11 settembre, 2007

Battagliero pessimismo

Cara Lunanera, anche io ero per la storia ciclica e ricorrente, mi sono battuto, ho perso su ciò. Franco, certo che conosco quel testo di Benjamin. Le scuole del mondo vivono di cose effettive, vive; a volte buone altre no. E hanno anche bisogno di programmi… che non determinano, certo. Ma aiutano. E se sono accettabili o pessimi non è indifferente. E poi ognuno ha il suo mestiere e si affeziona al lavoro ben fatto anche se sempre ce ne è di migliore, com’è in ogni procedura artigianale… di cui la vita è fatta.

Molti per strada mi fermano e chiedono del PD. Quello che penso – in senso battagliero ma pessimista - della sfiancante fatica per provare a far diventare un po’ vero il PD lo ho scritto su Repubblica di Napoli di domenica 9 e lo propongo di nuovo qui sotto.
Intanto, a 36 ore dalla scadenza ultima, in Campania continua la rissa sui candidati segretario fatta solo di nomi legati a vecchi (Bassolino e De Mita) e nuovi potentati (ne parla Macry, più in fondo a questa rassegna sul tema curata da d.l.) senza mai una sola parola su metodo, contesto, bilancio politico delle esperienze, proposte, merito delle cose. Insopportabile.

Ho molto apprezzato la posizione di Bindi sul V day di Grillo e sui lavavetri. E’ l’unica che parla al mondo e del mondo. La sosterrò col voto. Invito a votarla. Se mi candido o meno nelle sue liste nazionali si vedrà.
Spero che la lista Bindi in Campania riesca a proporre un candidato per segretario regionale – meglio sarebbe una candidata (almeno una donna in Campania). Per ora vedo un’organizzazione ancora debole. Il suo profilo? Donna, appunto, che sia fuori dai palazzi, chiaramente laica, nota perché sa fare qualcosa nella vita oltre al bla bla della politica-politica, capace di pensare da sola, ascoltare molto, garantire a tutti una fase costituente.
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La stancante schermaglia sui nomi
di Marco Rossi-Doria
Il partito democratico dichiara in ogni occasione che vuole nascere in modo “aperto”. E i suoi promotori lo spiegano dicendo di voler favorire un processo e non chiedere una semplice adesione a qualcosa di già confezionato. Ma la domanda che spesso viene loro rivolta - a volte con autentica curiosità e buona disposizione e altre volte con scetticismo o una certa distanza - è: “aperto a chi”? E la risposta che si sente dalla voce dei promotori, Ds e Margherita, nazionali e locali, suona troppo spesso letteralmente così: “Aperto ai cittadini, anche a chi non è mai stato iscritto a un partito o non vi è più iscritto da tempo”.
A chi riceve questa risposta – e che si trova esattamente nella posizione da essa indicata – viene ogni volta da soffermarsi sulla parola “anche” sulla quale, peraltro, spesso insiste la voce. Perché ha un valore più aggiuntivo che connotativo di piena appartenenza a un processo. “Aperto anche”… “alla festa, al campeggio, alla riunione puoi venire anche tu”. Non suona bene questo anche. Se davvero si vuole un processo aperto. E parlando con tanti mi sono accorto quanto sia diffusa tale sensazione, non gradevole. E quanto crei diffidenza e allontani.
“Ma a chi è aperto questo Pd, in concreto?” – ho visto chiedere da una ragazza impegnata nel mio quartiere a un giovane esponente di partito. E la risposta mi ha colpito per la sua articolazione: “Ai giovani. Alle persone che per anni hanno interpretato la parola ‘politica´ come altro dalla frequenza dei luoghi della politica comunemente intesa. A chi lavora nel sociale o fa volontariato. A chi interpreta le funzioni pubbliche con spirito di servizio. Ai tecnici, a chi è impegnato nella cultura o a scuola o nelle professioni. A tutti”. Ascoltavo. E la risposta mi è parsa convincente. Ma non così alla ragazza, che pure sosteneva l´Ulivo.
Molte altre volte mi capitano scene simili. Perché avviene ciò? Forse almeno per due ragioni. In primo luogo perché le persone che non sono di partito sono attratte solo a condizione che siano garantite e curate l´accoglienza autentica, l´ascolto, il non dover rispondere a prospettive e decisioni pre-confezionate e poi le procedure, tali da includere persone nuove. E ancora: il metodo, lo stile, il linguaggio, che devono bandire gli stereotipi da ceto politico e ritornare alle cose da fare, alla soluzione dei problemi propri della vita comune, ricercate insieme ai cittadini. Questo è un processo aperto. Altrimenti il partito non è democratico perché non è offerto a tutti ma solo a chi c´è già, magari con l´aggiunta di qualche cooptazione. Per esempio, se – come si dice - si tratta di un processo in cui si vota per mandare a una convenzione nazionale delle persone che scriveranno statuto e programma del nuovo partito, perché si devono chiedere 5 euro e non 1? Infatti non ci si sta iscrivendo già al partito. Che non c´è ancora. Che non ha ancora una ragione sociale codificata. Ma al processo, appunto. E perché l´elezione dei delegati deve avvenire su liste bloccate la cui formazione non è regolata da una procedura partecipativa che preveda l´esposizione di posizioni, sensibilità, storie e competenze delle persone che chiedono la delega? Non assomiglia questo alla nefasta legge elettorale?
In secondo luogo, in Campania e a Napoli, persiste una questione che non può più essere elusa né rimandata a un dopo che non viene mai. Se si vuole aprire a tutti la costruzione di un partito nuovo con l´ambizione di governare questo nostro territorio, allora deve essere garantita a tutti, anche a chi è lontano dai circuiti interni e limitrofi ai partiti, di poter davvero partecipare finalmente a una discussione sul bilancio di questi dieci anni di governo di centrosinistra: cosa è andato male nel metodo e nel merito per produrre la crisi civile che viviamo e quali sono le condizioni per cambiare. Questa discussione – franca, argomentata e aperta - dovrebbe avvenire prima dell´elezione di un segretario regionale. Perché il suo stesso profilo personale e ogni suo compito futuro ne dipende. Com´è del tutto evidente. Certo non aiuta l´elezione contemporanea del segretario nazionale e di quello regionale. Ma il personale politico nostrano ci mette tutto il suo nell´esasperare la tendenza a dedicarsi solo all´asfittica rissa su nomi e schieramenti o su segrete mediazioni nel chiuso dei palazzi. In fondo è solo questo che vediamo da settimane. Per chi vuole davvero un processo aperto che avvicini società e politica è una battaglia davvero dura.

