24 settembre, 2010

Cronaca di un giovedì

Il Napoli e la monnezza
Sono arrivato a Napoli di pessimo umore per la sconfitta interna del Napoli col Chievo: 1-3. E i ragazzi del mio quartiere mi hanno subito raccontato che lo stadio era pienissimo e che era stata una mortificazione uscire in così tanti a viso basso. Ho pensato a come le delusioni sportive si avvinghiano intorno a un magone persistente dovuto allo stato della città, aumentandone il peso. E nelle narici e negli occhi ne ho subito avuto la conferma: nel mio quartiere come altrove i cumuli di monnezza sono alti come nei tempi peggiori e il caldo ha fatto il suo effetto aumentando il tanfo. Mi sono venute alla mente le scene della grande crisi. Del resto tutti i giornali nazionali ne parlano. Ma al solito l’analisi più puntuale di questa rinnovata crisi dei rifiuti ci viene da Francesco.

E' 'na parola riprendere la parola
Sono arrivato presto a Santa Maria la Nova per la nostra assemblea-iniziativa che vuole riprovare a dare parola allo stato reale della città e alle cose da fare. Infatti l’abbiamo voluta chiamare: riprendersi la parola. Sembra facile!. E’ ‘na parola riprendere la parola! Da quattro anni e ancor più negli ultimi mesi avverto - nelle parole, appunto, dei ragazzi, degli amici, dei colleghi di lavoro e nella mia “voce di dentro” - uno sconforto estremo. Perché c’è stato a Napoli – in tutti i campi della vita – un vero breakdown nello spirito della città, una china inesorabile, terribilissima, segnata da una catena di lutti che hanno annullato la speranza. E hanno prodotto una depressione civile grave e diffusa. Che sta alla base della difficoltà, appunto, di riprendere la parola. Tale difficoltà fa sì che anche la comunicazione politica è sempre più faticosa, sviata ancor più di quella nazionale.
Due episodi emblematici
Con questo in mente, due episodi della giornata mi hanno colpito. Sono gustosi e al contempo depressivi. Tra loro diversi eppure emblematici per chi vuole guardare ai segni come evidenze e non come mere casualità. Il primo è stato banale: nella sala del consiglio della Provincia più popolosa d’Italia non funzionavano i microfoni. Punto. Abbiamo così tenuto una riunione unplugged. Che ha costretto tutti a un compìto silenzio e a una maggiore attenzione. Il secondo episodio è stato attivato dall’ultimo post nel blog di Antonio Bassolino. Che aveva riportato la nostra iniziativa pubblica nelle ore precedenti come uno dei luoghi per riparlare della città. Niente altro che questo. Ma che i giornali avevano riportato con qualche titolo enfatico. Così, nella rete, le poche righe dell’ex governatore sono state lette da tanti addirittura come appoggio a una mia presunta candidatura a sindaco. Tanto che se ne chiedeva conto a quelli ritenuti “davvero informati”, che un’amica mi ha riferito che “tutti sanno che hai già preparato i manifesti”, che gli amici di napolipuntoeacapo mi hanno rivolto alcune domande.
Ma ben al di là di questo episodio, continua a colpire l’evidenza che, ancor più che altrove, nella nostra città, vale molto di più il supposto o il paventato di quello che uno dice o scrive e argomenta e fa lungo la sua vita.

Ritorno ai fondamentali
C’è davvero bisogno di un ritorno ai fondamentali. Così ad apertura dell’incontro ho ricordato che non mi sono candidato a sindaco. E ho sottolineato come il declino nei modi della politica nella città abbia prodotto guasti anche nell’uso della parola e dell’immaginario politico. Ho evidenziato come – l’ossessione sulla parola scritta da Bassolino – mostra anche quanto si è ancora intrappolati intorno all’idea di capo che detta l’agenda e guida alle soluzioni - il deus ex machina. Che svia da ogni esercizio democratico. Sono i miei temi di sempre: invece di affrontare la fatica dell’analisi e dell’elaborazione di proposte in risposta ai bisogni complessi e ai problemi si cercano scorciatoie, si seguono trame, si preferiscono i personalismi. Che hanno contribuito a ledere speranza nello spirito pubblico. Tanto che una nuova stagione non può che partire dalla fatica di proporre confronto vero e argomentato sull’economia, la pubblica amministrazione, la gestione del territorio, improntato anche a ricostruire comunicazione e confronto in senso liberale. Ho, poi, sottolineato come è ora di riprendere un’idea di città produttiva.

