusami la franchezza) e che quelli che sostengono quello che ti ho appena detto in italia sono destinati ad essere additati come antipolitici ( e la cosa non mi dispiace)ma anche ad avere i coppettielli arreta ( e questo mi dispiace un poco).

Anonimo ha detto...

marco in quella foto c'è una somiglianza inquietante...:-)

Nazarin ha detto...

Questa idea di guardare dentro di sè, questo intimismo rivoluzionario, per cui il cambiamento deve partire da noi intesi come singoli attori dell'esistenza, mi ha sempre fatto arricciare il naso. E' un'idea molto suggestiva ma suvvia, il cambiamento deve necessariamente passare per quelle strade che non amiamo percorrere. Non nego assolutamente l'importanza della crescita individuale ecc., ma il cambiamento sociale non è ingenuamente la somma di tanti piccoli cambiamenti individuali. Passa e deve passare per la politica. Per cambiare le cose si devono mettere le mani nella monnezza. E ogni volta che si mettono le mani nell'immondizia un pò di sporcizia resta attaccata alle braccia. Tant'è. Lo stilita Simon del deserto venga a sostegno di quanto dico! Puoi cambiare te stesso quanto vuoi dall'alto di una colonna. Sotto resta tutto tale e quale. A meno che non si pensi di poter vivere tutti sulle colonne...

Anonimo ha detto...

provo a schematizzare, e quindi a complicare:
premessa paradossale: abbiamo sbagliato, noi di DI, molte previsioni; la cosa assurda è che abbiamo pensato di avere sbagliato su quelle che il tempo ci sta dicendo avevamo ingarrato: che il tempo ci avrebbe dato ragione, che l'impero sarebbe crollato e che noi ci saremmo trovati a essere, per quanto inizialmente minoritari, soggetto politico significativo e forse vincente. Su questo punto, niente alibi: avevamo prposto e promesso 5 anni di presenza politica alternativa e oppositiva. il proposito a maggio era diventato aria fresca. nessuno di noi s'è mai chiesto e detto perché il patto proposto alla città, o almeno al 3, ecc% sia stato disatteso. io ho una piccola risposta: la delusione di non aver sfondato subito, il fatto che nessuno, a parte gallo, sia riuscito a entrare. ora vediamo che quel patto ognuno cerca di riaprirlo come può, tra la destra e umberta bindi.
1. lasciamo stare la questione della Politica. ci sarebbe molto da dire, ma nessuno può sostenere che se ne può fare a meno. w la democrazia rappresentativa allora, ma...
2. il problema è: non ridurre la politica al ceto politico, comprese le new entry. l'interesse generale è il paravento per i free riders, e il rischi di rassomigliare a mastella e diliberto - il primo meno peggio del secondo - è grande. Non fa niente, venghino venghino anche i free riders (io per primo lo fo'), ma...
3. qui non si tratta di o/o (celentano mi pareva fosse chiaro), ma proprio di e...e. E la democrazia rappresentativa (la Politica) E la democrazia deliberativa. il che significa: non ci scassate dicendo che "queste sono le leggi della politica", "questa è la politica"...il rpoblema è il vostro, di voi Politici voglio dire: la politica sono anche le pratiche, anche l'invenzione del quotidiano di mille e mille soggetti: SIETE CAPACI DI RICONOSCERE DIGNITA' POLITICA A QUESTI AGIRE? e come fare a dialogare per apprendere?
$. ma se è vero, sfido a dire il contrario, che politica e cetaceo politico son la stessa cosa, la politica addirittura schiacciata sui tempi esistenziali degli individui, si tratta di dare una bella botta al cetaceo politico. già il discorso sulla riduzione dei costi della politica è buona, riducendo il personale politico (e senza riciclarlo nei mille apparati sotteranei); e, oltre a questo, riconoscere dignità di agire e intelligenza agli attori delle politiche quotidiane, SENZA CHE CIO' SIGNIFICHI CREARE ALTRI POSTI NELLA POLITICA: non è una professione e non ci sta stipendio. su altre forme di riconoscimento si potrà ragionare:
6. è questo quello che manca, a tutto il PD e a tutte le menate dell'ascolto: allargare il campo semantico della politica, rifiutare le forche caudine della cooptazione;
7. ben venga, caro (a)marcord se Lei approda all'altro lato: ha tutte le capacità - emotive e cognitive - per andare avanti e indietro a produrre sistematizzazione, destrutturazione, ristrutturazione. Quindi...
8) se potessimo tornare sui nostri patti, sarebbe evidente la differenza da Grillo: che attivazione propone lui? quali processi partecipativi? Ma, ci afrebbe anche comodo, perchè avremmo qualcosa in più da dire e proporre senza negare le sue invettive che trovano tutta la mia temporanea ma insoddisfatta identificazione.
concludendo: io penso che il problema non è fare temi in classe su camorra, esclusione etc. Il problema è cosa e come facciamo e magari già si fa nell'attivazione quotidiana dell'attivazione contro camorra, immondizia, esclusione etc. se non si dice e si fa nulla su questo, il resto è soliloquio veltroniano, retorica buona giusto per produrre qualche merce per i giornali e qualche posto in lista.