4 commenti:

Lucia Cirillo ha detto...

"E poi ognuno ha il suo mestiere e si affeziona al lavoro ben fatto anche se sempre ce ne è di migliore, com’è in ogni procedura artigianale… di cui la vita è fatta". E' questo che lei, gentile maestro, asserisce a conlusione della sua risposta in questo suo post. Come non condividere.
Eppure mi chiedo perchè mia madre, insegnante elementare in un quartiere difficile dell'interland, non fa altro da un pò di anni che contare i secondi che la separano dalla pensione. Le sue colleghe, anche quelle più giovani o con pochi anni di servizio, fanno altrettanto. Mi spiegano che non è una questione di qualità dei programmi, non è nemmeno la perdita della voglia di lavorare o il dover aderire a pur stimolanti progetti di cambiamento. Dicono che sono i bambini ad essere profondamente cambiati. Mi chiedo:ma che osservazione è? E' ovvio! Anzi per fortuna che questo accade. Spiegano meglio, precisano e osservano che sono le mamme dei bambini che "remano contro". Sono soprattutto le mamme degli strati più deboli ad essere motivatissime a battagliare per libri gratis, pasti gratis...(e poi guai a fare un richiamo ai bambini quando gli si fa notare un comportamento poco educato!)...salvo poi rimanere vittime della tirannia dei figli stessi per acquistare corredi scolastici dal valore imbarazzante, senza minimamente preoccuparsi di trasmenttere loro un ordine delle priorità.
Non lo so, forse si tratta di considerazioni un pò deboli e che non tengono conto di molte cose, ma mi hanno convinto se non altro del fatto che ciò che può vanificare anche totalmente l'efficacia di un percorso educativo può insinuarsi in un processo strisciante e spesso difficilmente "isolabile". Anche quando ci si è affezionati al lavoro ben fatto.
Buon lavoro a lei.
(Una che purtroppo ha ancora una visione"ombelicale" della vita)

Anonimo ha detto...

Una risposta a Marco Rossi Doria ( commento a La stancante schermaglia sui nomi, apparso su La Repubblica di domenica 9 settembre 2007)






