Questo dibattito mi pare importante. Anche in vista dell’avvio di un processo dentro il nostro movimento che ne decida gli indirizzi di fondo. A partire dall’assemblea di martedì 11 luglio.
Come si crea spazio pubblico in città? Intanto – come ho più volte ripetuto – dobbiamo declinare meglio cosa è per noi la partecipazione, la democrazia deliberativa e come possiamo contribuire a farla crescere davvero a Napoli. Ieri sono stato a un convegno importante della Associazione italiana per lo sviluppo locale (v. www.aislo.it) dove si parlava di questo: come ci si muove in tale direzione a Città del Messico, a Sfax, a Genova, a Beijing, a Pescara, a Pesaro, a Roma, ecc. Possiamo sostenere una sana ambizione “sprovincializzante” su questi temi decisivi?
Personalmente, dunque, non sono incline a dirsi belli e bravi da soli, caro Francesco. E l’autocontemplazione non mi è congeniale affatto. Anzi. Ho sempre pensato che si lavora con gli altri e con i diversi da noi per lo sviluppo democratico della città. E, per me, D. I. si deve fare facilitatore di incontro e confronto. Già subito dopo le elezioni ho sottolineato come la percezione che noi potessimo avere atteggiamenti autoreferenziali non ci ha giovato tanto. Ma quello che tu qui suggerisci si basa forse un po’ troppo sull’assunto che si avrà spazio pubblico, mediatico e non, se si sta insieme ai signori x o y o se ci si occupa della supposta crisi di un partito. Se, invece, come spero, stai dicendo che bisogna lavorare per lo spazio di dibattito pubblico in città in generale, ben al di là di D. I., sono d’accordo. Infatti, con convinzione ho aperto canali, prima e dopo le elezioni, con il coordinamento per il lavoro sociale; sono stato d’accordo a prendere contatti anche nazionali con il coordinamento dei girotondini; intrattengo un confronto diretto a Roma e a Napoli con coloro che intendono fare il partito democratico davvero dal basso; continuo i contatti con le organizzazioni ambientaliste; parlo con tante persone che, dentro i diversi partiti, esprimono critica e insoddisfazione con gli assetti usciti dalle elezioni napoletane. E mi confronto pure con gli assessori, ho chiesto molte volte un incontro al sindaco, ho fatto un invito pubblico allo stesso Porta. Credo che questo sia un buon metodo, penso ci voglia perseveranza e sono munito di buone doti di pazienza perché so che la politica è facilitazione di processi complessi.
Ma si deve, al contempo, insistere su un senso della politica che rimetta al centro la vita quotidiana e, insieme, l’interesse generale. E’ una sfida cittadina e nazionale che sarà lunga e ci vorrà tenacia. E, per sostenerla, va anche detto con forza che, di pari passo al confronto con tutti, si deve costruire un’identità da movimento civico vero, che propone soluzioni e campagne indipendenti; dobbiamo fare campagne su cose da farsi per la città insieme ai cittadini, su temi e secondo priorità, a livello cittadino e nei singoli territori. Un movimento aperto, insomma, intanto lo è se favorisce spazio pubblico innanzitutto con e per i cittadini. E la domanda di fondo, cruciale è: a chi rispondiamo? La mia personale risposta – che ho dato su Il Corriere del Mezzogiorno e della quale sono convinto - è: ai cittadini e alle istituzioni. Non ai partiti o ai gruppi di pressione dentro i partiti. Con questi certamente ci si confronta ma non sono questi gli interlocutori prioritari di un movimento civico.
Sono d’accordo, poi, con P.D. per la ripresa di una vera funzione di garanzia per il difensore civico che dobbiamo trovare il modo di favorire, anche qui, insieme ad altri.
E, nell’ottica su cui stiamo riposizionandoci, il dibattito su come riprendere un piano per la città… e il chiamare in causa Berlino come possibile esempio di partecipazione ai processi trasformativi, è un’occasione di riflessione di cui pure dobbiamo certamente fare parte.
7 commenti:
Ti ringrazio,caro Marco, per le tue precisazioni.Non mi sono sognato di accusarti di autoreferenzialità nè di fare dipendere la visibilità di Decidiamo Insieme solo da Porta e da Oddati ma lo scopo era esattamente e solo di utilizzare questo evento e per per studiare,assieme ad altre prospettive,quella di aprirci ed unirci alle esperienze di altri. E fa piacere, e penso a tutti,che la tua linea vada in questa direzione.Mi sono perciò solo preoccupato che quegli spiriti dell'associazione che vedono tutto bello,tutto facile,e specialmente tutto DA FARE DA SOLI,possano prendere il sopravvento, cosi decretando l'asfissia e la fine del movimento.Comunque se il mio pensiero non è stato chiaro, me ne scuso ma collima esattamente con quello espresso più puntualmente da Fiorella.
