28 aprile, 2008

Voti e vita

Dalle nostre parti la politica è messa in tal modo che non vuole o non sa neanche analizzare il voto. Un segno ulteriore dell’emergenza democratica, gravissima, su cui ho risposto alle domande di Norberto Gallo in un intervento via radio on line.

Invece in un bell'articolo – uno dei pochissimi – in cui si prova ad analizzare il voto politico, Luciano Brancaccio mostra che nei quartieri centrali delle città del Sud il Pd tiene testa alla destra mentre nelle periferie cede decisamente il passo e che a Napoli è sotto gli occhi una frattura socio-economica dietro questa polarizzazione territoriale e politica.

Per i cittadini che stanno peggio si profila una sorta di Waterloo della speranza. E questa si sta traducendo in crescita del voto di destra.

Sono cittadini considerati preda del messaggio mediatico più facile e della conservatissima pratica dello scambio clientelare, sempre più a basso costo (una ricarica telefonica, un lavoro di qualche settimana durante le campagne elettorali, la soluzione più rapida di una banale pratica o l’ottenimento di una facilitazione a cui si aveva diritto, qualche promessa di ingresso in liste di disoccupazione per entrare nelle solite contrattazioni).
Sono cittadini che non hanno ascolto strategico per i bisogni e le esigenze di medio e lungo periodo quali formazione, sviluppo sostenibile, liberalizzazione e facilitazione dell’accesso al lavoro, effettivo accesso ai servizi, ecc. Cose di cui, infatti, non si dibatte credibilmente nel centro sinstra e nella sinistra.
In difficoltà, non ascoltati, essi rischiano di essere una nuova stabile base della destra nelle zone urbane del Mezzogiorno.

Ma chi sono questi cittadini?
Forse ci aiutano i dati Istat sulla povertà, quella condizione che è massicciamente presente appunto nelle periferie urbane e ancor più in quelle del Sud.
2 milioni 623 mila famiglie, pari al 11,1% del totale vivono sotto la soglia di povertà in Italia.
Di queste 1 milione 713 mila sono residenti nel Sud. Sono, in percentuale più del doppio. E in due anni sono aumentate, dal 21,6% al 22,6%, in modo particolare in Sicilia e anche in Campania.
La possibilità di essere poveri aumenta nelle famiglie numerose, in quelle con bambini e anziani aggregati, in quelle con il portatore di reddito con bassi livelli di istruzione, operaio, in cerca di occupazione o con occupazioni precarie o a termine, irregolari, al nero ecc.

Il dato sulle famiglie povere si traduce in 7 milioni 537 mila individui poveri, pari al 12,9%.
Di questi 1 milione 809 mila sono minori, il 17% del totale dei minori italiani. In percentuale ci sono più poveri bambini e ragazzi che adulti. E nel Sud – segnatamente nelle periferie urbane - risiede quasi il 70% dei minori poveri, 1 milione 245 mila. Il 41,5% vive in famiglie dove una spesa di 600 euro costituirebbe un problema; il 30,5% non ha avuto soldi per vestiti necessari; il 23,9% ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese; il 6,7% ha avuto difficoltà ad acquistare cibo.
Non votano per ora. Ma abbandonano rapidamente la scuola e la formazione, posseggono pochi strumenti per esercitare la cittadinanza attiva e sono lontani da ogni idea di partecipare alla politica.

Un altro milione e 601 mila sono anziani poveri, il 14,2% del totale degli anziani. Le situazioni più gravi si hanno per le famiglie di anziani che vivono soli, una condizione più rara al Sud che al Nord ma in crescita. Per il 37,1% di questi cittadini una spesa imprevista di 600 euro costituirebbe un problema; il 16,3% ha avuto difficoltà ad acquistare i vestiti necessari, il 15,4% ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese, il 13,4% ad acquistare medicine e il 13,2% a riscaldare l’abitazione. Ma nel Mezzogiorno le cose peggiorano di molto: ben il 40,4% delle famiglie con anziani dichiara che una spesa imprevista di 600 euro costituirebbe un problema; il 24,3% dichiarano di avere avuto difficoltà ad acquistare abbigliamento necessario e il 21,8% nel caso di medicine. Quasi 1/5 delle famiglie meridionali (20,4%) dichiara di avere avuto difficoltà a riscaldare l’abitazione.
Gli anziani votano e però sono anche preda di disaffezione forte dovuta a simili condizioni.
E’ la povertà percepita. Che si nutre di episodi reali, potenti nel creare opinioni sul mondo e sulla politica. Che in forme diverse coinvolge anche chi vive poco sopra la soglia di povertà.

