20 gennaio, 2008

Riparazione e misura

Mentre i rifiuti per strada hanno superato le 250.000 tonnellate, escono i dati Istat sulle condizioni economiche delle famiglie italiane. E proprio la Campania conferma la percentuale più alta d’Italia di famiglie in difficoltà a sostenersi. Che, in generale, sono in aumento.
Bisogna capire come e perché ha luogo questa deriva che produce ingiustizia ulteriore in una società ingiusta. La commissione di indagine sull’esclusione sociale sta organizzando per la primavera una conferenza a Palermo su questo. Che tenga insieme studiosi e operatori sul campo. Intanto, avrà luogo il 9 e 10 febbraio, qui da noi, la riflessione del Cantiere Sociale Napoli a cui è importante partecipare.
Analizzare bene i fenomeni di degrado, frammentazione ed esclusione sociale che ci riguardano - attraverso il dibattito pubblico fondato su dati e analisi accorte - è un ingrediente essenziale della tenuta democratica. Sto personalmente lavorando a meglio definire la relazione diretta tra indici di povertà e tassi di dispersione scolastica. Zona per zona, nel Mezzogiorno e in Italia. C’è bisogno di conoscenze migliori per cercare di attivare migliori politiche di contrasto. E per criticare quelle che non funzionano. Intanto continua, imperterrito, lo spettacolo miserevole – Mastella, Cuffaro, la giostra caotica sulla legge elettorale – che è afono rispetto a questi temi.

E poi ci sono queste nostre parti… Mah, in questi giorni mi viene solo da dire grazie a Daniela che costruisce un selettore quotidiano, intelligente e non ideologico, degli elementi utili ad orientarsi tra i detriti fisici e politici di questa povera città, entro un quadro di enorme confusione, in cui trovare la strada - andando al di là della mera indignazione generale - è davvero difficile.
Il punto comunque è che la politica, qui ancor più che altrove, è talmente autocentrata che ormai minaccia, con cupa perseveranza, la tenuta stessa delle procedure e delle istituzioni democratiche. Perché ne avvilisce senso e funzioni, sempre più in palese, stridente contrasto con ogni cosa che tocca la vita vera dei cittadini. Insomma cresce una drammatica voragine tra la vita e la società da un lato e la politica dall'altro. Quando ciò accade è pericoloso. Più per i diritti e i cittadini che per i politici. Lo è sempre stato nella storia.
E’ perché sento, come tanti, il peso devastante di questa voragine che ho scomodato un’antica categoria: la riparazione. Tikkun in ebraico. E penso che dobbiamo certamente batterci contro i maggiori responsabili di questo stato di cose ma, intanto, fare, in positivo, la nostra parte. Perciò sostengo la proposta differenziamoci su cui si è ieri volantinato anche alla manifestazione di Legambiente. E’ un segnale piccolo eppure simbolicamente forte di riparazione civica, di tikkun, appunto, su cui impegnarsi.
Ma più in generale è tempo di discutere e contrastare i pericoli quotidiani, anche minuti, di sfilacciamento della coesione sociale e della speranza comunitaria. Che crescono in città. Tanto è vero che c’è depressione diffusa. Tanto è vero che sono in picchiata gli investimenti privati in tutti i settori economici. Tanto è vero che aumentano sempre più le conversazioni comuni che hanno per tema l’emigrare, l’andarsene di qui: tra gli adulti che hanno lavoro e ruoli sociali anche consolidati così come tra i giovani appena diplomati o laureati ma anche tra i ragazzi che non hanno né lavoro né qualifiche.
Perciò va fatta una riflessione anche sulla categoria della misura – nel senso di moderazione, temperanza – nell’uso degli spazi pubblici.
E, nel mio piccolo, su una nuova misura anche in questo blog. Sia chiaro: non sono turbato dagli insulti personali. La ricorrente insinuazione che io non lavori l’avevo già affrontata altre volte, anche in campagna elettorale, fornendo con calma informazioni su cosa ho fatto nella vita, cosa faccio, dove e con quale stipendio. E non mi hanno meravigliato né escludo che vi sia una regìa. Anche il commentare andando completamente fuori dai temi qui proposti o l’astio offensivo incrociato – modi peraltro assai diffusi nel web partenopeo - li avevo già notati come portati della penuria di spazi pubblici ed esercizio nel dibattere a Napoli. E però oggi lo sfilacciarsi della comunità, la ulteriore caduta di senso dei limiti e l’eclissi di procedure suggeriscono regole più chiare. Anche in un piccolo spazio come questo. L’elettricista ha dato un segnale. Che il titolare condivide. E se vi è stato qualche taglio eccessivo ripareremo. Ma al segnale seguirà a breve un nuovo format. Liberale ma con confini.

16 gennaio, 2008

Game over

Non ho voglia ora di commentare le vicende Mastella, Udeur. Che si sommano a una drammatica incapacità politica generale e al poco senso dello stato da tutti i lati. Pericoloso. Le vicende che disarticolano tutto e tutti vanno solo seguite, per ora. E per ciò che riguarda la roba giudiziaria – lo dico davvero – sono tutti innocenti fino a prova contraria. Anche se non ci sono mai piaciuti neanche un po’.
Ma in ogni caso, quali che siano le vicende che vedremo a breve con le inevitabili code, è davvero chiuso il ciclo politico campano che passerà sotto il nome di Antonio Bassolino. E rischia di morire Sansone con tutti i filistei.

E dovremo tutti di nuovo capire come esserci in questi nostri luoghi. In positivo. Difficilissimo. Ognuno ha, come è giusto, i suoi modi per stare nelle cose. Ma è quasi inevitabile che avremo tutti dei compiti – come cittadini dei luoghi, appunto. A cui vogliamo bene e per i quali lavoriamo con cura e dedizione da sempre. Ben al di là delle forme della politica. Che pure sono un tema.
Tikkun: questa è la parola ebraica per “riparazione”. Tikkun è la principale funzione di tutte le persone libere e responsabili. In questo mondo. E ce ne è da riparare! Nei prossimi anni. E’ questo che vale per tutti e per ciascuno. Come dopo le guerre o i terremoti. Raccogliere immediatamente e come si può la monnezza – che è diventato il simbolo e la sostanza del disastro epocale della nostra regione - e, insieme, agire, per produrre meno rifiuti, per promuovere raccolta differenziata; localizzare e gestire bene le discariche con l’accordo delle popolazioni e realizzare impianti moderni di smaltimento ai diversi livelli. Ma poi – e su tutti i temi della vita comune - ricreare i legami virtuosi tra decisori e competenze nella gestione dei territori e promuovere democrazia partecipativa insieme al rinnovamento della rappresentanza. Rinnovamento nelle persone e nelle generazioni, nel lessico, nel metodo, nelle priorità. E anche nei modi, nello stile.
Un’opera titanica.
Per questo lavoro lento, faticoso e ingrato quelli che fin qui hanno guidato la cosa pubblica da queste parti – anche i valvassini e i puledri scalcianti - non sono più candidabili.