Dagli interventi,finora, però oltre a qualche dotta citazione di cui faccio tesoro,non è emersa alcuna problematicizzazione o inizio di riflessione sull'argomento da me posto e che mi sta molto cuore sempre nello spirito di Decidiamo Insieme,ma anche dopo avere pensato il da farsi.E' inutile chiarire che sono rimasto molto ma molto deluso,e con me molti altri, per come è stato gestito e governato il momento politico elettorale:dal primo momento ho inviato messaggi da questo blog e parlato con amici dell'associazione dell'opportunità e della necessità di cogliere questa grande e bella opportunità non solo di fondare il movimento e dotarlo di tutti i ricchi contenuti di cui parla Rossi Doria nel suo ultimo editoriale,ma soprattutto di accogliere gli inviti a sedersi al tavolo decisionale dei destini della città per dare un contributo proprio con il patrimonio di idee e di proposte di Decidiamo Insieme.Non ho capito e mi diventa ancora più difficile capirlo a distanza di tempo, il perchè si è voluti restare sull'Aventino in attesa di un emplein elettorale che era solo follia sperare;e non avere avuto l'umiltà di accontentarsi di lavorare a latere, nella nostra autonoma identità, per esprimere una voce diversa ma di sostegno al centrosinistra e ricevere un riconoscimento anche istituzionale davanti al nostro elettorato con una visibile legittimazione allo sforzo di tutti e forte speranza di successo per altri passi successivi. Oggi siamo al palo, con il caldo e a ridosso delle vacanze a parlare e a discutere di temi certamente interessanti ma che non so come si potrà avere la capacità di affrontare se non sul piano del volontariato, e senza che qualcuno degliiscritti,esclusa Fiorella,abbia detto uno straccio di pensiero sulla mia proposta di collegarci e discutere un terreno comune di azione politica con altre forze,ma che in questo momento possono essere politicamente molto importanti per fare massa critica e per disegnare insieme strategie e obbiettivi e comuni.Insomma si è persa una irripetibile occasione per mettere a frutto nell'interesse della città un'attenzione espressa anche da Fassino quando mandò da Napoli, il messaggio di intercettare e guardare con interesse a movimenti di dissenso della area di centrosinistra, capaci come il nostro di portare un valore aggiunto ad un sistema ingessato come quello dei partiti e per aiutare a riaprire una dialettica ed un dibattito sulle cose da fare con la gente e per la gente.
ma come è colto, sagace e sarcastico pantani...
Caro Paolo.non mi sembra quella di Porta un'idea da far rizzare i capelli in testa.Il suo progetto-sogno parla di una città dell'automobile
a Scampia,con un quartiere che abbia come centro produttivo l'offerta di servizi e attività connesse a tutto quanto gira intorno allla formula uno.Con l'insediamento anche del Centro Motori che favorisca la formazione di competenze legate a questa materia.E'un ipotesi brillante e fuori dagli schemi per fare uscire e utilizzare i vialoni,le larghe strade e le attuali strutture in modo diverso,sul modello di una Montecarlo del Sud con una offerta anche di tipo turistico che possa coinvolgere anche i quartieri degradati e offrire loro una riqualificazione con uno sviluppo di tipo diverso
sono d'accordo con Francesco perchè quella di Porta penso sia nient'altro che una provocazione. Pensate che una piazza telematica o qualche negozio o la semplice sostituzione delle vele con altre case possa trasformare Scampia? Io credo che Scampia è un quartiere che necessita di un intervento forte e radicale che riesca a dare un'anima al quartiere e a noi che ci viviamo, anzi "dormiamo". Perchè la mia vita dalla mattina alla sera si svolge fuori da Scampia. Città dell'auto come città della musica o città dello sport etc etc...è lo stesso. Almeno questo è quello che ho colto io in quell'intervento. Maria Chiara di Scampia
Premetto che non conosco affatto la problematica. ma, proprio per capirne di più, mi piacerebbe conoscere quale è la realtà di Scampia.
In qualche maniera è divenuto il simbolo del degrado periferico di questa città. Ma perchè ?
Potrebbe chi ci abita, chi la vive, chi la conosce provare a descrivere in termini di tessuto sociale, culturale, economico, urbanistico questa realtà ?
Quanto è occupata da economia e vita "criminale" e quanto no ? Come si è stratificata nel tempo e come realtà diverse di provenienza e attuali vi si intrecciano ?
Francamente, leggendo alcuni interventi di questo ed altri posts, il mio immaginario a proposito è cambiato. Il che vuol dire che vi è anche una questione di "comunicazione dominante" che genera alcuni paradigmi, che sono poi difficili da eradicare e attraverso i quali si contribuisce a mantenere uno statu quo.
Un aspetto che è venuto fuori dagli ultimi posts, è che vi convivono realtà ben distinte - una delle quali costitutita da una middle class relegata in una area suburbana che tale non è riuscita a divenire, rimanendo solo "quartiere dormitorio".
Ma quanto è questa marginale o predominante rispetto ad altre realtà più "disperate" ?
Quanto i traffici camorristici giovano dal mantenimento di una grande area franca, cui concorre anche una scarsa volontà di apportare modifiche ?
Qui a Napoli, riusciamo a drammatizzare tutto; altrove la parola monnezza non è neanche nominata, da noi occupa generazioni e generazioni.
Ugualmente, Scampia - senza il bubbone del narcotraffico - come si presenterebbe ?
Perchè è come l'uovo e la gallina: il governo Prodi vuole i grandi progetti per Napoli, ma se L'UNICO GRANDE PROGETTO fosse quello di stroncare ORA E SUBITO i grandi centri di malaffare e poi su questa nuova realtà progettare il futuro, non sarebbe più economico ?
Trovo le osservazioni di Roberto Vallefuoco sull'approccio da "riserva indiana" a proposito di Scampia metodologicamente inteliggenti ed appropiate. Nell'articolo pubblicato su Metrovie sulla "riduzione del danno" i riferimenti espliciti a Scampia, presenti in una prima versione leggibile su napolionline, sono stati eliminati.
Tornando brevemente al progetto, la mia idea è di sollecitare un dibattito nazionale sul tema 'RIDUZIONE DEL DANNO E LOTTA AL NARCOTRAFFICO' da tenersi a NAPOLI, considerando la città nel suo insieme e non solo un suo quartiere. che poi, questo dibattito possa materialmente coinvolgere anche Scampia è un apetto politico/simbolico non trascurabile nel senso che mi pare indichi lo stesso Vallefuoco.
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