05 novembre, 2008

Notte beata notte

Sono stato la notte incollato alla tv Sky di casa di mia mamma. Ché le tv nostrane erano imbottite dei nostri politicanti. Che dicevano cazzate.
Stavo solo come davanti a un miracolo che si doveva fare strada. Forse. Chissà. Magari fosse. Tutti dormivano. Sorseggiavo una tisana dopo l’altra. Ho rivisto nove volte il pomeriggio di riposo di Obama. A giocare a basket coi vecchi amici, con la t-shirt rigata dal sudore. Gente normale, che Iddio la benedica.
Ho vissuto le prime ore di incertezza. Guardavo ammirato le file con le facce delle donne e dei ragazzi di tutti i colori, sorridenti o assorti, coi cani al guinzaglio o la bici alla mano, pazienti, sotto l’acqua per ore… a votare. Facce pacate, decise. Che entravano nei bar e nelle chiese, nelle lavanderie e nelle palestre delle scuole. Dove c’erano i seggi.
Quando, verso le due e trenta, ho visto che sulla repubblicanissima rete Fox il tremendo Rowe, lo stratega di Bush, ammetteva – con tono tra il malinconico e l’ammirato - che la macchina di Obama stava mietendo davvero il territorio, ho iniziato a capire. Incredulo ed esaltato.
Poi ho visto sulla Cbs e la Cnn tingersi di blu gli stati che tagliavano la via a McCain. Uno dopo l’altro: le contee decisive dell’Indiana, l’Ohio della classe operaia irlandese e italiana, conservatrice fino al midollo, il New Mexico dei latinos che hanno girato il loro voto, la Florida che si è riscattata, con i figli dei profughi cubani che non credono più a Cheney e Bush.
Mi è venuta su una commozione vera. Mi sono dovuto alzare e uscire sul balcone a respirare nella notte. So che non è tutto oro quel che luccica e che forse ci sarà disillusione. Ma ero contento e emozionato fino alle lacrime.
E ho pensato a mia mamma americana che ora non capisce nulla ma che ha speso una vita per queste cose. Ho pensato che solo sei anni fa Obama girava per la periferia Sud di Chicago a fare le assemblee sulle cose di interesse comune, comunitario, con le procedure della democrazia deliberativa, costruendo programmi possibili dal basso. Le cose che in tanti diciamo, inascoltati, che si possono e devono fare. Ho pensato al villaggio del padre di Obama, in Kenya, vicino Kisumu, sul grande lago Vittoria. Mi sono venuti alla mente gli alti alberi di jakaranda tinti di viola, affacciati su quelle acque, tra le casupole di legno e lamiera.
Mi stavo emozionando troppo. E sono andato vigliaccamente a dormire mentre sugli schermi si vedeva affluire la grande folla di Chicago. Che andava a riempire lo stesso parco dove nel 1968 ci fu la protesta contro la convention democratica, quella con gli scontri e i morti, quella della canzone di Stills, Nash e Young.
Notte beata notte. Mi sono svegliato presto. E come una benedizione, riaccendendo la tv, ho sentito l’ammissione elegante e seria dello sconfitto e il magnifico discorso di Obama davanti a una folla immensa. Che diceva che avrebbe fatto anche cose su cui si poteva non essere d’accordo e che lui avrebbe ascoltato soprattutto il disaccordo e che non era una questione di presidenza ma molto, molto di più. Così. In modo piano. Con quella faccia leale, diretta. Bella ma bella.
E noi – ho pensato – che siamo costretti qui a essere pure un po’ invidiosi. Perché abbiamo questi qui sempre davanti. Brutti ma brutti. Sempre loro, sempre gli stessi, elezione dopo elezione… Sì, pure McCain pareva non solo mille volte meglio del Berlusca ma pure di Veltroni.
Ma ora chi se ne importa. E poi si vedrà. Si vedrà.
Stamattina sono uscito diverso per il mondo. Perché la notte è stata beata notte.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Se ancora c'è qualcuno che dubita...
... che l'America non sia un luogo nel quale nulla è impossibile,
che ancora si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori
è tuttora vivo in questa nostra epoca,
che ancora mette in dubbio il potere della nostra democrazia,
questa notte ha avuto le risposte che cercava.


La risposta è la voce di giovani e vecchi, ricchi e poveri,
Democratici e Repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi
d'America,gay, eterosessuali, disabili e non disabili: tutti americani che hanno inviato al mondo
il messaggio che noi non siamo mai stati un insieme di Stati Rossi e Stati Blu.
Noi siamo e sempre saremo gli Stati Uniti d'America.
>>>> Traduzione del discorso di Obama a Chicago

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ciao Marco
nadia