L’assemblea
Comunque l’iniziativa, ben riportata da Norberto in rassegna stampa e soprattutto con questo clip, è servita per spostare un po’ di attenzione sui problemi e le possibili soluzioni. Sono venute circa 120 persone. Pochi giovani – va detto. E troppe facce conosciute. E c’è, dunque un gran lavoro da fare. Per allestire ascolto diffuso. Fin dalle prossime settimane, municipalità per municipalità. Come ha proposto Sergio D’Angelo nelle premesse. Si tratta – ha detto Sergio – di un lavoro che intende ridare, appunto, parola. Che inverte le priorità spostando l’asse dal nome dei candidati intorno ai quali fare la consueta campagna ai temi della città. Il dibattito è stato ricco. Adriano Giannola ha descritto lo scenario entro il quale è possibile ridefinire un meridionalismo delle produzioni e dei mercati, una versione “nittiana” adeguata al terzo millennio, un’opera di ricostruzione economica, sostenuta in modi non protezionisti eppure tali da riconoscere l’esclusione effettiva del Mezzogiorno dallo sviluppo europeo, un’opera complessa da proporre entro i nuovi scenari Europa-Asia, nella quale la più grande area metropolitana del Sud non può non cercare un ruolo centrale. Si è soffermato sui diversi errori politici dovuti a approcci culturali provinciali e di corto respiro, che abbiamo subito troppo a lungo e alle scorrette analisi sulla fine della Questione Meridionale. Ha prospettato il compito di un aggancio del Sud alla green economy, una ricostruzione del credito, all’attenzione alle reti di legami sociali ed economici - cose che vanno guidate dalla politica di una grande città. Enrica Morlicchio, nella scia anche di un lavoro teorico che si sta riprendendo, finalmente, su questi temi, ha tracciato le gravissime dimensioni della povertà in città e i suoi nuovi caratteri insieme a una valutazione argomentata di quei dispositivi di welfare che pur hanno funzionato e che forse vanno ripresi, aggiornati, migliorati. Isaia Sales, a partire anche da un riconoscimento della propria parte nelle politiche pubbliche, ha posto l’accento sulle iniziative possibili se si considera Napoli come parte politiche dell’area che la circonda, dell’Italia, della UE e del mondo. Ha difeso alcune delle buone ragioni della sinistra in città anche se queste sono state poche efficaci a causa di un’idea di politica che ha escluso molte risorse umane, preferendo la pratica della cooptazione. Ha, poi, svolto considerazioni sulle aziende partecipate e il loro governo e sulla gestione dell’ordinario. La riunione è proseguita accogliendo taluni brevi interventi centrati su temi urbanistici, la questione dei rifiuti che continua a seguire logiche di potere anzicché partecipative, il come dare continuità a reti, azioni e servizi, il come usare i fondi pubblici e anche come rispondere alle politiche di governo sul pacchetto Sud. E si è conclusa con il rilancio di un prossimo calendario di iniziative, centrate sulla responsabilità attiva delle reti di cittadini, ben oltre il recinto dei partiti, ormai assai povero.

3 commenti:

Pino ha detto...

Napoli ha bisogno di tenerezza. Occorre riprendersi la vita. Occorre riprendere respiro. Perché ci sia la parola occorre che si riprenda la voce. Interiore. A sentirti, a leggerti, Marco, mi viene la tua tenerezza. La tua è una voce interiore. Quella più fuori possibile della politica. Appunto la voce interiore. Viene fin troppo facile ripetere che alla politica manca questa voce perché possa sentire e registrare nelle sue parole la voce interiore della città. Soffocata. Lo ripeto spesso. Ne ho fatto uno slongan: una città arriva fin dove la voce ha parola, quando invece resta muta o si smorza in un grido, la città finisce. Davanti alla morte assurda di chi toglie la vita a una donna per 2500 €, la parola manca. Davanti alle strade asfaltate di immondizia, si resta increduli e muti. C'è dolore in questa città. Nessuno ne fa parola. Non basta andare ai confini geografici. Sono i confini interiori che si sono ristretti fino a renderli increduli e muti. Resto convinto che sei l’unico a potersi dire candidato, nel senso più autentico dell’espressione, perché la tua è una parola che viene dalla voce interiore. In questi mesi oltre che nelle carceri e nelle scuole del disagio e dell’eccezione, sono stato tra i disoccupati. Persone. Sui giornali invece leggo che sono una categoria, ne leggo le sigle. Sono persone, con volti e voci soffocate o costrette a rivestirsi di una parola non propria. L’educazione civica è un’educazione sentimentale. Questa città richiama a un sentimento di cui nessuno più conosce le parole per evocarne la voce. I suoi problemi sono solo espressione di distorsioni. Si indicano soluzioni e modelli disappartentivi. L’appartenenza è ascolto, quando non cede all’etnie, alle confessioni e ai partiti. L’appartenenza è ascolto, si dà lasciando raccontare. Viviamo un presente che non potremmo raccontare, né c'è chi può farcelo ascoltare nel nostro racconto, senza respingerlo o sparlarne sopra. Non abbiamo futuro perché non viviamo un presente che si possa raccontare. Qui tutto è fermo e si ripete con una ciclicità talmente rapida da risultare immobile. Per me sei l’uomo giusto, perché cerchi di raccontare, parli ascoltando, ricondando quel che si deve dimenticare per poter essere presente adesso a scegliere e decidere insieme per il bene comune. Ti ringrazio. Non è lastanchezza o il vuoto della politica, ci manca una politica interiore.
Pino

