13 ottobre, 2007

Cronache di una festa della democrazia

Questa “festa della democrazia” del Pd è divenuta davvero l’ennesima brutta storia campana. A un giorno dall’inizio del voto c’è il pericolo di una lunga notte di conta basata sul sospetto, la contrapposizione dura, la rissa. Tanto è vero che è stato nominato un commissario nazionale, unico caso italiano. E già si è visto che la logica della guerra, imperante, ha prodotto alcune aberrazioni procedurali. La lista dei seggi, uscita in enorme ritardo, con le sezioni elettorali non sempre precisamente indicate e che sono spesso anche senza indirizzo, sfavorisce il voto libero e di opinione (ci va chi già sa). Vi è, in taluni casi, addirittura la sparizione di alcuni seggi perché in sedi non idonee o perché le associazioni titolari non sono mai state avvisate o non sono d’accordo ad assolvere tale funzione.
Non è disorganizzazione. E’ il risultato della spartizione territoriale selvaggia – “questo a me e questo a te” – in cui è implicito che il seggio non è luogo neutro e di “festa della democrazia” ma, invece, appartiene a una fazione in lotta ed è dunque potenziale luogo di controllo se non di possibile arbitrio. Ieri mattina un seggio del collegio dove sono capolista è risultato non essere mai stato disponibile: evidentemente qualche big di qualche lista aveva imposto una qualsiasi sede purché fosse in un territorio di presunta influenza a svantaggio della concorde e oculata indicazione di una sede possibile per tutti. Altre volte la mediazione su dove votare ha addirittura portato a indicare come luogo le scuole pubbliche, posto che dovrebbe tassativamente stare fuori da questa mischia, non trattandosi di un confronto per l’elezione di rappresentanti nelle istituzioni della Repubblica ma di una vicenda di partito.
C’è un’aria incattivita, piena di astio, risentimento. Ciò sporca la corsa a ogni passo, legittima tutti coloro che non sono interessate a costruire una casa comune ma che vogliono imporre una nuova influenza sulle vicende future in termini di posizioni, candidature, ambiti di controllo su apparati e pubbliche istituzioni.
Ieri sera sono stato a Torre Annunziata, da vecchi amici: il clima di presidio fazioso dei singoli seggi era impressionante. E il locale responsabile della associazione per il Pd era sull’allerta anche per altri inquinamenti perché è “peggio delle elezioni comunali o regionali”.
Si ripete, insomma, peggiorato, lo spettacolo già visto per l’ammissione delle liste. E di nuovo fanno eccezione le liste più lontane dai potentati e improntate al volontariato politico: Adinolfi, Bindi, Letta. Sono i vasi di coccio presi tra i vasi di ferro, coloro che hanno preso in parola la promessa del Pd e qui si sono trovati nel mezzo di ben altra guerra.
Alla fine c’è più che il rischio che il 14 ottobre – nella lunga cronaca di una stagione di declino politico della nostra regione e della nostra città – sarà ricordato per i cocci della partecipazione infranti e per il rumore dello scontro tra i vasi di ferro. Rumore tanto assordante quanto vuoto: perché non contiene né contenuti e programmi, né nuovo metodo, né nuovo stile né nuove persone.
E nello scrivere un giorno tale storia si dovranno constatare tre evidenze.
In primo luogo la faziosità è concentrata nella feroce contrapposizione tra le liste che vedono le truppe unite intorno alla diarchia De Mita-Bassolino in lotta con coloro - tutti ex servi o ineffabili alleati o dell’uno o dell’altro o di entrambi - che hanno scelto il 14 ottobre come data della battaglia per disarcionare questa diarchia.
In secondo luogo entrambi gli schieramenti contendenti, a loro volta assai compositi e confusi al loro interno, stanno combattendo non la battaglia per una nuova casa comune entro cui elaborare le risposte politiche alle esigenze di questa parte del Paese, bensì, appunto, quella per le future poltrone e la relativa gestione delle risorse pubbliche.
In terzo luogo tale lotta tra liste regionali ha luogo a sostegno del medesimo candidato nazionale, annunciato vincitore, Walter Veltroni. E, nello scrivere tale storia ci si domanderà: fu colpa di Walter? Certamente sì nella misura in cui egli non ha voluto indicare la urgenza di una sola lista o almeno di criteri e di una qualche forma di supervisione tale da placare o contenere tale battaglia all’ultimo sangue. Ma è soprattutto colpa locale. De Mita e Bassolino hanno usato e abusato di un metodo che hanno insegnato e imposto ovunque; hanno seminato vento per quindici anni; e raccolgono tempesta. Non c’è buona politica né da un lato né dall’altro. E tutto intorno suona di nuovo la solita triste musica del trasformismo meridionale, vecchio come il cucco, che vede i potentati posizionarsi sempre dietro ai forti ora a difesa dei propri territori di potere ora all’assalto di quelli altrui.
Le persone, come il sottoscritto e molti altri, che in queste settimane hanno deciso di misurarsi direttamente con i processi democratici annunciati, ben sapendo che non corrispondevano a quelli realmente in campo, mettendoci la faccia pubblicamente, hanno il dovere – oltre che il diritto – di indignarsi, proporre ostinatamente un altro metodo, richiamare ai contenuti, alle proposte. Alla buona politica. E all’antica battaglia democratica per la decenza pubblica nel Mezzogiorno d’Italia. Per quanto sia faticoso.