Secondo l'indagine Eu Silc il 41,2% delle famiglie in Campania non sono riuscite a sostenere spese impreviste.
Ragazzi appena maggiorenni, donne sole, giovani coppie, operai precari, lavoratori irregolari di ogni tipo, anziani e famiglie numerose delle periferie ma anche piccoli commercianti, impiegati, lavoratori autonomi a basso reddito stanno abbandonando il voto tradizionale per la sinistra o per il centro-sinistra. Perché non c’è una politica di centro-sinistra che li tenga presente in proposte che siano reali, credibili e che ne sappia ascoltare le paure, i bisogni, le aspirazioni invece di cantar storie e al contempo omologarsi alle pratiche del notabilato meridionale di sempre.

E’ un disastro che oltre ad avere prodotto cattiva amministrazione sta regalando tutto il Mezzogiorno urbano a questa destra.

Correre ai ripari è un’opera titanica. E se ne dovrebbe almeno parlare. Certo non bastano le sfogliatelle offerte in piazza ai rari turisti.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

"E’ un disastro che oltre ad avere prodotto cattiva amministrazione sta regalando tutto il Mezzogiorno urbano a questa destra.

Correre ai ripari è un’opera titanica. E se ne dovrebbe almeno parlare. Certo non bastano le sfogliatelle offerte in piazza ai rari turisti"

quello di cui parli, nel tuo documentatissimo post, è un "sottoproletariato urbano di fame", una volta lo si chiamava , lumpenproletariat, ma oggi è tutto in disuso e disarmo e il PD con la sua difesa del ceto medio/alto (funzionari e lavoratori intellettuali garantiti), non andrà da nessuna parte.Se questa gente va a destra è perchè non sono più rappresentati a sinistra per scelta ideologica.Per le sfogiatelle visita il mio blog che continui a snobbare. Ciao!
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Anonimo ha detto...

Sì franco concordo con quanto dici. Soprattutto quando dici che il PD è percepito (e forse lo è) come il partito del ceto medio/alto. Ma quali sono le ragioni? La sinistra italiana ha un problema storico nella rappresentanza di quello che tu chiami, alla vecchia maniera, sottoproletariato. Io penso che dipenda dal modello di welfare "particolaristico" del nostro paese. Cioè un welfare pensato per le categorie di lavoratori, ma non per gli altri. Appunto, per gli insider ma non per gli outsider. Questo è un problema culturale atavico della nostra sinistra.
Se a questo aggiungi che le istituzioni pubbliche soprattutto da noi non funzionano per nulla allora la fritatta è fatta. Il ragionamento che fanno è più o meno questo: se voi vi dichiarate di sinistra e poi la munnezza al centro la ritirate e in periferia no, se davanti a me non riesco a immaginare alcun percorso credibile per migliorare la mia condizione (perchè non ci sono misure di welfare per me, oppure perché le istituzioni non funzionano), allora voto chi mi lascia passare l'illegalità con la quale sbarco il lunario oppure costruisco un piccolo patrimonio. Cioè confido sul mio privato e a quel paese le regole, la dimensione allargata, collettiva, sociale, pubblica che dir si voglia. Questo andazzo politico è la pietra tombale della fiducia sociale e questa è forse la maggiore responsabilità della nostra classe dirigente. In questi termini sta quella frattura tra pubblico e privato che ho provato a illustrare nell'articolo che Marco, bontà sua, cita.

pirozzi ha detto...