14 gennaio, 2008

Differenziamoci

Sono passato dal consiglio comunale di oggi, per vedere. Ancora non so cosa si stia discutendo, ma fuori, tra persone che sono espressione di vari e diversi modi di vivere nella città, si parla di altro. Si parla di cosa si può fare subito e in concreto.
Sta girando l'idea di un'iniziativa pubblica per affrontare i problemi. Un'occasione per ripartire, un'occasione per differenziarsi.
Un’iniziativa rivolta ai napoletani pronti a fare la propria parte per uscire dalla eterna emergenza rifiuti.
Per spezzare il senso di impotenza.
Per avere voce e visibilità.

Vogliamo dire al mondo che a Napoli ci sono cittadini attivi, che chiedono solo di essere coinvolti nelle decisioni e che cominceranno, comunque, oggi, a fare la raccolta differenziata. E pretendono che le istituzioni ci permettano di farla bene garantendo che tutto ciò che viene differenziato sia smaltito correttamente.
Un modo di protestare proponendo, che mette in primo piano la responsabilità personale di ognuno e la disponibilità al dialogo.

Vogliamo togliere ogni alibi alle autorità, vogliamo politici e amministratori che fanno bene il loro mestiere, affrontano i problemi con passione civile e competenza, verificano i risultati di scelte e azioni di governo.
Un messaggio contro menefreghismo, violenza e indifferenza, che a modo loro contribuiscono a distruggere la città. Contro l’allergia napoletana alle regole del vivere civile.
Per ricostruire la vita democratica.
Vogliamo dire, con un gesto simbolico, che non sopportiamo più la monnezza, che è oggi lo specchio di quell’insieme indifferenziato di incapacità, affarismo, autoreferenzialità e fatalismo in cui sta affondando la città.

Domenica 27 gennaio, vieni di mattina in piazza del Plebiscito e porta la tua plastica. Basta anche una sola cosa…
 Faremo insieme la prima Montagna differenziata
. Ci scambieremo informazioni sul ciclo dei rifiuti, proposte, idee e testimonianze. Tra cittadini.

Tutti saranno ben accolti, tranne i facinorosi e quanti ricoprono incarichi istituzionali. Ai governanti - soprattutto in questo momento - non chiediamo dichiarazioni, ma di lavorare in silenzio, di provare (almeno ora) a onorare il loro ruolo.


Per conoscere i dettagli organizzativi e per aderire facciamo riferimento al sito curato da daniela.

11 gennaio, 2008

Una tempesta spira

Ci avviluppa un’aria terribile, da 8 settembre alla diossina. Il fallimento del centro-sinistra campano, dalla cui constatazione partì anche l’esperienza di Decidiamo insieme, forse prima del tempo, oggi vuole trascinare tutto con sé.
I governanti di centro-sinistra, dopo 14 anni, saranno ricordati solo per questo disastro. Sì, d’accordo, si devono chiedere anche le loro dimissioni. E molti di noi lo abbiamo già fatto, oltre un anno fa.
Ma il punto è che la loro fine già è. Semplicemente. E ci vogliono trascinare con loro. Ed è la fine di tutta quella politica, dei suoi termini, del suo metodo, dei suoi linguaggi. Tutta intera. Come dopo Weimar. E riguarda Napoli ma anche oltre. Dichiarare la morte evidente di una politica oltre che dei suoi protagonisti - a partire certamente da chi qui ha governato – è dunque un banale atto dovuto. Non basta. Non coglie più il punto. E c’è un bisogno – e anche una voglia, se non ancora una volontà – diffuse, crescenti, di reazione. E’ su questa che dobbiamo ora contare. Ma in modo nuovo.
E’ questo il punto: ripartire. Noi. Lontano da costoro al di là del loro destino, già segnato. Perché, altrimenti, il nuovo padrone sostituirà l’antico. Senza nulla cambiare. E verranno solo altri viceré, prima osannati e poi… Lo abbiamo già visto. Abbiamo già dato.
E mi viene in mente, come a ogni giro di boa di questa città, il noto passaggio di Walter Benjamin:
C'è un quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è cosi forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo...
Penso che si possa lavorare a una reattività a partire dal disastro. C’è da seguire la “tempesta che spira”. Da accompagnarla. Sarà faticoso. Ma è possibile. Forme nuove, confronto. Ma subito proposte immediate e realizzabili. Oggi su decidiamoinsieme c’è una proposta che sta girando e che si chiama semplicemente: differenziamoci. E’ una cosa buona. E’ concreta. E ci si sta lavorando. Partiamo da questa.