6 commenti:

Pietro Spina ha detto...

a quanto pare hanno proprio fatto la "festa alla democrazia".
mi verrebbe da dire "chi per certi mari va certi pesci piglia"...
ma il tentativo di marcorossidoria-bindi ecc. ha qualcosa di eroico nella sua ostinata buona fede che me lo rende simpatico.
se non altro, mi conforta sapere che molti continuano a dare un senso alla parola democrazia.
in bocca al lupo (e visto che ci andrete davvero nella bocca del lupo, speriamo che crepi davvero).

Pietro Spina ha detto...

o per lo meno che si annozzi un poco...

mariad ha detto...

E' vero è stata una guerra senza quartiere. Lo so bene poichè Mario ha perso tutta la settimana per organizzare i seggi, avere i documenti necessari al voto,ecc.. dopo averne già persa una precedentemente dietro alle liste in formazione.
Dico persa perchè si cambiavano le cose dalla sera alla mattina in una girandola di cose dette e contraddette. Quando, in un clima di chiarezza e onestà intellettuale si poteva risolvere tutto in poche ore.
E il nostro candidato locale, a cui era stato promesso il 3 posto, occupa solo il 6 in una lista regionale nella quale c'è la peggiore specie della vecchia dc, quella parte incardinata nella sanità che sta facendo incetta di preferenze manco si dovesse accaparrare un posto da Ministro in Parlamento.

Solo chi ha vissuto in prima persona questa fase sa quanto casino ci sia dietro il PD della Campania e quante notti dai lunghi coltelli!

Certo, a urne chiuse ci vorrà l'impegno totale della parte sana che c'è nel nuovo PD, a prescindere dalle liste, è fondamentale la volontà di nn demordere. Riuscire a scalfire i vasi di ferro mi sembra di vitale importanza, ben sapendo che nemmeno il ferro è indistruttibile, anzi tutt'altro.

dword2 ha detto...

salve professore non so se si ricorda
ma sono un alunno del 1 circolo
di torre annunziata e passato tanto tempo comunque complimenti per la politica vorrei tanto salutarla
e molto cambiato dal professore
alto e snello e bravo che tempi belli
il mio indirizzo e oliva_94@hotmail.com un saluto!!!!

Anonimo ha detto...

Come sono patetiche queste considerazioni e soprattutto stonate: tutti quelli che hanno partecipato sapevano bene che non sarebbero andati da nessuna parte e Mariad si meraviglia della sorte toccata al candidato locale e marcorossidora/bindi ha scoperto dopo che quello che è successo in campania è il risultato selvaggio della spartizione del potere. Sapete cosa vi risponde il sottoscritto: SIETE COMPLICI!!!!! Lo sapevate sin dall'inizio che sarebbe andata così, sapevate sin dall'inizio che le candidature erano bloccate e non erano state decise con un consenso assebleare, perchè OK si può anche decidere di far andare solo i primi due, ma a deciderlo bisogna farlo insieme, cioè partire dal basso, non come è stato invece fatto con dictat da voltastomaco dall'alto.Domenica mattina Ginette Fermariello mi chiedeva di darmi un pizzico sulla pancia e andare a votare. Le ho risposto di no, io la mia delega non la do più a nessuno, meno che mai a "quella parte incardinata nella sanità che sta facendo incetta di preferenze manco si dovesse accaparrare un posto da Ministro in Parlamento", per usare le parole di Mariad.
VERGOGNA!!!!VERGOGNA!!!VERGOGNA!!!! Altro che Partito Democratico. La democrazia rappresentativa è morta al suo posto c'è una democrazia autoritaria di censo ovvero una oligarchia plutocratica che si autoleggittima attraverso finti giochi democratici: i cittadini veri, quelli che hanno problemi reali, i cittadini che devono arrivare a fine mese e si scontrano con l'inefficienza e i disservizi di questo paese italia sono tutti in balia di questi squali del potere. Ha detto bene Pietro Spina "hanno fatto la festa alla democrazia" altro che festa della democrazia.
E ora tutti a meravigliarsi. Sono fiero di non andare più a votare, sono fiero di essere un antipolitico se la politica è tutto questo,ma soprattutto non mi sento complice.

mariad ha detto...

franco no, non mi sento per niente complice in tutta sta bagarre, come nn può sentirsi complice nessuno che abbia partecipato da candidato, simpatizzante o elettore avendo colto le ragioni profonde che hanno portato alla nascita di questo nuovo partito.
Le primarie in Campania nn possono assolutamente inficiare la bontà del progetto nazionale, che a mio avviso al momento rimane l'unico degno di attenzione.
Non si può sanare da un giorno all'altro una situazione di siffatta gravità, ma se il PD saprà realizzare quello per cui lo abbiamo fatto nascere, forse anche per Napoli e dintorni ci sono delle possibilità.
Altrimenti stiamo davvero inguaiati, visto che nn mi pare di aver visto in giro nessuna formazione politica di "sinistra" o similare in grado di vincere le elezioni, governare L'Italia e toglierci dal pantano.
Per questo sono andata a votare alle primarie e per questo continuerò a votare tutte le volte che lo riterrò utile.