10 settembre, 2014

Micromega

E' in edicola Micromega n. 6/2014, un numero monografico dedicato alla scuola. All'interno c'è un mio contributo sul fallimento formativo, di cui riporto un piccolo estratto introduttivo. 

"Poiché è onesto esplicitare da quale punto di vista si guardano i fatti, le posizioni dalle quali guardo la “dispersione scolastica” – che è meglio chiamare “fallimento formativo” -  sono più d’una. Ho insegnato nelle scuole primarie in Italia e all’estero e perciò ho esperienza diretta di più modelli di scuola; ho fatto l’educatore sociale mentre facevo l’insegnante e ho imparato a riconoscere, nel concreto, che apprendere è cosa “ben più larga” di imparare a scuola; mi sono occupato di una scuola di seconda opportunità e ho a lungo lavorato, dunque, con ragazzi già fuori dalla scuola mettendo alla prova un modello di apprendimento più flessibile e a misura di ciascuno, sempre pubblico ma “altro e diverso”  - così come raccomanda la Convenzione dei diritti dei bambini di New York  e come ha indicato già Jacques Delors all’avvio dell’Unione Europea ; ho, nel tempo, riconosciuto che non basta “riportare alla scuola così com’è” per riconquistare chi è già fuori dal diritto all’istruzione e che, d’altra parte, la scuola così com’è contiene un forte eccesso di standardizzazione che è con-causa dei fenomeni di “caduta fuori”/droping-out dalla scuola ; ho avuto la possibilità di guardare al sistema scolastico nel suo insieme e non solo da dentro l’esperienza operante, potendo esaminare la grande complessità dei dati che mostrano i punti di tenuta e di innovazione ma anche i molti limiti del nostro sistema; ho potuto avere  il punto di osservazione di chi, insieme ad altri e entro i processi istituzionali, contribuisce alle politiche pubbliche.
Qui vorrei esplicitare, in particolare, due punti di vista dai quali continuo, testardamente, a guardare al fallimento formativo i quali – credo – abbiano sia una connotazione etica e di diritto pubblico che politica. La prima proviene da don Milani. Che ha avuto, per tanti della mia generazione, un’importanza decisiva per come si guarda al mondo e anche per le scelte personali e che, quaranta anni fa, mi ha, in qualche modo, spinto a fare il maestro e a farlo prevalentemente nei luoghi delle povertà educative, luoghi ai quali sono ora tornato, dopo l’esperienza di Sottosegretario di Stato all’Istruzione, con delega anche per la dispersione scolastica. [...]"

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