06 gennaio, 2008

Diario dell’epifania


Sta finendo l’epifania, che ogni festa porta via. Sono passati undici anni dalla chiusura, dopo oltre quarantanni di uso selvaggio, della discarica di Contrada Pisani, allora annunciata come l’inizio di una nuova era da Antonio Bassolino…
La natura in questi undici anni aveva comunque fatto il suo corso e lentamente “assorbito” i rifiuti dei decenni passati trasformandone parte in gas parte in acque inquinate che da tempo hanno invaso le falde a valle. “Assorbito”: con gli anni il livello dei rifiuti è sceso di ben 14 metri. E – si dice ora – ha fatto nuovo spazio. Per allestire il quale si approntano adesso i soliti teloni di plastica che copriranno il terreno da cui pure l’acqua proveniente dagli antichi sversamenti da sotto continua ad uscire, complicando il piano delle operazioni. Ammesso che i camion passeranno avendo la polizia sgombrato tutte le vie di accesso. Comunque lì vi dovrà essere il puro e semplice svuotamento, come negli anni cinquanta o sessanta, dei camion di immondizia indifferenziata. Perché luoghi di differenziazione non ve ne sono. E neanche di raccolta pura e semplice. Tanto che oggi per strada ci sono 100.000 tonnellate di monnezza e se ne aggiungono 5.000 almeno al giorno.
Quarto – che confina con Pianura – stamattina era isolata da blocchi stradali mentre intorno alla discarica che si vuole riaprire continuano a singhiozzo gli scontri. Altri scontri scoppiano a Pozzuoli da ieri. E anche a S. Giorgio che aveva avuto una storia seria di differenziazione partecipata finita in un cul de sac grazie alle mancate politiche regionali.
Piove a dirotto e così si stanno spengendo i roghi alla diossina che erano un po’ ovunque. Ovunque ma in genere nelle periferie e nell’hinterland anche fuori del comune di Napoli, in particolare verso il casertano e nella zona vesuviana. Numeri di fuochi maggiori dove più alti sono i cumuli d’immondizia. Non è la protesta a fare attizzare i fuochi o la “colpevole irresponsabilità” – come ancora ieri l’ha chiamato il Signor Presidente. E’ l’ignoranza sospinta, però, da un’urgenza vera che non è eliminabile con i richiami illuministici. La gente non sopporta il tanfo. Se ci passi anche a venti metri ti sale il conato di vomito. E le case e spesso i negozi sono bloccati da queste montagne, a volte alte fino a tre metri. La gente vede i topi. Pensa alle malattie. E non registra che la diossina sprigionata nell’aria è peggio. Perciò soprattutto i giovani scendono di notte e appiccano il fuoco. Ora la pioggia fa abbassare le montagne di monnezza e fa scendere plastica e rifiuti leggeri nei tombini. Che si intasano e creano laghi maleodoranti che prendono tutta la strada. Le macchine passano e schizzano i passanti. Ma la diossina nell’aria diminuisce.
E la pioggia non ha impedito che stamattina si tenesse una messa all’aperto alquanto affollata e oggi un grosso corteo dei comitati civici del quartiere a Pianura dove le associazioni d’ispirazione parrocchiale, anche moderate, avevano già indetto il corteo di ieri pomeriggio che aveva visto circa 4000 partecipanti – molte donne, famiglie intere, persone di ogni età, ben vestite, serie - tutti convinti di non volere riaprire la discarica ma anche di distinguersi dagli artefici degli scontri di questi giorni che hanno visto sassaiole ben organizzate, la costruzione rapida di blocchi e barricate, il lancio di molotov. Gli artefici degli scontri, quasi solo giovani, in effetti, pare siano una specie di minestrone unito dalla rabbiosa alterità al sistema: qualche black block, giovani di alcuni centri sociali, gruppi estremi del tifo calcistico, qualche estremista di destra ma anche semplici giovani locali, infuriati. La camorra, secondo vari negozianti e cittadini partecipanti al corteo pacifico o alla messa di stamani, preme per la riapertura della discarica fino alle minacce. La chiesa – attraverso l’autorevole voce e l’insieme delle posture del cardinale Sepe - sembra voler assumere il compito di una presenza diretta e tale da occupare spazio pubblico di fronte all’eclissi della politica. Pare, insomma, voler dire che non è un partito ma che, di fronte a una crisi prolungata di credibilità del ceto politico e al pericolo reale di scollamento della comunità, la chiesa è una entità forte che deve comunque fare da sponda e marcare la presenza dalla parte dei cittadini. Non è solidarnosc ma non è neanche la predica solita al chiuso della messa domenicale. E, francamente mi pare una presenza almeno utile in questo marasma.
E’ l’Epifania. I giri per i regali sono finiti. In città c’è un senso di ritiro e di vergogna o pena collettive che aumenta con la lettura delle prime pagine dei giornali nazionali e dei tg che ci trattano come un fenomeno etnico, terribile ma irrimediabile. La figura conta. E questa è la peggiore da molti decenni. Anche perché si ripete a distanza di un anno. La gente sta a casa. La depressione negli ultimi mesi si è nutrita di ogni possibile fallimento collettivo. Tra tanti cittadini impegnati tutto è parso confermare un trend negativo, che uccide le speranze della città: i dati sulla povertà, i continui scandali tra gli amministratori, il carattere perenne delle guerre di camorra, l’aumento dei fatturati da ecomafie fino alla cifra record di 45 miliardi di euro, la continua incomprensibile litigiosità tra politici fino alla pessima gestione delle locali primarie del Pd con i brogli e le risse a più non posso. Ci sono le foto di prima pagina dei giornali internazionali e nazionali, le telefonate degli amici lontani dall’Italia che chiedono. Cose che fanno male. E poi sullo sfondo – come all’orizzonte dell’immondizia che brucia per le strade – ben oltre l’emergenza immedaita di ora, ci sono, nelle discariche già chiuse, in giro, quindicimila ecoballe che eco non sono. Che cosa se ne farà? Quando? Come? E ancora: le decine di siti segreti con i rifiuti tossici. Il cancro che aumenta. Vale la pena crescere qui i figli?
Ora ci sono queste centomila tonnellate di rifiuti in giro. Avevo già l’anno scorso chiesto le dimissioni dei responsabili. E penso ancora che se non se ne vanno non vi sarà alcuna credibilità delle istituzioni preposte a toglierci da questo disastro. C’è bisogno infatti di partecipazione. E dunque di un minimo di dialogo e di fiducia. Con costoro mi pare improbabile. Un elemento che va oltre la politica rende difficile dare credito effettivo a chi qui governa.
Ma intanto, devono essere tolte queste tonnellate di roba da in mezzo alle strade. Intanto. E questa è una questione prioritaria. E bisogno fare i conti con i passi pratici, concreti, per togliersi da questa situazione. E allora le dimissioni o meno diventano quasi secondarie o restano sullo sfondo. Ci voglioni i gesti. Quelli dovuti. Il Consiglio comunale va o no subito convocato? Perché non si è fatto ancora? Si può andare a parlare davvero a Pianura con i cittadini, come amministrazione o lo si lascia ai preti e ai poliziotti o lo si deve solo annunciare? Se si deve proprio riaprire pianura lo si può fare a termine e a termine breve? Ma c’è anche qualche altra opzione, vera? Si possono aggiungere altri siti e quali? Si può chiedere umilmente aiuto al resto d’Italia? Può essere tutta questa una riflessione civile e alla luce del sole o tutto, come per Pianura, deve essere deciso nelle segrete stanze? Possono essere trovati a breve sette o otto luoghi per trattare la parte trattabile della monnezza napoletana, diminuirne volume e in un tempo utile? Si può chiedere una cosa straordinaria, come quando c’è un terremoto, al governo affinché tutto ciò sia facilitato con fondi e procedure in grado di aggredire l’emergenza? Si può partire da una prima seria raccolta differenziata come avviene da tempo in alcuni comuni campani e concentrarsi sull’organico e creare in tempoi record anche degli impianti di compostaggio? Ci vuole un moto in tal senso. E forse le manifestazioni pacifiche a Pianura di questa notte aiutano. Ma è tutto molto complicato.

L'illustrazione viene da qui ed è il retro di questi auguri.

