16 dicembre, 2011

Pensare di più

Veniamo da anni orribili, per quanto riguarda fatti, linguaggi e messaggi di chiusura, odio e paura per gli altri. Sì, gli altri. Perché siamo tutti uguali e, per fortuna, diversi. Eppure pare che ce ne siamo dimenticati. Che abbiamo digerito senza tanti problemi le immagini dei barconi a fondo a largo di Lampedusa, le notizie di pestaggi, caccia alle streghe contro immigrati e rom nelle nostre città- l’ultima di queste proprio in questi giorni, a Torino (due anni e mezzo fa, a Ponticelli) . Pensando a quel che è accaduto a Firenze, mi viene in mente che ha ragione Adriano Sofri quando chiede di non appellarci alla follia per spiegare i fatti. Nell’essere contro gli altri in modo estremo, certo, c’è sempre un “tratto di follia”- Una follia specifica- la paranoia. La follia non può essere negata, ma non aiuta a capire, a guardare oltre la superficie, a ragionare sul collettivo, sulla comunità in cui matura e poi esplode il gesto tremendo.

Ed è troppo facile spiegare il tutto con le categorie degli estremi: estrema destra, in questo caso.
In Italia c’è un humus razzista che si riproduce tra antichi pregiudizi e una nuova paura di fronte alla crisi economica globale e anche al “senso di retrocessione” del Paese a confronto con i vicini europei. Alla paura più antica del mondo, quella del diverso da noi, si somma il senso di vertigine per una caduta che ci allontana dall’Europa e forse evoca dentro ciascuno il fantasma di essere schiacciati contro l’altra sponda del Mediterraneo, proprio là da dove arrivano i disperati e diversi. Le paure prendono strade loro proprie: “Non è che chi arriva cerca futuro e noi qui lo stiamo perdendo?”. I gesti tremendi sono frutto di follia e di perfidi convincimenti- ideologie malate e orrende. Che salgono come rigurgiti dal “secolo breve”. Ma sono anche nutriti dalla paura.

Casapound è espressione di questo humus: luoghi in cui condividere ed esprimere la predica fanatica e il linguaggio dell’odio, contro le banche, la finanza, le razze “nemiche”.Luoghi della paura e delle semplificazioni che servono a rimuoverla. Scrivevo qui della necessità di entrare nelle sedi di Casapound per aprire un dialogo, per quanto difficile. Chiedevo anche che quelle sedi si aprissero per moto proprio. Sono ancora convinto di quel che affermavo. Ma oggi Casapound deve scusarsi. Non basta dichiarare folle un loro militante oggi omicida, né incontrare la comunità senegalese, seppure sia un gesto apprezzabile. Sarebbe il momento per loro di aprire una seria riflessione sui linguaggi e sui messaggi. Accettare la complessità del mondo in cui viviamo. E aprire un dialogo, per quanto le posizioni di partenza siano lontane fra loro. Questo Paese ha bisogno di una riflessione profonda sui diritti dell’uomo e sui principi fondanti della comunità. Fatti come quello di Firenze non possono semplicemente essere archiviati con la retorica dei buoni sentimenti, nell’assenza della politica e nella semplificazione mediatica. Occorre pensare e discutere. Molto di più. Pensare a quali parole, occasioni, esperienze servono per guardare diversamente, sì agli altri, ma innanzitutto a noi stessi.

3 commenti:

Fabio Albanese ha detto...

Nell'apprendere che il Ministero è intenzionato a riproporre nel 2012 i concorsi a cattedra per i vari ordini di scuola, ancora una volta, e confidando in una risposta, torniamo a chiedere conferma che il diritto acquisito da coloro che dispongono del diploma di maturità magistrale di partecipare ai concorsi a cattedra, in quanto in possesso di titolo abilitante in modo permanente all'insegnamento nella scuola elementare, non verrà messo in discussione.
In tal senso rimaniamo in attesa di una risposta chiarificatrice da parte del Ministro Profumo.


Fabio Albanese
Coordinamento ADIDA

Anna ha detto...

Il problema non riguarda solo il razzismo ma investe i rapporti familiari, personali, il mondo della scuola.
Non si tratta solo di ideologie fasulle ma di qualcosa che investe il profondo dell'essere umano. La mancanza di intelligenza emotiva, di empatia e di comprensione è alla base della disgregazzione sociale. Nel momento in cui i verbi delle persone sono soprattutto l'avere e il fare, c'è sempre meno spazio per l'essere e per l'amare.

Anonimo ha detto...

mi fa piacere che hai postato sui fatti di firenze. c'è un clima di chiusura nei confronti dell'altro e di rifiuto della complessità e non solo in questo paese (vedi i fatti di Norvegia quest'estate). Ed è troppo riduttivo risolverla con la categoria della "follia". Hai ragione a dire che bisogna riportare le persone a pensare e riflettere di più sulle parole e sulle azioni anche quotidiane. E questo a partire dalla scuola. Per questo credo che sia altrettanto doveroso prestare attenzione a episodi come quelli della docente di Caserta. C'è un tessuto sociale da ricucire in Italia, ma anche nel resto dell'Europa. Un Caro saluto. ANtonio