Sono giorni dedicati alla memoria storica. Poche settimane fa il ministro Profumo ha accompagnato una delegazione di studenti ad Auschwitz. Oggi si terrà la celebrazione ufficiale della Giornata della Memoria al Quirinale. La memoria della Shoah, ma non solo. Anche del Porrajmos, lo sterminio di centinaia di migliaia di rom e sinti deportati nei campi nazisti.
L’antisemitismo ancora striscia e colpisce in Europa come altrove. Ma più evidente anche nel nostro Paese è la paura e il pregiudizio che accompagna la presenza di comunità nomadi arrivate dall’Est. Che non aiuta e a volte esplicitamente ostacola la tutela di alcuni diritti fondamentali e i processi di integrazione.
Sono 150.000 persone, ormai in gran parte cittadini comunitari, ben 70.000 cittadini italiani. Ma vivono
tragedie quotidiane su cui i riflettori si accendono soltanto quando i campi vengono dati a fuoco, per dolo o incidente, quando muoiono bambini senza colpe, quando la rabbia esplode feroce e insensata.
Le celebrazioni, si sa, non servono a granché se fini a loro stesse. Ma inserite in un quadro di azione, di rinnovata presenza istituzionale e di impegno concreto possono lasciare un segno.
E quindi non è un caso che proprio martedì si sia riunito per la prima volta un
tavolo permanente interministeriale sulle comunità rom, sinti e camminanti. Dal welfare all’istruzione, dalla pubblica sicurezza alla sanità, il Governo dà vita a un’azione organica e continuativa che punta sia alla soluzione delle emergenze, sia ad impostare un lavoro a lungo termine per l’integrazione e il rispetto dei diritti umani. E a presentare alla Commissione Europea entro il 28 Febbraio il piano strategico nazionale per l’integrazione dei rom.
L’indegno trattamento che riserviamo ai rom nel nostro Paese non è una percezione del ministro Riccardi o di questo Governo, ma un fatto tristemente riconosciuto dalle istituzioni internazionali: il documento pubblicato il 24 gennaio dalla Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa, l’organismo che vigila sull’applicazione della Carta sociale europea da parte degli Stati membri, denuncia che in Italia ancora non vengono garantiti ai rom alcuni diritti, fra cui quello all’abitazione. Non è il primo richiamo ufficiale che riceviamo. E’ il momento di agire in modo deciso e adeguato. A partire dal fatto che la metà dei rom presenti in Italia sono minori di 18 anni. Non possiamo che partire da loro. Da loro a scuola.