06 febbraio, 2007

Sui commenti al welfare per i ragazzi

Ringrazio per la partecipazione a questa primissima riflessione su "quale welfare" per i giovani che si dovrà riprendere con cura nei mesi a venire. La sofferenza dei ragazzi nel crescere, la difficoltà di unire libertà nella esplorazione del mondo e nella costruzione di indentità alla responsabilità è una roba seria, evidente e che interroga la politica. E in particolare le politiche dell'istruzione, della formazione e del welfare. In questa prima riflessione ho solo voluto aprire un dibattito su misure che siano efficaci.Per esempio vorrei che si discutesse a Napoli su: una volta aperte le scuole il pomeriggio, cosa funziona e cosa no con i ragazzi che ci vengono? A determinare la bontà di una misura non è la misura in sé ma ciò che concretamente vi accade "dentro". E sono certo che alcune scuole aperte di pomeriggio disegnano buone misure e altre no. E che dobbiamo imparare tutti dalle effettive pratiche ed evitare la tipica polarizzazione hegeliana "o a favore o contro" senza scrutare quel che accade. La questione Catania - e cento e cento altri episodi, da stadio e non, che conosco per il mio lavoro e che per mero caso non sono sfociati in tragedia - sono altrettanti segnali, che il mondo adulto rimuove, che pongono il problema del welfare esattamente in termini pedagogici. E va detto. Del resto, è l'ONU che ci parla di città educative... Non si vuole una pedagogia di stato, sia chiaro. Ma una vocazione educativa che preveda la condivisione tra chi ottiene misure e chi le eroga. Il fatto è che tutto il mondo parla da almeno dieci anni di questa roba mentre qui si crede ancora a un piano sovietico che possa dare risposte univoche a tutti e senza coinvolgere, nelle scelte sul welfare, innanzitutto i destinatari delle politiche pubbliche cioè i ragazzi e chi con loro sta ogni santo giorno. I palazzi dove si decide il welfare in Campania se ne cadono di annunci e di piani, scritti in ottimo lessico da welfare partecipato... ma poi nessuno fa patti con le persone. E non si dica che dappertutto è così. Perché io giro da quindici anni e la Campania e Napoli sono primi per mancata partecipazione e dibattito pubblico su questi temi.

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