Questi sono giorni cupi per chi - per condizione esistenziale o per mestiere - assolve a funzioni educative. Infatti la vicenda delle liste elettorali ha molte conseguenze nella vicenda politica e in quella relativa al più vasto patto tra cittadini e tra questi e le Istituzioni.
Ma rappresenta anche una ferita mortale a quella decisiva funzione umana che è l'educare.
Noi tutti, infatti, possiamo pretendere di educare i nostri figli, gli alunni o chi da noi vuole imparare un'arte o uno sport, solo se sono salvate alcune inderogabili condizioni. Se ci assumiamo il carico dell’esempio e del modello da fornire e, dunque, curiamo noi per primi la coerenza tra i proponimenti dichiarati e i comportamenti. Se presidiamo con costanza le procedure, le regole e i limiti, permettendo, in tal modo, ai più giovani di potervi fare i conti attraverso la adesione progressiva, per prove ed errori.
Ma poiché il mondo è imperfetto e noi con esso, dobbiamo anche assumerci - nella umana possibilità che le regole vengano disattese - l'onere di pretendere l'umiltà necessaria a rimediare alle conseguenze di tale disattesa. E se questo vale per i più giovani, vale a maggior ragione quanto più si è avanti negli anni e quante maggiori responsabilità si assumono. E' per questo che si educa al saper chiedere scusa sapendola chiedere a nostra volta. E che si attribuisce generale valore alla fatica delle ammissioni pubbliche di inadeguatezza ed errore. E che le si accoglie quando vi è una qualche sincera forma di contrizione e una riflessione leale sugli sbagli commessi. E non quando c'è la pretesa di avere torto e di invocare al contempo ragione.
Nel modo in cui si è preteso di rimediare al «pasticcio» sulla presentazione delle liste, ben al di là del merito della soluzione trovata, è evidente che chi occupa la posizione non solo politica ma simbolica del governo del Paese ha disatteso a queste funzioni adulte. E ha procurato una ferita simbolica severa al nostro poter educare. E con ciò ha indebolito - più di quanto già non lo sia - il papà che pretende coerenza tra la promessa ricevuta e gli atti del proprio figlio, il preside che prova a far rispettare gli orari e, se questi vengono disattesi, pretende le scuse prima della riammissione in aula, il mister della squadra di calcio di adolescenti di periferia che chiede ai ragazzi di seguire le regole e di rispettare l'arbitro e anche di ammettere il fallo commesso, la maestra di scuola d'infanzia che chiede alla bimba di quattro anni di non sgomitare per arrivare prima dei compagni e, se rimessa in fondo alla fila, di non pretendere di avere avuto ragione comunque.
Ci può essere una via di uscita? Certo. Chiedere scusa. Semplicemente e seriamente. Con la generosità leale che il gesto richiede. Sapendo che poi ci saranno degli atti conseguenti, da costruire insieme agli altri. Che dovranno a loro volta disporsi per farlo. Come accade per ogni riparazione. E se, per una volta, miracolosamente, questo fosse accaduto, sarebbe stato un piccolo regalo alla capacità di questo Paese di ritornare ad educare.
Questa cosa l'ho scritta per "la stampa" del 10 marzo.
Ma tutti sanno che chi doveva chiedere scusa ha invece raccontato un'altra storia, in modo aggressivo, vittimista e male educato.
1 commento:
Ho letto solo oggi, in ritardo, purtroppo la " buriana" si è dispiegata con tutta la sua negatività e temo un'altra ondata per sabato prossimo dal dispensatore d'amore.
Mi chiedo, ma visto che questo gioco si è ripetuto altre volte, noi, gli altri, non potevamo fare nulla per evitare di cadere sempre più in basso?
grazie comunque Luigi
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