05 gennaio, 2008

Quando il Palazzo si chiude in sé stesso

Questa ennesima onda di crisi che riporta il nostro normale quotidiano nelle cronache nazionali è un disastro triste; un lutto comune; una vergogna di cui ci si vergogna; che si ripete. E la nostra parte di responsabilità va trovata; e va raccontata quella, ben più pesante, di chi è stato padrone delle decisioni fatte. Come dirlo? Ci ho provato a scriverne, a fatica su Repubblica Napoli e lo riporto qui. Nel frattempo su Decidiamo Insieme, Daniela raccoglie notizie e commenti nel modo più accurato e utile.

Si è riaperta la discarica di Pianura. È uno di quegli atti che, nella cronaca, hanno sempre una qualche ragion d´essere. Lo storico attento la esaminerà e saprà ricondurla a più grandi ragioni. Ma oggi questo atto ha un peso simbolico enorme, immediato. E irrimediabile. Gli abitanti di Pianura - in queste ore di riapertura del sito di Contrada Pisani, chiuso il 5 gennaio 1996, con la solenne promessa di una stagione di lotta senza quartiere alla camorra dei rifiuti, di riqualificazione e di vero sviluppo - sono stati lasciati soli dinanzi alla decisione della riapertura.
Lasciati soli senza cenno di dialogo e di ascolto da parte di chi la decisione l´ha presa. Senza parola.
L´atto della riapertura, già molto pesante simbolicamente - perché nega il senso di un´intera stagione di speranza politica e la capovolge in modo definitivo, in quello stesso luogo in cui era stata peraltro promessa la realizzazione di un campo da golf - è stato dunque lasciato a sé. E questo lo farà pesare ancor più.
È molto duro dover dire ai propri figli che la discarica era stata chiusa e che i terreni attigui erano stati pure bonificati per il comune bene e che ci si era creduto ma che lì, proprio lì, al posto della bonifica domani o dopodomani e comunque prima del 6 gennaio 2008, passati tredici anni, tornerà la monnezza.
Le mamme che tirano i figli alla testa del corteo di protesta sono il simbolo di questo dramma. Perché la disattesa della promessa non è solo onta della politica. È anche dolore comune, di tutti noi. È una nostra sconfitta collettiva. È la solitudine estrema di chi subisce più da vicino le scelte senza che siano accompagnate da parole e da presenza la amplifica.
Un giorno i nostri figli dovranno spiegare ai loro figli questi nostri anni. Con lo sviluppo fermo per lustri interi. I poveri che aumentano insieme all´antico divario tra la città di chi è escluso e quella di chi ce la fa comunque, sia pure senza speranza né vero progetto di futuro; e i giovani, ricchi e poveri, che vanno via, si trasferiscono altrove, in cerca di una esistenza migliore, di effettive possibilità di realizzazione personale e collettiva.
Tanto che è probabile che il racconto avverrà in un´altra città, lontana da qui. E forse quei bimbi di Pianura faranno ai loro figli il racconto a Reggio Emilia o a Roma o a Torino o in qualsiasi altra città italiana. E ricorderanno del corteo di ieri. E diranno di una lunga stagione di cupa depressione civile. Sì, depressione civile. Perché la politica - che è lo strumento adibito a promuovere la partecipazione civile alla cosa pubblica ed ad affrontare le crisi con senso di possibilità e di speranza ma anche, semplicemente, con il doveroso esercizio della presenza - si è avviluppata su stessa. Fino ad evitare la presenza davanti ai cittadini non solo durante la comunicazione di una sconfitta come è nel caso della riapertura di Pianura, ma anche durante i rituali appuntamenti di piazza a Capodanno, con le massime istituzioni locali assenti al Plebiscito.
E perché, ben prima e per anni, la politica ha voluto evitare di misurarsi con le difficoltà dell´impresa annunciata, lasciandone la responsabilità a una catena decisionale che rispondesse innanzitutto alle logiche di fedeltà ai circuiti stessi della politica. Perché la politica ha evitato di far vivere insieme processi decisionali e anelito di cambiamento e di autonoma iniziativa di cittadinanza, scegliendo - invece - di costruire consenso intorno a interessi e conservazioni. Con la conseguenza di ridurre le aspirazioni nate nel nome dell´interesse generale a un´entità velleitaria e dunque da deridere o a un pericolo per gli equilibri raggiunti volta per volta o a un fenomeno da ammaestrare e ricondurre all´ambito separato della politica stessa, al lessico e alle logiche suoi propri, sempre meno comprensibili e compresi.
Depressione civile perché si ritorna indietro. E così la signora di Pianura non evoca la sua guarigione ma ricorda che è stata malata di cancro e l´altra dice che non mangia più mozzarella perché “le terre intere sono inquinate”. E perché si è tradita la promessa del 1997 tanto che il malaffare prospera. Il calcolo di un giro di affari di circa 45 miliardi di euro da ecomafie in Campania ci fa sentire, insieme alla puzza delle discariche, un olezzo di denaro cattivo che va in cattive mani.
Si è chiusa una stagione. E se ne apre una nuova. E come avviene sempre in politica - quella vera - la prima richiesta che sale è quella di interlocuzione, di poter dire, proporre, parlare, comunicare. Non sarà più possibile evitare di dialogare con i cittadini. Sarà sempre meno consentito chiudersi a parlare nei “palazzi” - come li chiamava Pasolini. Qualcuno da quella madre in testa al corteo dovrà e saprà andarci. E la partita che si apre non è tra correnti di partito o sotto gruppi delle stesse. Ma tra chi meglio saprà stare lì. Fare proposte, risolvere problemi. Proporre misure condivise per differenziare la monnezza, trattarla in modo differenziato, condurre processi di trasformazione. Per fare i conti con i nostri rifiuti. Come si è fatto in tutte le città del mondo. Con costanza, serietà. Con il rischio della presenza.
Ma questo è quello che sarà. Se noi ci mettiamo, tutti, il nostro impegno. Un´opera davvero complessa. Molto incerta. Che si fa persino fatica a immaginare ora.
Intanto c´è la certezza che per i nostri figli e i nostri nipoti dovranno esserci i racconti, irrimediabilmente legati ai nomi di chi qui ha governato, al di là della buona o della cattiva loro fede. L´icona, il simbolo di questi racconti saranno queste montagne di monnezza che bruciano o che stazionano anni nelle ecoballe, il fumo tossico che sale, il ragazzo o la vecchia che passa accanto tappandosi naso e bocca. E il corteo di Pianura.

