29 gennaio, 2008

A soli tre giorni lavorativi dalla caduta del governo


Nei corridoi del ministero è come se la gente camminasse più lenta. Un dirigente molto attivo va fuori a pranzo anziché comprarsi il solito panino da mangiare al volo. Non ci sono gli andirivieni dalla camera e dal senato per procurare dettagli tecnici sui dispositivi in esame al Parlamento. Le agende dei sottosegretari si svuotano. E all’improvviso niente più richieste impellenti. Finisce d’incanto la pressione sulle cose da ultimare: entro stasera, entro oggi, era già da fare ieri, domattina questa cosa qui e anche quest’altra. Niente più. Persino i telefoni delle altre stanze suonano di meno. Ecco finalmente una chiamata. Un funzionario che chiede di mettere in fila la roba che serve a dire le cose che sono state fatte in questi pochi mesi. E’ per la campagna elettorale - dice. Rispondo che già le hanno. Insiste. Gli dico dove sono state pubblicate, elenco i siti. Insiste ancora.
Stancamente, per non litigare, ricomincio a elencare. Istituti professionali ritornati allo stato; normativa rigorosa per i passaggi di classe e corsi di recupero pagati dallo stato; esami seri; i budget delle scuole semplificati da trenta a due sole voci, entrate e uscite; decine di migliaia di precari che già da anni lavoravano a scuola immessi in ruolo; le nuove indicazioni, coi traguardi e gli obiettivi belli chiari, per la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola media; l’obbligo di andare tutti a scuola fino a sedici anni, come nel resto d’Europa e il regolamento e le cose che si devono sapere, tutti.
Ascolta. Mi pare che stia scrivendo. Poi mi chiede scusa: forse qualcun altro lo ha chiamato. Forse. Dopo quattro ore – pare un tempo interminabile - squilla il telefono. E’ una scuola di Catanzaro. Mi chiedono ora come si fa. Gli rispondo che si fa lo stesso. Un sindacalista burrascoso – a cui non andava bene niente e che, a ogni misura presa, diceva che ci voleva ben altro – entra nella stanza di fronte. Lo sento parlare con preoccupazione di quel che sarà: del nuovo obbligo, dei fondi stanziati, tutto perso e tutto perso. Ha un tono responsabile e accorato che mai ha avuto. Mi sale una rabbia feroce. La tengo a bada a stento. Penso: sono vestito con giacca e cravatta, non posso andare di là e dargli una testata in faccia, meglio che mi acquieto.
Un capo servizio scende dal quarto piano. Smadonna. Menomale che c’è un altro che è incazzato – penso. Gli chiedo cos’ha.
Mi racconta gli anni della Moratti in due semplici parole: fermavano tutto. Come? – gli domando. Semplice – risponde – si faceva di tutto perché le cose non si facessero. E, riscaldandosi, aggiunge che nulla doveva funzionare qui… che odiavano la scuola pubblica, sì, la scuola quella che sa fare le cose e che ora di nuovo tutto si sta rallentando e si fermerà.
Cerco di pensare che comunque i ragazzini a scuola ci vanno vivaddio e che le cose nel mondo vero si muovono. Ma certo è che qui dentro, dalla caduta del governo, in tre soli giorni lavorativi, è scesa una cappa che tutto arresta, una coltre ovattata e lenta come in un incubo, ammantata di rinuncia.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

A saperlo prima, che lavoravi con Fioroni! Ho scoperto da poco il tuo blog. Faccio la maestra e ho un ragazzo in affido che frequenta la famosa scuola media di Novara che a settembre è finita su Repubblica per via di una classe ghetto. Avevo provato a scrivere a Fioroni per raccontare la mia esperienza: anche il mio bambino in affido era in quella scuola in una classe di quel tipo (11 alunni, 11 problemi). Io sono stata alunna di scuole di zone popolari di Napoli e della provincia e adesso insegno in una delle cosiddette scuole prestigiose del centro di Novara. Ci sono dei meccanismi che, nostro malgrado, producono una sorta di settarismo culturale anche nella scuola dell'obbligo.Le conseguenze di questa mancanza di promiscuità culturale le pagano i ragazzi, tanto i bravi, quanto i meno fortunati. Anche quest'anno, quando ho iscritto mio figlio alle medie ho ricevuto la telefonata di una mamma preoccupata perchè nella classe dei nostri figli erano iscritti 4 stranieri. Io non ci avevo neanche fatto caso e mi sono rifiutata di accompagnare questa mamma a chiedere spiegazioni al Preside. Lei c'è andata e mi ha riferito la spiegazione del preside: c'erano tante richieste di iscrizione nella C, che hanno spostato alcuni iscritti che non avevano espresso preferenze nella D. Pare che alcuni genitori ricattino i dirigenti "O mio figlio va nella classe che chiedo o lo porto in un'altra scuola".
Marco, possiamo approfondire la questione? Vista dall'esterno non sembra, ma nei fatti produce notevoli sofferenze in quei ragazzi che finiscono nelle cosiddette classi-ghetto. Ti lascio la mia mail: eddi96@libero.it

spartaco vitiello ha detto...

