Questa ennesima onda di crisi che riporta il nostro normale quotidiano nelle cronache nazionali è un disastro triste; un lutto comune; una vergogna di cui ci si vergogna; che si ripete. E la nostra parte di responsabilità va trovata; e va raccontata quella, ben più pesante, di chi è stato padrone delle decisioni fatte. Come dirlo? Ci ho provato a scriverne, a fatica su Repubblica Napoli e lo riporto qui. Nel frattempo su Decidiamo Insieme, Daniela raccoglie notizie e commenti nel modo più accurato e utile.
Si è riaperta la discarica di Pianura. È uno di quegli atti che, nella cronaca, hanno sempre una qualche ragion d´essere. Lo storico attento la esaminerà e saprà ricondurla a più grandi ragioni. Ma oggi questo atto ha un peso simbolico enorme, immediato. E irrimediabile. Gli abitanti di Pianura - in queste ore di riapertura del sito di Contrada Pisani, chiuso il 5 gennaio 1996, con la solenne promessa di una stagione di lotta senza quartiere alla camorra dei rifiuti, di riqualificazione e di vero sviluppo - sono stati lasciati soli dinanzi alla decisione della riapertura.
Lasciati soli senza cenno di dialogo e di ascolto da parte di chi la decisione l´ha presa. Senza parola.
L´atto della riapertura, già molto pesante simbolicamente - perché nega il senso di un´intera stagione di speranza politica e la capovolge in modo definitivo, in quello stesso luogo in cui era stata peraltro promessa la realizzazione di un campo da golf - è stato dunque lasciato a sé. E questo lo farà pesare ancor più.
È molto duro dover dire ai propri figli che la discarica era stata chiusa e che i terreni attigui erano stati pure bonificati per il comune bene e che ci si era creduto ma che lì, proprio lì, al posto della bonifica domani o dopodomani e comunque prima del 6 gennaio 2008, passati tredici anni, tornerà la monnezza.
Le mamme che tirano i figli alla testa del corteo di protesta sono il simbolo di questo dramma. Perché la disattesa della promessa non è solo onta della politica. È anche dolore comune, di tutti noi. È una nostra sconfitta collettiva. È la solitudine estrema di chi subisce più da vicino le scelte senza che siano accompagnate da parole e da presenza la amplifica.
Un giorno i nostri figli dovranno spiegare ai loro figli questi nostri anni. Con lo sviluppo fermo per lustri interi. I poveri che aumentano insieme all´antico divario tra la città di chi è escluso e quella di chi ce la fa comunque, sia pure senza speranza né vero progetto di futuro; e i giovani, ricchi e poveri, che vanno via, si trasferiscono altrove, in cerca di una esistenza migliore, di effettive possibilità di realizzazione personale e collettiva.
Tanto che è probabile che il racconto avverrà in un´altra città, lontana da qui. E forse quei bimbi di Pianura faranno ai loro figli il racconto a Reggio Emilia o a Roma o a Torino o in qualsiasi altra città italiana. E ricorderanno del corteo di ieri. E diranno di una lunga stagione di cupa depressione civile. Sì, depressione civile. Perché la politica - che è lo strumento adibito a promuovere la partecipazione civile alla cosa pubblica ed ad affrontare le crisi con senso di possibilità e di speranza ma anche, semplicemente, con il doveroso esercizio della presenza - si è avviluppata su stessa. Fino ad evitare la presenza davanti ai cittadini non solo durante la comunicazione di una sconfitta come è nel caso della riapertura di Pianura, ma anche durante i rituali appuntamenti di piazza a Capodanno, con le massime istituzioni locali assenti al Plebiscito.
E perché, ben prima e per anni, la politica ha voluto evitare di misurarsi con le difficoltà dell´impresa annunciata, lasciandone la responsabilità a una catena decisionale che rispondesse innanzitutto alle logiche di fedeltà ai circuiti stessi della politica. Perché la politica ha evitato di far vivere insieme processi decisionali e anelito di cambiamento e di autonoma iniziativa di cittadinanza, scegliendo - invece - di costruire consenso intorno a interessi e conservazioni. Con la conseguenza di ridurre le aspirazioni nate nel nome dell´interesse generale a un´entità velleitaria e dunque da deridere o a un pericolo per gli equilibri raggiunti volta per volta o a un fenomeno da ammaestrare e ricondurre all´ambito separato della politica stessa, al lessico e alle logiche suoi propri, sempre meno comprensibili e compresi.
Depressione civile perché si ritorna indietro. E così la signora di Pianura non evoca la sua guarigione ma ricorda che è stata malata di cancro e l´altra dice che non mangia più mozzarella perché “le terre intere sono inquinate”. E perché si è tradita la promessa del 1997 tanto che il malaffare prospera. Il calcolo di un giro di affari di circa 45 miliardi di euro da ecomafie in Campania ci fa sentire, insieme alla puzza delle discariche, un olezzo di denaro cattivo che va in cattive mani.
Si è chiusa una stagione. E se ne apre una nuova. E come avviene sempre in politica - quella vera - la prima richiesta che sale è quella di interlocuzione, di poter dire, proporre, parlare, comunicare. Non sarà più possibile evitare di dialogare con i cittadini. Sarà sempre meno consentito chiudersi a parlare nei “palazzi” - come li chiamava Pasolini. Qualcuno da quella madre in testa al corteo dovrà e saprà andarci. E la partita che si apre non è tra correnti di partito o sotto gruppi delle stesse. Ma tra chi meglio saprà stare lì. Fare proposte, risolvere problemi. Proporre misure condivise per differenziare la monnezza, trattarla in modo differenziato, condurre processi di trasformazione. Per fare i conti con i nostri rifiuti. Come si è fatto in tutte le città del mondo. Con costanza, serietà. Con il rischio della presenza.
Ma questo è quello che sarà. Se noi ci mettiamo, tutti, il nostro impegno. Un´opera davvero complessa. Molto incerta. Che si fa persino fatica a immaginare ora.
Intanto c´è la certezza che per i nostri figli e i nostri nipoti dovranno esserci i racconti, irrimediabilmente legati ai nomi di chi qui ha governato, al di là della buona o della cattiva loro fede. L´icona, il simbolo di questi racconti saranno queste montagne di monnezza che bruciano o che stazionano anni nelle ecoballe, il fumo tossico che sale, il ragazzo o la vecchia che passa accanto tappandosi naso e bocca. E il corteo di Pianura.