22 dicembre, 2007

Report sui passi d’inizio e auguri

L’altro ieri presso la municipalità del Vomero - su iniziativa del consigliere Norberto Gallo – abbiamo (Norberto Gallo, Luca Stamati, Mario Coppeto, Marco Taradash, Lucio Iaccarino, Francesco Iacotucci della I municipalità, Giulio Corbo, io) discusso di come poter influire sulle decisioni politiche.
E sulla difficoltà di far valere le ragioni di chi propone e promuove lavoro dal basso o temi o compiti insieme ai cittadini, associati e non, nel campo della politica-politica, lì dove le decisioni si vorrebbero/dovrebbero prendere. Lo sguardo di chi ha parlato è stato inevitabilmente strabico: da un lato cosa cercano di fare i cittadini attivi e dall’altro come si muove e si struttura o de-struttura oggi la politica, “nei palazzi” – come diceva Pasolini. I nessi - faticosi da costruire o mancati - e gli scarti tra politica partecipata e palazzi: questo è stato il campo indagato.
Provocato da una domanda di Norberto Gallo sull’esito del mio tentativo di portare istanze nate fuori dai partiti nel PD, io ho brutalmente confessato che il tentativo è fallito per mancanza del campo che era stato promesso, evidentemente disatteso dalle vicende delle primarie e successive… così io certo non mi iscrivo al PD.
Più in generale ne è uscito un quadro di grande difficoltà di tutti a fare oggi un decoroso uso politico delle istanze di cittadinanza e partecipazione. Soprattutto nella situazione napoletana. E ci si è lasciati con l’impegno di tentare di mettere insieme le associazioni esistenti – e anche i singoli - per confrontarsi per davvero su tale pesante difficoltà. Proveremo.

Ieri sera nella sede di Decidiamo Insieme (ottimi il formaggio procurato da Pirozzi e gli strufoli e il finocchietto fabbricati da sorella di pandora) si è a lungo lavorato su come organizzare un evento sul tema “come contare oggi nella nostra realtà partenopea ?”
… realtà che è anche più radicale che nel resto d’Italia: con una casta paradossalmente tanto fallimentare verso le responsabilità pubbliche quanto durevole e con tante e diverse presenze e pressioni, spesso generose, di gruppi e cittadini – come è stata anche la nostra campagna elettorale – ma che non trovano le vie per poter contare, appunto.
Trovare un format su cui impegnarsi con l’avvio del nuovo anno non è stato semplice. E molte idee di cose diverse da organizzare nel tempo sono pure emerse: ospitare lezioni di alto profilo sulla crisi della democrazia, invitare politici più “sopportabili” a dire cose su come concretamente possono farsi valere i cittadini, ospitare una riflessione non rituale su leggi elettorali e referendum in arrivo ecc. Tanto che mi pare che DI si vada forse gradualmente strutturando come risorsa per la riflessione civile.
E – alé! - alla fine questa volta si è pure deciso. Quanto segue:
1. Partecipare intanto alla due giorni (che si dovrebbe tenere entro metà febbraio) dei cantieri sociali, che il tema del “contare” lo toccano – eccome! – e dalla parte dei più deboli, per una volta.
2. Produrre un video – spero agile, feroce e sobrio - costruito a partire da stringate interviste sul come si conta o non si conta a Napoli, fatte a esponenti delle esperienze che su ciò si sono cimentate nell’ultima stagione. Vedremo nel dettaglio ma l’idea è di includere voci anche molto diverse. Faccio solo degli esempi di possibili voci, per capire: il periodico Monitor, la protesta di Chiaia, l’esperienza stessa di Decidiamo Insieme, i cantieri sociali, il forum Tarsia, palazzo Marigliano, un’associazione molto radicata in un quartiere, ecc. Poche domande. Un buon montaggio.
3. Mostrare questo video come base di un evento pubblico ben propagandato, da tenersi entro febbraio, con dei commentatori/discussant esterni forti, capaci di restituire, in modo sprovincializzato, le nostre tensioni e le difficoltà nel “contare oggi a Napoli”. Si è pensato per questo ruolo a una possibile presenza di due commentatori, tra loro diversi. E di qualche peso tra chi, in Italia, si occupa di queste cose. I nomi si sono anche fatti. Li contatteremo.

E’ una bella ipotesi, anche ambiziosa, su cui lavorare. Una sfida… forse anche augurale.

E allora auguri per il 2008 in arrivo… e, di fronte ai paesaggi desolanti del mondo, come dice una delle tante versioni antiche del delirio utopico di cui, specie nelle ricorrenze, non è bene fare a meno: “si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa” (Isaia 35, 1).

15 dicembre, 2007

Nuovo passo d’inizio


Questa volta sarò davvero sintetico. Perché tanti qui e altrove hanno scritto cose su cui sono d’accordo o per le quali sento affinità. Alla cui base c’è la voglia di parlarsi e confrontarsi senza rete, lealmente, sul come creare un qualche decoroso spazio pubblico a Napoli e magari tenerlo in vita e farlo crescere nel tempo. Partire dai temi – tra loro molto diversi ma connessi - del “poter decidere” e “del come influenzare chi governa” mi pare un buon nuovo passo d’inizio.
Veniamo al dunque.
1. Ci si vede intanto giovedì 20 dicembre alle 17:00 (link decidiamo insieme e napolionline) alla sala consiliare della Municipalità Vomero Arenella di via Morghen per parlare di “come influenzare chi governa”.
2. E ci si vede anche venerdì 21 dicembre – così come proposto da Pirozzi – direi alle ore 19.30 alla sede di Decidiamo insieme a Via Nilo. Per un’ora con panettone (+ strufoli, finocchietto e limoncello promessi dalla sorella di pandoro) e brindisi. Per mettersi d’accordo operativamente (interventi rapidi e sul compito, magari!) su come strutturare bene un’iniziativa cittadina/assemblea/spazio aperto entro gennaio sul tema già deciso l’altra volta: i cittadini come possono oggi decidere? Domanda di merito. Non retorica.
Alé. Proviamoci.