Chiedo anche io consiglio a Marco per un problema particolare inerente al possibile cambio di gestione al MPI. A settembre, per una serie di circostanze favorevoli, è nato il sito www.youschool.it, dove vengono pubblicati i video realizzati dalle scuole, e col quale ho iniziato subito una fattiva collaborazione portando la mia esperienza di media-educator. Il ministero aveva contribuito a far partire l'iniziativa, grazie a una linea diretta Gambale-Fioroni, ( forse ricordate i manifesti che pubblicizzarono "youschool - la bella scuola in rete" in occasione della visita di Fioroni) ma il mio dubbio è se allo stato attuale l'iniziativa ha, per il ministero, uno status tale da farla sostenere anche nel caso di un cambio di gestione.

Anonimo ha detto...

Marco grazie per l'interessantissimo spaccato, e, semplicemente, tieni duro come in qualche modo dobbiamo fare noi tutti. Spaccato... come ciascun cittadino serio con dignità di appartenenza ad una comunità si sente! Mi ero sempre chiesta cosa succedeva "dentro il Palazzo" quando cadeva un governo e onestamente, e forse per un pessimismo realistico che pur non mi appartiene di natura ma che da tempo mi serpeggia dentro e che ormai non posso più far finta di ignorare, avevo sempre immaginato fosse esattamente come lo descrivi tu. Saperlo fa male perché conferma che il proprio agire lì dentro è funzione del movimento di un ingranaggio appartenente al motore di autonoma sopravvivenza e non al motore che avvia l'intera società. Che bello se invece avessi detto che tutto si era accelerato per garantire la chiusura di tutte le pratiche in modo da lasciare completato prima di andar via. (mi ricorda il funzionamento delle segreterie delle scuole...) Ma saperlo fa anche bene. Fa bene per confermare la giustezza di voglia di uomini con menti effettivamente politiche, che pure esistono, e che restituiscano a tutti il vero senso politico della politica di cui tanti cittadini onesti sentono la mancanza. Una certezza almeno e qualche certezza serve per attivare le energie di partecipazione. Evitando dunque di specchiarsi in quella lentezza improduttiva che descrivi e che, a mio avviso, fuori tra la folla e tra amici si respira come sintomo di depressione mentre dentro è espressione di persone squallidamente debosciate, è necessario, quindi, ritrovarsi tra persone che vivono l'impegno come tale per se stessi e per la collettività al punto che senza ombra del quale sentirebbero lesa sia la propria dignità di uomo/donna che di persona, quando pubblica. Vabbè come al solito i miei periodi sono contorti ma spero di essere stata comunque chiara. Ciao a presto! MFM

Anonimo ha detto...

ma facci anche sognare: i primi tre giorni rassomigliano almeno un po' ai primi tre minuti?
ce li descrivi?

Anonimo ha detto...

@ weinberg



La fine e l'inizio

Dopo ogni guerra
c'e' chi deve ripulire.
In fondo un po' d'ordine
da solo non si fa.

C'e' chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.

C'e' chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.

C'e' chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c'e' chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.

Non e' fotogenico
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono gia' partite
per un'altra guerra.

Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.

C'e' chi con la scopa in mano
ricorda ancora com'era.
C'e' chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto
gli gireranno intorno altri
che ne saranno annoiati.

C'e' chi talvolta
dissotterrera' da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasportera' sul mucchio dei rifiuti.

Chi sapeva
di che si trattava,
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.

Sull'erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c'e' chi deve starsene disteso
con la spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.

Anonimo ha detto...

era, ahimè, WISLAWA SZYMBORSKA, nè io, nè il mio nick

Anonimo ha detto...

A proposito di confusione... sostengo da un bel po' che le municipalità non servono se non a esentare dal lavoro... Tutti i giorni discussioni accesse su tutto e il contrario di tutto. Ordini del giorno, raccomandazioni, mozioni e documenti approvati anche senza competenza.
Poi ho chiesto di discutere di registro delle coppie di fatto.
Leggete cosa dice il sindaco:
http://www.napolionline.org/content/view/9294/101/