“Le scuole del mondo vivono di cose effettive, vive; a volte buone altre no. E hanno anche bisogno di programmi… che non determinano, certo. Ma aiutano”. E’ sicuramente come dici tu, ma oggi quello che si riscontra anche ad una superficiale osservazione sui programmi scolastici è una insostenibile sociologizzazione insieme ad un impoverimento della qualità didattica, perché
tutti ( intendo tutti quelli che insegnano, me compreso), avvertono l’inutilità e l’inefficacia del trasferimento del sapere con queste modalità, questi mezzi, questi programmi. E’ come se si avvertisse a pelle che la scuola (e l’università pure) è scaduta e che il trasferimento del sapere e dellecompetenze la società sa che può ottenerlo e trovarlo attraverso altri canali, altri percorsi e sa pure che per avere quel sapere e quelle competenze bisogna pagare e pagare caro. Infatti i potenti e e le classi dirigenti fanno studiare i loro figli prima in prestigiosi colleges privati e successivamente in facoltose università straniere. La borghesia ( perché ce ne ancora una anche se un po’ più rozza di quella rappresentata da Musil e Mann) sa bene che una scuola seria si nutre di autorevolezza innanzitutto e poi di strutture efficienti e moderne, di laboratori, di biblioteche aggiornate aperte e funzionanti, di palestre e soprattutto di docenti motivati, ben pagati che sono considerati autorevoli proprio perché riconosciuti tali da quella borghesia . Non credo che l’attuale riforma Fioroni , come ho già scritto, sia differente più di tanto da quella della Moratti o da quelle che l’hanno preceduta e sostengo questo, perché manca il presupposto per fare in modo che una scuola ( e un’ università) sia credibile. Voglio dire che sono questi stessi politici a pensare che la scuola, questa scuola, vada aggiustata ogni tanto con leggine e programmi e i docenti accontentati nelle loro modeste richieste, modeste come la scuola di cui fanno parte. Una scuola pubblica ( e un ‘università) per i nuovi poveri, fatta da nuovi poveri nella quale non crede più nessuno: ne quelli che fanno le riforme, né i docenti che non hanno più legittimità, né gli studenti che sanno che con quelle nozioni e quelle competenze acquisite in questa scuola, non andranno da nessuna parte. Sono un pessimista battagliero come te e proprio per questo preferisco essere spietato e non consolatorio: invece di dare soldi all’industria e tagliare i fondi sulla scuola , università e sanità , non si è fatto il contrario? Semplicemente perché oggi in Italia- ma non solo- il mito berlusconiano/americano dell’efficienza produttiva e del selfmademanismo sta prima di tutto. Perché la gente preferisce come modello un ignorante rozzo pieno di soldi caciarone è televisivo, con ville e barche ad un agiato e benestante professore qualunque che sa greco e latino o anche classici e competenze scientifiche e se la gente preferisce questo è perché nessuno ha più sostenuto il contrario con forza. Uno dei motivi per cui prefersisco non dire nulla sul PD nascente è perché queste dinamiche sono presenti tutte in questa nuova- si fa per dire- creatura politica. La sinistra italiana, come la sinistra in occidente capitalistico, oggi è prigioniera di un blocco culturale: non può esser più pensato nulla che non graviti nell’orbita dell’ american way of life. Le nostre democrazie obbediscono (devono) ad un ordine economico che ha ritenuto obsoleto il welfarestate e indispensabile il liberismo selvaggio per la crecsita della società. Da anni a sinistra non si è visto più nessuno che dica e sotenga il contrario ed infatti i programmi politici della sinistra sono molto simili a quelli della destra. Lo sforzo politico serio da fare sarebbe quello di provare ad immaginare qualcosa che possa non rapportarsi più a questo modello. Se il comunismo statalistico e totalitario è stato finalmente sconfitto, se non c’è più una Unione Sovietica che veniva esibita come spauracchio si potrebbe anche cominciare a dire ormai che il capitalismo selvaggio globale produce danni incommensurabili all’ambiente e all’insieme della società, attraverso un impoverimento generale della società e degli uomini. Il progetto del PD, non mi interessa e io non andrò a votare, perché ritengo che oggi il miglior modo di fare politica attiva è quello di allontanarsi da questa politica e da questi giochini: i nomi, le candidature, la partecipazione della gente. Io, per mia deformazione culturale, finisco sempre per rimadare a qualche lettura .Ecco, in chiusura ti rimando ad un libretto di Vattimo edito da Fazi, si chiama Ecce Comu e forse sarà più chiaro tutto quello che ho scritto in questo post.

Franco Cuomo

http://interfaceworld.splinder.com/


Scusa la lunghezza.

Anonimo ha detto...

ed è per questo che ci assordano col loro nulla,se non fosse per il rumore non ci accorgeremmo neanche che in italia c'è un centrosinistra ed un centrodestra che più o meno si alternano al governo del paese!:o(((

mariad ha detto...

Il fatto che il PD sia aperto a tutti e a tutto genera confusioni.
Associazioni, insegnanti, volontariato e quant'altro sono utilissimi ma devono ragionare intorno a qlcsa. Quando sono andata all'assemblea nazionale dei segretari di partito, Fassino ha parlato per un'ora e mezzo ma non ha spiegato in maniera chiara cosa dovesse mai in concreto fare questo PD. E nemmeno Veltroni, aldilà delle enunciazioni di principio.
Sarebbe stato invece più semplice, forse, prima definire la strada che si vuole prendere mettendo chiaramente in primo piano le priorità del Paese, poi aprendo la porta a chi vuole entrare.
Per esempio io ancora non ho sentito dire, almeno nelle asemblee dei DS se si vuole andare incontro a un paese davvero svincolato dai dettami dei preti. O se si vuole seriamente prendere posizione sulla precarietà del lavoro.
In un senso o nell'altro dico, senza peli sulla lingua, senza pregiudizi di nessun tipo, facendo prevalere una linea piuttosto che un'altra, ma con chiarezza.
Probabilmente certe domande sul chi deve partecipare nessuno le farebbe più, e diventerebbe tutto più semplice.
Se a tutto ciò si mescola pure il fatto che per ora tutto sembra concentrarsi sul nome dei leader, allora si comincia ad essere davvero pessimisti sul futuro della nuova creatura politica: obiettivi confusi, solite facce = stessa minestra...