04 dicembre, 2007

L’onesto e il retto conversar cittadino

Ho letto con piacere i commenti agli ultimi due post.
Ma cos’è oggi “l’onesto e il retto conversar cittadino” citato da “Fratello di panettone”?
Messi come siamo, per me – pur che ci si attivi un po’ - ogni suggerimento va bene: poesie, guarattelle, stand. E se si fanno anche solo un briciolo di queste cose, se non sto altrove, io ci vengo e ne sono contento. Così come mi dispiace non esserci stato alle ultime scadenze del forum Tarsia.
Lavoro educativo per lo sviluppo locale e poesia sono stati i miei alimenti dal 1975 al 2006.
Ma possiamo anche domandarci se esistono possibilità ulteriori? Esiste la politica, la politica intesa come un x (ics), che va oltre l’impegno professionale serio, la testimonianza civile e il volontariato, un x (ics) pensato per la città, da persone che si confrontano e che serva a qualcosa (il famoso interesse generale) e non solo a qualcuno? Era questo che mi chiedevo con la metafora della lezione. Era questo che mi chiedevo quando mi sono presentato a sindaco. E questo ho di nuovo chiesto facendo, pur con tutti i dubbi, le primarie del Pd come occasione di prova… e anche di denuncia dei risultati.
O, invece, dobbiamo accontentarci e fermarci allo spazio reso disponibile da "Fabrizio di compagnidiviaggio"? O è sufficiente l’esprimere ribrezzo contro i potenti, magari immaginando le guarattelle lanciate all’attacco della nomenclatura? O basta lasciare fogli in rime sotto una sorta di statua del Pasquino partenopea.
Intendiamoci, non ironizzo affatto. Sto facendo domande legittime, oneste – perché non ho risposte certe. Un Pasquino partenopeo se ci fosse sarebbe comunque un bene, penso. Scegliamo la statua. Il fiume Nilo, Ruggiero il Normanno o Gioacchino Murat a piazza Plebiscito.
Purché qualcosa si faccia.
E’ una cosa bella, da fare e non solo da immaginare; ma – va detto al contempo – che, forse, per lo stato in cui versa la nostra città, non basta una statua dove appiccicare poesie e imprecazioni… Anche al tempo del papa re queste cose erano segni di lotta al potere ma anche di impotenza. E pure nella Russia di Stalin c’era chi andava a ubriacarsi sulla tomba del poeta Esenin sotto le mura del Cremino e declamava i versi della Achmatova il cui marito era stato fucilato.
Insomma, c’è la solita questione. Le testimonianze sono cose necessarie, certamente e anche gradite emotivamente. Il che non guasta. Ma sono sufficienti queste cose – atteso che, intanto, si facciano per davvero – per ricreare l’onesto e retto conversar cittadino che serve ora qui? C’è uno spazio - da esplorare - tra la politica che non ci piace e la testimonianza?
Ho – ancora – in mente un’assemblea o spazio aperto. Dove chiedersi – con un minimo di premessa teorica – come, quando e dove possono decidere i cittadini della loro città. Mi piacerebbe che si facesse entro gennaio.
Ne avevamo parlato e ne era girata la voce su alcuni blog.
Mentre decidiamo dove dare spazio ai versi, si può provare a riparlarne.

01 dicembre, 2007

politica e Politica

I politici amano usare la parola “giovani”. Allora immaginiamoci, per una volta, una classe o un gruppo di sedicenni – avevano diritto al voto (ricordate?) alle primarie del Pd – che pongono la domanda sullo stato della politica nella loro città, Napoli. A tal fine leggono i giornali delle ultime 72 ore, ritagliandone con cura gli articoli. Poi la prof. chiede loro di leggere. Ecco cosa ne esce: 
Nicolais inviava ramoscelli di ulivo alla maggioranza battuta grazie alla sua azione di scissione della stessa e di voto con la minoranza del Pd. Ma i destinatari rispondevano con un nuovo attacco alla casta degli intellettuali che avrebbe vinto la prova di forza con i politici. Grazie al tradimento di Nicolais stesso. E qui la prof deve a lungo spiegare di quale grave tradimento si tratta: l’indicazione a circa 50 individui di votare per una anzicché un’altra prof. tra loro in rapporto di stima – pare. Allora Eugenio Mazzarella, altro prof., offeso perché non si ritiene casta pur ammettendo i tanti difetti degli intellettuali prof. interni al mondo accademico reagisce, scrivendo una lettera, dove nega di essere casta e poi parla di una coppia Bassolino-Carloni senza che si capisca a quale scopo, difendendone, tuttavia l’onore. Intanto il segretario regionale del primo partito della regione, tal Iannuzzi, risponde con le seguenti testuali e illuminanti parole:
“che c’è stato un confronto fra due personalità femminili del mondo del sapere e della cultura” ma “attraverso un percorso non limpido né lineare, e con zone di ambiguità che, mi auguro, possano essere superate con atti concreti”.
A queste si aggiungono le più severe frasi di certo Valiante che usa un termine – autocritica - che nella sua accezione politica – è la povera prof. a doverlo spiegare - proviene dalla III internazionale (apertura di lunga lezione al fine di far comprendere). I ragazzi, abituati all’analisi del testo comprendono subito, però, che il tono è più minaccioso: sappia il Nicolais (che, viene spiegato, è ministro della Repubblica per l’innovazione) che
“dichiarare la volontà di un percorso unitario dopo aver effettuato una scelta diversa dalla maggioranza … di cui ci si dichiara parte, commettendo un grave errore politico e rinfocolando le aspre divisioni delle primarie, è una vera e propria contraddizione”. E quindi “solo dalla presa d’atto di questo errore si può avviare una discussione costruttiva e prospettare un percorso unitario”.
Infine, last but not least (ultimo – spiega la prof. – ma non per importanza) interviene il governatore Bassolino che dice che il Nicolais, suo compagno di partito anche prima del Pd – spiega la prof. – si comporta da vero notabile (spiegazione sulla parola “notabile” da parte della prof. da cui i ragazzi, ovviamente, capiscono che tutti i contendenti non possono che rientrare a pieno titolo in tale categoria), e
“da irresponsabile, e il Pd non se lo merita”.


A questo punto – sempre nella nostra immaginaria scena – la prof. è affranta e sfiancata dalla lezione che ha annoiato enormemente i ragazzi e decide di ravvivarla distribuendo una scheda da commentare con i seguenti dati di realtà:

Nel periodo 2000-2006 la regione ha avuto a disposizione 11 miliardi di euro (per l’esattezza 10.913.600.000)di cui 8 miliardi di fondi comunitari e 3 miliardi di fondi nazionali (Fondo Aree Sottoutilizzate):
• FESR (fondo sviluppo regionale, quello per le infrastrutture): 5,5 miliardi
• FSE (fondo sociale europeo): 1 miliardo
• FAS (Fondo Aree Sottoutilizzate, per infrastrutture ed interventi sul tessuto urbano, il sociale, ecc.): 3,1 miliardi
• FEOGA (Fondo di orientamente e garanzia per l'agricoltura, per interventi a favore dell'agricoltura): 1,1 miliardi.
• SFOP (Fondo per la valorizzazione delle acque e delle attività connesse): 95 milioni (ma per le acque erano già stati stanziati enormi fondi… che non hanno recato esiti apprezzabili, come documenta la stessa autorità regionale: )

E intanto in Campania il 27% delle famiglie, che diventano 1 su 3 nelle zone urbane del napoletano sono sotto la soglia di povertà (spiegazione del concetto).

