06 gennaio, 2008

Diario dell’epifania


Sta finendo l’epifania, che ogni festa porta via. Sono passati undici anni dalla chiusura, dopo oltre quarantanni di uso selvaggio, della discarica di Contrada Pisani, allora annunciata come l’inizio di una nuova era da Antonio Bassolino…
La natura in questi undici anni aveva comunque fatto il suo corso e lentamente “assorbito” i rifiuti dei decenni passati trasformandone parte in gas parte in acque inquinate che da tempo hanno invaso le falde a valle. “Assorbito”: con gli anni il livello dei rifiuti è sceso di ben 14 metri. E – si dice ora – ha fatto nuovo spazio. Per allestire il quale si approntano adesso i soliti teloni di plastica che copriranno il terreno da cui pure l’acqua proveniente dagli antichi sversamenti da sotto continua ad uscire, complicando il piano delle operazioni. Ammesso che i camion passeranno avendo la polizia sgombrato tutte le vie di accesso. Comunque lì vi dovrà essere il puro e semplice svuotamento, come negli anni cinquanta o sessanta, dei camion di immondizia indifferenziata. Perché luoghi di differenziazione non ve ne sono. E neanche di raccolta pura e semplice. Tanto che oggi per strada ci sono 100.000 tonnellate di monnezza e se ne aggiungono 5.000 almeno al giorno.
Quarto – che confina con Pianura – stamattina era isolata da blocchi stradali mentre intorno alla discarica che si vuole riaprire continuano a singhiozzo gli scontri. Altri scontri scoppiano a Pozzuoli da ieri. E anche a S. Giorgio che aveva avuto una storia seria di differenziazione partecipata finita in un cul de sac grazie alle mancate politiche regionali.
Piove a dirotto e così si stanno spengendo i roghi alla diossina che erano un po’ ovunque. Ovunque ma in genere nelle periferie e nell’hinterland anche fuori del comune di Napoli, in particolare verso il casertano e nella zona vesuviana. Numeri di fuochi maggiori dove più alti sono i cumuli d’immondizia. Non è la protesta a fare attizzare i fuochi o la “colpevole irresponsabilità” – come ancora ieri l’ha chiamato il Signor Presidente. E’ l’ignoranza sospinta, però, da un’urgenza vera che non è eliminabile con i richiami illuministici. La gente non sopporta il tanfo. Se ci passi anche a venti metri ti sale il conato di vomito. E le case e spesso i negozi sono bloccati da queste montagne, a volte alte fino a tre metri. La gente vede i topi. Pensa alle malattie. E non registra che la diossina sprigionata nell’aria è peggio. Perciò soprattutto i giovani scendono di notte e appiccano il fuoco. Ora la pioggia fa abbassare le montagne di monnezza e fa scendere plastica e rifiuti leggeri nei tombini. Che si intasano e creano laghi maleodoranti che prendono tutta la strada. Le macchine passano e schizzano i passanti. Ma la diossina nell’aria diminuisce.
E la pioggia non ha impedito che stamattina si tenesse una messa all’aperto alquanto affollata e oggi un grosso corteo dei comitati civici del quartiere a Pianura dove le associazioni d’ispirazione parrocchiale, anche moderate, avevano già indetto il corteo di ieri pomeriggio che aveva visto circa 4000 partecipanti – molte donne, famiglie intere, persone di ogni età, ben vestite, serie - tutti convinti di non volere riaprire la discarica ma anche di distinguersi dagli artefici degli scontri di questi giorni che hanno visto sassaiole ben organizzate, la costruzione rapida di blocchi e barricate, il lancio di molotov. Gli artefici degli scontri, quasi solo giovani, in effetti, pare siano una specie di minestrone unito dalla rabbiosa alterità al sistema: qualche black block, giovani di alcuni centri sociali, gruppi estremi del tifo calcistico, qualche estremista di destra ma anche semplici giovani locali, infuriati. La camorra, secondo vari negozianti e cittadini partecipanti al corteo pacifico o alla messa di stamani, preme per la riapertura della discarica fino alle minacce. La chiesa – attraverso l’autorevole voce e l’insieme delle posture del cardinale Sepe - sembra voler assumere il compito di una presenza diretta e tale da occupare spazio pubblico di fronte all’eclissi della politica. Pare, insomma, voler dire che non è un partito ma che, di fronte a una crisi prolungata di credibilità del ceto politico e al pericolo reale di scollamento della comunità, la chiesa è una entità forte che deve comunque fare da sponda e marcare la presenza dalla parte dei cittadini. Non è solidarnosc ma non è neanche la predica solita al chiuso della messa domenicale. E, francamente mi pare una presenza almeno utile in questo marasma.