Anonimo ha detto...

Replico a Nazarin -che credo mi abbia chiamato in causa- brevemente. Il mio "guardarsi in sé", come lo hai chiamato tu, non è un semplice "intimismo rivoluzionario". Io nel mondo ci sto incardinato e non credo di voler restare nel deserto su una colonna come qualche santo stilita. Dico solo che noi italiani, per lo meno quelli che hanno la mia età (56)- non conosco la tua - danno alla politica un'importanza che in altri posti, penso alla Danimarca, all'Olanda, alla Svezia, non danno.A me personalmente tutto questo affanarsi intorno a questo "soggetto nuovo" (sic!)mi ha stufato: mi hanno stufato i toni, le persone i discorsi ecc. Ti rinvio se ti va al mio post su
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Nazarin ha detto...

Vero, ho preso spunto dal Suo intervento, ma non volevo rivolgermi a lei direttamente, tanto più che, avendo letto il post completo sul suo blog, la sua posizione è ben più articolata.
Lei dice che in Italia si guarda alla politica in maniera molto più totalizzante che altrove, con una modalità forse un pò provinciale per cui finisce ad essere considerato antipolitico tutto ciò che esce dagli schemi, dalla "via dei partiti tradizionali". Forse. Magari è per questo retaggio di fondo che ci si offende se accusati di essere anti-politici, termine che non contiene necessariamente in sè un'accezione negativa. Lei dice che solo in Italia si crede che ogni cosa vada risolta con la politica. Sarà la nostra cultura, ma non sarà anche che, più che altrove, in Italia è davvero necessario ricorrere alla politica per smuovere qualcosa? Insomma, in altri paesi i papaveri scoperti con le mani nella marmellata sono costretti a dimettersi, lì l'opinione pubblica ha un peso maggiore. Qui da noi neanche con le cannonate si riesce a scollare anche il più turpe dei nostri "rappresentanti" dallo scranno dove ha parcheggiato il deretano. Esempi ce ne sono a decine.

Anonimo ha detto...

Credo che mai come in questo momento ci sia bisogno di politica. Mi capita spesso di dialogare con adolescenti che ragionano utilizzando i più banali luoghi comuni, del tipo “I politici sono tutti ladri”, oppure “La politica è una cosa sporca”. Andando più su con l’età, la musica non cambia. Si continua a vedere tutto nero, senza speranza.
Le conseguenze di questi ragionamenti pessimisti sono prevedibili. I più puri e idealisti tendono a restare al di fuori del mondo della politica. Quelli più rampanti e “traffichini”, invece, la cercano esclusivamente per trarne qualche vantaggio personale. Le prospettive non sembrano rosee. Se l’andazzo è questo, dovremmo davvero rassegnarci ad avere una classe politica monopolizzata da ladroni e approfittatori.
Bisogna rassegnarsi a questo? Io penso proprio di no. La strada da percorrere, per invertire la rotta, non è facile. Ma, al tempo stesso, non si deve gettare la spugna. Bisogna ricordare ai giovani che tutte le professioni possono essere svolte in modo corretto, oppure scorretto. Quella del politico presenta esattamente gli stessi rischi di corruzione che possono capitare, sotto forme diverse, a qualunque altro mestiere. Non bisogna chiudersi in casa e non partecipare, ma bisogna esserci e confrontarsi.

Anonimo ha detto...

rispondo a Nazarin: la mia idea è che ciò che in Italia si definisce antipolitica è in effetti l'opinione pubblica alla quale Lei faceva riferimento. Naturalmente in Italia i politici e quelli che dicono di far politica, non ne tengono conto, perchè appunto, l'opinione pubblica non fa testo, trattandosi, per lo più, di gente che non si riconosce nei partiti e questo Mi creda, in Italia è un peccato grave per i politici che credono di risolvere tutto.

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Anonimo ha detto...

Well said.