Anonimo ha detto...

Ero anch'io all'assemblea di giovedì scorso perchè credo nella responsabilità di ogni cittadino che ha voglia che le cose cambino di dover partecipare. Ho ascoltato con molta attenzione i pur autorevoli interventi alcuni troppo lunghi e non c'è stato tanto spazio per i commenti. Credo che nessuno degli interventi raccolga gli umori di quei cittadini, catalogateli come volete, che sono educati ed amano il viver civile anche se sono napoletani, che odiano gli stereotopi positivi o negativi che ci rappresentano e che vorrebbero una città 'normale. Si è volato alto auspicando la rinascita della città, io invece vorrei un sindaco che non faccia alta politica ma come un buon amministratore di condominio sappia risolvere non i grandi problemi come la camorra o la disoccupazione ma le minime iniziative amministrative del vivere quotidiano. vorrei vivere in una città mediamente pulita, dove i dipendenti comunali lavorino tutti i giorni per quei pochi giardini e fioriesi in modo che curino quotidianamente senza aspettare che secchino per poi sostituire le piante con un costo superiore per i cittadini e il non rispetto per la natura. Vorrei una città che ami e tuteli i suoi monumenti con le belle chiese sempre aperte e magari con un centro storico chiuso al traffico come succede in tutte le città del mondo. vorrei una città dove il sindaco responsabile della salute pubblica, e del traffico urbano non si lamenti se per la 37esima volta non riunisca il consiglio perchè gli assessori sono bloccati nel traffico o non trovano il parcheggio che usino la metropolitana per esempio. Queste e tante altre piccole cose chiedo non mi interessa l'alta politica progettuale perchè la politica non è capace di progettare a raggi lunghi vorrei per sindaco un buon amministratore di un condominio allargato!

Pietro Spina ha detto...

Con il consenso di Marco Rossi Doria, sottopongo alla Vs. attenzione questa iniziativa, promossa anche dai Giuristi Democratici, per la morte di Teresa Buonocore. Sono certo che chi condivide una certa sensibilità per le cose tremende che capitano nella nostra città, non possa restare indifferente.
Mario Mastrocecco

> "Spesso la notte, prima di addormentarmi, mi chiedo: `Ma come fanno a prepararsi a lanciarmi delle pietre, a mirare al mio viso e alle mie mani? Perche´?...Dite a tutto il mondo che ho paura di morire. Aiutatemi a restare viva e a poter di nuovo tenere i miei figli fra le braccia".
> Questa richiesta di aiuto di una donna iraniana sembra essere stata la stessa richiesta di Teresa Buonocore, donna occidentale, meridionale, che pochi giorni prima della sua "esecuzione" aveva diffuso sul suo network! ... Fatalità?...
> E quella di Teresa, la nostra Teresa, vittima della criminalità organizzata per aver avuto il coraggio di una madre... di una donna, non è stata una esecuzione esattamente come lo è la lapidazione in Iran?...
> In Iran come in Occidente: Sakineh come Teresa Buonocore!!!
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> L'Associazione Giuristi Democratici di Napoli, per non dimenticare e per distruggere l'omertà che sembra essere diffusa come un cancro nel nostro Paese ormai da tempo, parteciperà all'assemlea, venerdì primo ottobre, ore 17,00 presso il Teatro Eduardo a Portici, città di Teresa, in Piazza San Ciro, che si cocluderà con una fiaccolata.
> Invito tutti a parteciparvi per ricordare, ognuno a modo proprio, la nostra amica Teresa Buonocore!
> Giuristi Democratici Napoli