E’ l’Epifania. I giri per i regali sono finiti. In città c’è un senso di ritiro e di vergogna o pena collettive che aumenta con la lettura delle prime pagine dei giornali nazionali e dei tg che ci trattano come un fenomeno etnico, terribile ma irrimediabile. La figura conta. E questa è la peggiore da molti decenni. Anche perché si ripete a distanza di un anno. La gente sta a casa. La depressione negli ultimi mesi si è nutrita di ogni possibile fallimento collettivo. Tra tanti cittadini impegnati tutto è parso confermare un trend negativo, che uccide le speranze della città: i dati sulla povertà, i continui scandali tra gli amministratori, il carattere perenne delle guerre di camorra, l’aumento dei fatturati da ecomafie fino alla cifra record di 45 miliardi di euro, la continua incomprensibile litigiosità tra politici fino alla pessima gestione delle locali primarie del Pd con i brogli e le risse a più non posso. Ci sono le foto di prima pagina dei giornali internazionali e nazionali, le telefonate degli amici lontani dall’Italia che chiedono. Cose che fanno male. E poi sullo sfondo – come all’orizzonte dell’immondizia che brucia per le strade – ben oltre l’emergenza immedaita di ora, ci sono, nelle discariche già chiuse, in giro, quindicimila ecoballe che eco non sono. Che cosa se ne farà? Quando? Come? E ancora: le decine di siti segreti con i rifiuti tossici. Il cancro che aumenta. Vale la pena crescere qui i figli?
Ora ci sono queste centomila tonnellate di rifiuti in giro. Avevo già l’anno scorso chiesto le dimissioni dei responsabili. E penso ancora che se non se ne vanno non vi sarà alcuna credibilità delle istituzioni preposte a toglierci da questo disastro. C’è bisogno infatti di partecipazione. E dunque di un minimo di dialogo e di fiducia. Con costoro mi pare improbabile. Un elemento che va oltre la politica rende difficile dare credito effettivo a chi qui governa.
Ma intanto, devono essere tolte queste tonnellate di roba da in mezzo alle strade. Intanto. E questa è una questione prioritaria. E bisogno fare i conti con i passi pratici, concreti, per togliersi da questa situazione. E allora le dimissioni o meno diventano quasi secondarie o restano sullo sfondo. Ci voglioni i gesti. Quelli dovuti. Il Consiglio comunale va o no subito convocato? Perché non si è fatto ancora? Si può andare a parlare davvero a Pianura con i cittadini, come amministrazione o lo si lascia ai preti e ai poliziotti o lo si deve solo annunciare? Se si deve proprio riaprire pianura lo si può fare a termine e a termine breve? Ma c’è anche qualche altra opzione, vera? Si possono aggiungere altri siti e quali? Si può chiedere umilmente aiuto al resto d’Italia? Può essere tutta questa una riflessione civile e alla luce del sole o tutto, come per Pianura, deve essere deciso nelle segrete stanze? Possono essere trovati a breve sette o otto luoghi per trattare la parte trattabile della monnezza napoletana, diminuirne volume e in un tempo utile? Si può chiedere una cosa straordinaria, come quando c’è un terremoto, al governo affinché tutto ciò sia facilitato con fondi e procedure in grado di aggredire l’emergenza? Si può partire da una prima seria raccolta differenziata come avviene da tempo in alcuni comuni campani e concentrarsi sull’organico e creare in tempoi record anche degli impianti di compostaggio? Ci vuole un moto in tal senso. E forse le manifestazioni pacifiche a Pianura di questa notte aiutano. Ma è tutto molto complicato.

L'illustrazione viene da qui ed è il retro di questi auguri.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Credo abbia delineato bene l'attuale contesto. Non aggiungo altro se non la condivisione della pena.