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27 marzo, 2012

Esquilino

Venerdì scorso ho passato la giornata nel rione Esquilino a Roma. Prima due scuole dell’infanzia: il Celio Azzurro, vivo esempio di integrazione tra culture e provenienze diverse, poi il nido comunale di San Gregorio al Celio. La capitale è piena di nidi, che sono esempio importante di presa in carico educativa, precoce, con modelli pensati soprattutto per l’uso degli spazi e per la cura del tempo disteso e anche di riflessione fatta tra operatori e con i genitori. Due ambienti bellissimi per i più piccoli. Poi all’Istituto di Lingue Orientali dell’Università La Sapienza, dove ho incontrato i superstiti di Hiroshima e di Nagasaki in un’aula magna gremita di studenti. Ho conosciuto il Progetto di Mediazione Sociale attivo nel mercato dell’Esquilino. Si parla con la gente, si cercano soluzioni insieme. Anche in tema di educazione permanente – life long learning: le persone del mondo che arrivano in Italia vogliono spesso ricominciare a studiare, ad apprendere, a imparare nuove professioni, a sapere bene l’italiano, a usare i nuovi media. Poi alla scuola media Di Donato, dove in un’assemblea con insegnanti e genitori ci siamo confrontati sui problemi che abbiamo davanti e su come fare fronte. Tutte realtà aperte al mondo, dove l’impegno civico tende la mano al progetto educativo. Spazi aperti al territorio, esempi positivi dove ci si rimbocca le maniche e a volte si tiene duro. Non ho sentito lamentele, ma tante buone ragioni, quelle sì. E’ questa la cosa più bella della gente di scuola.

Un video sulla scuola Di Donato

Le foto della visita al rione Esquilino 

27 gennaio, 2012

Memoria e futuro

Sono giorni dedicati alla memoria storica. Poche settimane fa il ministro Profumo ha accompagnato una delegazione di studenti ad Auschwitz. Oggi si terrà la celebrazione ufficiale della Giornata della Memoria al Quirinale. La memoria della Shoah, ma non solo. Anche del Porrajmos, lo sterminio di centinaia di migliaia di rom e sinti deportati nei campi nazisti.
L’antisemitismo ancora striscia e colpisce in Europa come altrove. Ma più evidente anche nel nostro Paese è la paura e il pregiudizio che accompagna la presenza di comunità nomadi arrivate dall’Est. Che non aiuta e a volte esplicitamente ostacola la tutela di alcuni diritti fondamentali e i processi di integrazione.
Sono 150.000 persone, ormai in gran parte cittadini comunitari, ben 70.000 cittadini italiani. Ma vivono tragedie quotidiane su cui i riflettori si accendono soltanto quando i campi vengono dati a fuoco, per dolo o incidente, quando muoiono bambini senza colpe, quando la rabbia esplode feroce e insensata.
Le celebrazioni, si sa, non servono a granché se fini a loro stesse. Ma inserite in un quadro di azione, di rinnovata presenza istituzionale e di impegno concreto possono lasciare un segno.
E quindi non è un caso che proprio martedì si sia riunito per la prima volta un tavolo permanente interministeriale sulle comunità rom, sinti e camminanti. Dal welfare all’istruzione, dalla pubblica sicurezza alla sanità, il Governo dà vita a un’azione organica e continuativa che punta sia alla soluzione delle emergenze, sia ad impostare un lavoro a lungo termine per l’integrazione e il rispetto dei diritti umani. E a presentare alla Commissione Europea entro il 28 Febbraio il piano strategico nazionale per l’integrazione dei rom.
L’indegno trattamento che riserviamo ai rom nel nostro Paese non è una percezione del ministro Riccardi o di questo Governo, ma un fatto tristemente riconosciuto dalle istituzioni internazionali: il documento pubblicato il 24 gennaio dalla Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa, l’organismo che vigila sull’applicazione della Carta sociale europea da parte degli Stati membri, denuncia che in Italia ancora non vengono garantiti ai rom alcuni diritti, fra cui quello all’abitazione. Non è il primo richiamo ufficiale che riceviamo. E’ il momento di agire in modo deciso e adeguato. A partire dal fatto che la metà dei rom presenti in Italia sono minori di 18 anni. Non possiamo che partire da loro. Da loro a scuola.

04 gennaio, 2012

Di più a chi ha di meno. Da Sud a Nord.

Invertire la rotta dell’innovazione. Da Sud a Nord, e a partire dalle scuole. E’ questa la sfida a cui stiamo lavorando con il Governo.
Avevo già parlato qui del Piano Azione Coesione: in accordo con le quattro Regioni del Sud, si riprogramma la destinazione dei fondi europei per la lotta alla dispersione scolastica, per l’edilizia e l’innovazione tecnologica. Riprendo questo tema, allargando il campo alle prospettive future, nell’intervista di oggi sul Mattino.
La sfida è ambiziosa e al tempo stesso percorribile anche in tempi brevi e con le risorse a disposizione. Si tratta di scelte strategiche che legano lo sviluppo alla coesione e all’equità. Che puntano a colmare i divari esistenti, a dare una chance  vera a chi parte svantaggiato. Non con interventi improvvisati e dall’alto, ma a partire da quello che già c’è e che serve valorizzare.
Sull’infanzia “precaria” nelle aree difficili del nostro Sud, ho ragionato più estesamente su Napoli Città Sociale.