Dopo una spiegazione sui fondi europei e CIPE, si avvia una discussione sul rapporto tra sviluppo e povertà.
Alla fine del lavoro svolto, la prof. che vuole far capire ai suoi allievi che la politica non va respinta in quanto tale, pone un quesito semplice: quale parte del lavoro svolto insieme va sotto la parola politica con la minuscola e quale sotto la stessa parola con la maiuscola?

29 novembre, 2007

Al post l'ardua sentenza


Tutti a ripetere con enfasi: la maggioranza del Pd, sostenuta da De Mita e Bassolino, è stata “rovesciata” nel corso dell’elezione al segretario provinciale di Napoli del PD.
In questo modo, dopo settimane di rissa tra nomenclature, la vicenda del nuovo partito – le cui diverse componenti comunque a turno ci governano ininterrottamente dal 1993 con i risultati che connotano non certo nel miglior modo la nostra vita e quella dei nostri figli - sarebbe venuta a un arresto nella continuità. E tutti parlano di svolta.
Ma lo è?
Mah…
…per come poco democratiche sono state tutte queste vicende da prima del 14 ottobre ad oggi, così come ho ripetuto fino alla nausea (vedi, ancora, articolo di ieri su Repubblica Napoli), a me adesso vengono solo in mente gli ultimi versi del ben noto Coro, alla fine del terzo atto dell’Adelchi di Manzoni (mi costrinse a impararli a memoria il mio prof. del ginnasio, anno di grazia 1968) che qui - a me pare – tornano davvero utili:
“Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico,
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha”.

22 novembre, 2007

Waterloo delle politiche sociali

La situazione degli operatori del sociale ci consegna un quadro di disprezzo istituzionale e della politica in Campania per chi lavora ogni giorno con i più deboli. E’ un quadro deprimente – ben al di là di piccole e incerte soluzioni emergenziali su budget comunali e pagamenti arretrati – che mostra malsana e colpevole nullità delle politiche di contrasto della esclusione sociale. Lo dico da cittadino e da interno del settore.
E' una roba raccapricciante.
Napoli in particolare può essere presa come l'esempio di tutto quello che tutte le raccomandazioni internazionali, quelle europee, le buone esperienze nazionali, internazionali e anche locali e la ampia letteratura di settore dice di NON fare!
Al netto dei piani megagalattici (ricordiamoci: la mappa non è il territorio!!), al netto del lessico politically correct e dei proponimenti annunciati e altisonanti è una Waterloo di ogni sensata politica pubblica.
Infatti: quel che avviene è quel che conta.
Perciò: è tempo, intanto di indignarsi. Poi di mettere le cose a fuoco e in ordine. E in questo si riparta subito da due cose: dai paurosi nostri dati sulla povertà e, insieme, dallo status effettivo degli operatori sul campo. Il resto è, francamente, falsa coscienza.
Anche di ciò spero si possa parlare molto di più, magari anche un po’ stasera…

Giovedì 22 novembre, ore 18
la Feltrinelli - piazza dei Martiri
Incontro con Curzio Maltese
Intervengono Marco Rossi Doria (che sono io) e Massimo Villone

L’ occasione è l’uscita del libro I padroni delle città, dove Maltese ha rielaborato i reportage realizzati per Repubblica, trasformandoli in una inchiesta sulle città italiane degli ultimi dieci anni. Da Aosta a Taranto, l’alternanza tra buon governo e cattiva o cattivissima amministrazione.

17 novembre, 2007

Come e quando i cittadini possono decidere

Questo post contiene:
  1. grazie sorella di pandora
  2. aggiornamenti sullo spazio aperto
  3. notizie tristi dalla lista Bindi
1. Grazie alla sorella di pandora per la sollecitazione. Mi ritrovo sostanzialmente con la ricostruzione che Daniela – nei commenti – fa delle nostre differenze e dei percorsi possibili che ci sono davanti. Con alcune aggiunte. Vi è un vasto campo comune, sostanziato non tanto da avversione verso l’amministrazione quanto da distanza con questi metodi della politica e questa pseudo-cultura amministrativa. Che con la democrazia sia rappresentativa che partecipativa hanno poco a che fare. Poi, dentro Decidiamo insieme condividiamo dubbi. Cosa preziosa. Faccio i conti, dentro di me, con posizioni come quelle di Norberto o Daniela. E forse viceversa. Questo permette ascolto e scambio autentici. Non siamo su posizioni cristallizzate.
Francamente penso che non si debba buttare via questa cosa – D.I. - che è nata come è nata e che – a distanza di tempo si può ben dire – ha fatto la sua buona battaglia. Perché vi girano belle persone, intelligenze libere. E perché vi è un buon clima. Ma è pur vero che una direzione di marcia – in uno dei sensi o nei diversi sensi indicati da Daniela – va presa con maggiore energia.

2. Nessuno è stato escluso dalla riunione (c’erano i ragazzi di generazione U e anche Costantino) .. e sia il vino che i formaggi erano squisiti. Nella riunione (hai molta ragione, sorella di pandora – lo dovevo scrivere subito!) si è deciso di interrogarsi – in una assemblea pubblica / spazio aperto, da costruire con cura – su “come e quando i cittadini possono decidere”. Anziché evocare la democrazia in modo generico – si è detto – sarebbe, infatti, più utile sostanziare più precisamente un quesito decisivo sul suo effettivo funzionamento. Abbiamo anche ipotizzato che vi fosse una introduzione al tema. A più voci. Di gente che studia questo da tempo. Da diverse prospettive: liberal, municipalista, da democrazia deliberativa. Vediamo se riusciamo a costruire qualcosa, aperta, appunto, insieme. Invitare delle persone esterne al nostro campo e avviare una discussione di merito un po’ meno provinciale del solito…

