Ho partecipato agli stati generali per la scuola del Sud.
Che sono finiti con l’ultimo concerto di Miriam Makeba. La sua morte in quelle lande, con tante persone nere sfruttate al suo ultimo concerto, generoso – lei che aveva smesso di cantare e ballare in pubblico e che proprio lì è tornata a farlo - ha il segno quasi della poesia.
Ma resta un tormento dentro… che i nostri luoghi portano con loro tristezza, dolore, male, fine delle cose buone.
Agli stati generali ho fatto una relazione tecnica sui legami diretti e dimostrati tra il perdurare della povertà e quello della povertà di istruzione nel Mezzogiorno… cose che ripeto qui e altrove, un po’ all’infinito. E che oggi sono state riprese su Repubblica nazionale anche da Pirani che cita questo luogo.
I giornali hanno posto l’accento sulle solite polemiche locali: era un clima troppo rifondarolo, il rappresentante del PdL è stato verbalmente aggredito sia pur dopo varie provocazioni. Eccetera.
Lì c’era tanta gente attiva nelle scuole che si è confrontata. E delle proposte sono emerse. Su queste sono contento di avere lavorato. Faranno però fatica a farsi strada. Le riprenderò per esaminarle in dettaglio nei prossimi giorni. Poi c’è stata anche un po’ di demagogia e quel bastare a se stessi che non basta. In particolare, a me ha dato fastidio che gli enti locali del Sud, spesso e da tempo retti dal centro-sinistra, non sappiano mai raccontare la loro parte nel disastro della mancata formazione al Sud… perché una parte l’hanno avuta e non stiamo così messi solo a causa della Gelmini.
Comunque lì c’erano tanti ragazzi e prof. bravi. Di scuole dove è davvero difficile andare ogni mattina a insegnare. E per queste cose e la tenacia di volerne parlare ci vuole rispetto.
A me di Miriam Makeba non vanno via dalla testa tre cose: lei che canta Malaika prima piano piano e poi e poi..., una sua famosa litigata con suo marito, Stokley Carmaichael, pantera nera degli anni sessanta, di un maschilismo insopportabile, un abbraccio con Mandela in una Johannesburg in festa. E’ morta nella piana dei Casalesi a sostegno di un ragazzo di meno di trent’anni che ha scritto un libro che ci è servito. Ma che non basta. Nella piana dove gli uomini neri lavorano sotto i capi bastone, nella Caporetto italiana del secondo millennio.
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