questo è un discorso serio e esemplare. il mondo visto da una parte, uk discorso che da questa parte pone problemi politici, un sapere fatto anche di cifre, di dati che pongono questioni - non slogan veterocomunisti - di giustizia universale, di principi. lasciando da parte superficiali, francamente, discorsi già fatti di soluzioni. discorsi che pongono questioni politiche fondamentali, lasciando da parte anchismi e ambizioni mediatrici indipendenti dalla costruzione dei problemi, dai conseguenti conflitti e dalle conseguenti necessità di inventare soluzioni condivise.
penso che questo sapere di marco riproponga una dimensione della politica più larga, più larga dei suoi professionisti, che nasce ma non muore nella proposizione di problemi visti da una parte (da questa come da altre). discorsi di parte con valenze di questioni generali, che mettono al centro la questione (non gli slogan) di che cosa siano oggi i diritti e la giustizia, la fatica di pensarci un po'su, che provano a consegnare, proprio in quanto di parte, alla politica una visione meno asfittica del mondo; che provano, come diceva Donolo, a cominciare una nuova dimensione di confronto per l'egemonia culturale.
la mediazione viene dopo e viene solo se ci sono diversità in ballo ed esiste, quella che ci piace a noi, solo se non media tra i vari nimby in una logica ditributiva ma li aiuta a risalire in generalità, a costruire politica.

Anonimo ha detto...

ma che vetero comunismo del cacchio!!!!Qui ormai basta solo proferire una parola per essere accusati di vetero!!!Ok ho detto sottoproletariato urbano e allora!Non sono un nostalgico del comunismo sono un nostalgico dell'obiettività.Votano tutti a destra e allora!!Alemanno a Roma ha stravinto prendendo voti da tutti i borgatari e non solo, ma vuoi sapere cosa ti dico: che Rutelli sia sprofondato mi fa piacere, che D'Alema e i suoi giochini sia fallimentare e sia stao bocciato perfino in casa sua è orgasmatico per il sottoscritto. Chi rappresentava Rutelli?Forse La moglie barbara palombelli anchorwoman a canale ? E chi rappresenta D'Alema? E Bassolino a Napoli chi rappresenta? I Cycelin direttori museali su misura, i Bonito Oliva, la moglie al Senato?E i velardi che offrono sfogliatelle? Allora io dico che questa debacle epocale non è come dice qualcuno la fine escatologica della sinistra, ma è la giusta risposta ad un amministrare corrotto e autoreferenziale. Chi ha sbagliato paghi come succede in tutte le autentiche democrazie dell'alternanza e smettiamola di pensare che da una parte ci sia solo il bene e dall'altra solo il male.

Oblomov ha detto...

@ Luciano Brancaccio

L'anno scorso, quando Sarkozy vinse le elezioni in Francia, mi sembra si facesse un analisi del voto che presentava alcuni aspetti simili a quello italiano di oggi. In particolare la sinistra, se non ricordo male, risultava maggioritaria a Parigi (dove non è un caso che esprima il Sindaco): soprattutto nei quartieri abitatati dalla Borghesia Bohemien, come dicono lì. Mi sembra ci fossero invece difficoltà nella periferia a forte insediamento operaio. Ricordo male?
In tal caso il voto italiano si iscriverebbe in una linea di tendenza "europea" che vede la Sinistra perdere la sua tradizionale base sociale, in favore di strati medio alti più acculturati.

Anonimo ha detto...

A Oblomov,
Sì, è esattamente così. In uno studio disponibile sul sito del Baromètre Politique Français si vede chiaramente che nel 2007 il voto alla Royal ha un picco nei centri urbani e cala nei territori che distano dai 10 ai 40 Km dai centri maggiori(con un picco negativo ai 40 km), viceversa Sarkozy prende il picco positivo di voti a una distanza di 30 km mentre nei centri cittadini è in media circa 2 punti percentuali sotto il risultato nazionale. Dal che si ricava che le periferie dei centri maggiori sono un problema della sinistra non solo italiana.
(Lo studio è condotto da un tal Jérôme Fourquet).

Anonimo ha detto...

Riprendo dall'intervista. cosa vogliamo fare?
Perché non lanciarsi nei circoli territoriali, cercare di instaurare la buona prassi amministrativa, fare massa critica?