3. Ma a proposito di mancanza democratica… sono malinconicamente costretto a registrare che nella stessa lista Bindi (che si chiama “democratici davvero” e che si era scostata dalle prassi insopportabili agite in Campania durante le primarie e delle quali ho cercato qui di dare testimonianza) mi pare che – per responsabilità di alcuni - si stia tornando rapidamente ai modi degli altri, ai vecchi metodi, ai linguaggi di sempre.
E’ di oggi la notizia che Anna Maria Carloni entra in direzione nazionale e che Argia Albanese entra nell’esecutivo campano. Per cooptazioni decise senza discussione di merito. E senza dibattito su quali posizioni rappresentare e come.
Sia chiaro: per quanto mi riguarda personalmente non avevo aspirazioni di stare in questi organismi. Notoriamente. Ma volevo parlarne, dato che mi ero speso durante le primarie. Così come avrebbero voluto parlarne altri: Antonella Pezzullo (eletta a Chiaia), Enzo Ruggiero, Osvaldo Cammarota, gli iscritti alla associazione per il Pd, le persone che si sono spese a Caserta o a Nocera o a Torre Annunziata. Il problema è sempre lo stesso, come al tempo delle primarie per sindaco, poi annullate: “come e quando le persone-cittadini (persone!) possono decidere” - appunto!
Nel piccolo gruppo bindiano, che si era un po’ distinto nei modi (insieme ai ragazzi di Adinolfi) nel momento nel quale si decidono rappresentanze nei formandi organismi del Pd alcuni prendono le redini in mano e fanno in modo che non se ne discuta di queste rappresentanze e del merito di quel che intendono rappresentare, soprattutto. Tanto che neanche se ne sapeva niente. Le rappresentanze “sono avvenute”…. Con decisioni prese solo tra alcuni, altrove da luoghi deputati, senza ascolto… secondo metodiche da politburo degli anni quaranta, eletto da nessuno.
E’ l’ennesima offesa alle speranze.
Lo so che mi direte che sono ingenuo e che lo avrei dovuto sempre sapere. Ma – a costo di ripetermi – io credo metodologicamente in quel che mi dicono. Fino a prova contraria. Perché o è questo il metodo - che atti e parole cercano strade congruenti nel fare politica – oppure hanno ragione gli altri con il loro metodo. E nella lista Bindi avevamo deciso di parlarci. Di dirci. Di decidere condividendo. Di riconoscere lealmente le differenze e i normali conflitti. E lo abbiamo anche saputo fare per due mesi.
Ma ora – e per cose importanti - così non è stato.
E anche un testardo liberale di sinistra come me deve arrendersi dinanzi all’evidenza. Peccato.
Nel Pd campano - a primarie chiuse come si sono chiuse - non mi sembra proprio che vi sia l’aria di voler davvero essere democratici e rispettare le tante brave persone che – tra i bindiani così come in altre liste – hanno cercato di dare contributi in modi nuovi e che vogliono far valere le regole partecipative.
Ancora e di nuovo: peccato.

11 novembre, 2007

Quattro fatti di un sabato d'autunno

Ieri è stato un sabato d’autunno con le nitide linee del golfo a ricordarci, come ogni volta, che potremmo vivere bene. In uno dei luoghi più belli del mondo. Ma tutto intorno - come accade in modo ricorrente nella storia del pensiero politico sul Mezzogiorno - ci si ricorda che non è così e che mai lo sarà. Le frecciate e gli affondi – di autori meridionali e del nord, letterati e giornalisti – ridanno fiato alle solite trombe, a due anni dal successo del libro di Bocca. “Non c’è partecipazione. La gente non si mobilita nonostante il degrado. La camorra resterà e così il clientelismo. Perché conviene. E’ un male antropologico, radicato, che consente a tutti di vivacchiare.” Sono le frasi ripetute del pessimismo meridionale peggiore. Quello che beatifica l’immobilismo. E che fa da controcanto all’altro adagio – quello dell’ottimismo d’accatto - che ripete che “non è vero, che si sta facendo tanto e che più di così non si può”. L’uno e l’altro - insieme – tolgono speranza ai nostri ragazzi. Evitano un esame di coscienza rigoroso agli adulti. E sono l’opposto dell’approccio dei grandi meridionalisti che erano ferocemente pessimisti nella disamina della realtà ma mai fatalisti; che proponevano soluzioni e confronto caso per caso, situazione per situazione, riconoscendo colpe, mancanze, tragedie ma anche impegno e faticoso riscatto. E l’uno e l’altro – ancora una volta - consentono alla politica e ai politici di evitare la questione cruciale che riguarda la loro stessa ragion d’essere: far funzionare bene la democrazia. Che vuol dire stare al governo per fare buon governo e stare all’opposizione per fare buona opposizione. E favorire vera rappresentanza e effettiva partecipazione.
Intanto - mentre la mattina di questo sabato trascorre – accadono cose nella nostra città. Che forse ci raccontano una storia più complicata.


Un gruppo di pachistani, giovani e non giovani, si riuniscono dinanzi alla prefettura e spiegano come e perché nel loro paese il generale Musharraf ha sospeso le libertà costituzionali, nella loro lingua e in italiano. A ricordarci che oggi la democrazia davvero attraversa i confini.

Gli abitanti di Poggioreale organizzano riunioni e si chiedono come accogliere o non accogliere 50.000 ecoballe respinte dai concittadini di Chiaiano.

Poco prima i rappresentanti di 3000 operatori sociali – che si occupano di ragazzi esclusi, di anziani, di poveri, di emarginazione in interi nostri quartieri – evidenziano il fatto che spesso non vengono pagati da oltre un anno e raccontano la pochezza delle politiche sociali, incapaci di dare un salario regolare a chi si occupa con regolarità delle parti deboli della città.

Alla stessa ora, a Piazza dei Martiri, molte centinaia di cittadini di Chiaia, che avevano votato a destra o a sinistra, hanno rotto il cliché sulla eterna estaneità della buona borghesia napoletana alla battaglia civile per una città migliore. “Chiaia per Napoli” ha raccolto, attraverso una paziente tessitura tra associazioni, una presenza che segna, infatti, una svolta. La Napoli che sta bene non è più ferma nei suoi salotti a fare il tifo pro o contro l’amministrazione. In uno stile composto, quasi torinese, grida vergogna contro questi anni di immobilismo insopportabile e di cattivo governo urbano. E chiede di concentrarsi sulle cose da fare: parcheggi e sicurezza ma anche raccolta differenziata e confronto su come regolare la vita di notte, come accade altrove in Italia. Sono toni disillusi, come non era mai avvenuto. E come era ora che avvenisse. Ma privi di isterie e di faziosità.

Tutte queste sono cose molto diverse. E ci raccontano forse di una città sofferente ma ricca di potenziali risorse. Nelle sue parti forti e nelle sue parti deboli. Che non si incontrano ancora. Ma che, intanto, dicono alla politica locale – ancora tanto miope da restare arroccata nei suoi consessi a parlare di organigrammi e equilibri tra potentati - che è davvero tempo di un’altra stagione. Meno provinciale. Più attenta alle persone. E concentrata su procedure partecipative e soluzioni dei problemi vivi dei cittadini. Dal governo e dall’opposizione.

05 novembre, 2007

Decenza democratica - 2

Allora facciamo un primo punto su “decenza democratica” a Napoli: giovedì 8 novembre alle 19.30. Non è già l’open space / spazio aperto. Serve a pensarlo, capirne il senso, stabilire se e come organizzarlo. Sarà vino, formaggio e pane. Ci si vede a Via Nilo, n.° 28 (è il primo portone salendo la via sulla sinistra, è a piano terra), sede di Decidiamo Insieme.