20 settembre, 2011

Proposte dalla scuola

Sta continuando la mia inchiesta su La Stampa. Ecco la seconda puntata uscita il 15 settembre – con voci da Basilicata e Torino. 


Al di là dell’interpretazione delle cifre, i soldi investiti nella scuola scendono da anni. Non c’è dirigente, docente o genitore che non lo avverta. Ma c’è una novità nell’aria: le scuole si domandano se questo non sia comunque il tempo di smettere di lamentarsi e innovare coi mezzi che ci sono. Da dove partire?

Basilicata Lo chiedo a Pancrazio Toscano. Da poco in pensione. Maestro elementare fin da giovane e ricercatore di geografia. E’ di Tricarico, Basilicata, paese del quale è stato anche sindaco. Da maestro aveva inventato, negli anni settanta, la classe itinerante. Portava i bimbi a esplorare e studiare i territori dal punto di vista geografico, storico, scientifico, letterario. Con un accordo con l’Alitalia li ha persino portati gratuitamente a volare “per vedere e disegnare l’Italia dall’alto”. E’ stato dirigente scolastico a Como, in una difficile periferia romana, nei paesini e nelle città lucane. “Si parte da cos’è la scuola dell’obbligo, che è 'il luogo intenzionalmente organizzato per apprendere insieme ad altri, non consanguinei’. Il che significa che anche noi che insegniamo dobbiamo farlo. Il fulcro è il gruppo docente in azione, che riflette sul da farsi. Questo è al contempo formazione. Certo, ci vuole una manutenzione culturale, un accompagnamento. E il dirigente deve tornare ad essere - insieme ad altri facilitatori rispettosi - innanzitutto persona di scuola, attenta alla postura delle risorse umane. Sì, postura: guardare in alto per non cadere. E poi dedicarsi artigianalmente al come e al cosa si fa, ogni giorno. Con tutti i docenti. Perché solo il 5% non lo farà mai. Ed è assurdo che solo la scuola primaria faccia due ore a settimana nelle quali ci si confronta su quel che si fa. Prima proposta: estendere questa esperienza a medie e superiori. Anche la formazione iniziale va fatta sul cosa e il come, stando a scuola, con docenti più esperti. Ci vuole molta cura delle relazioni, tempi lenti e procedure costanti. Quel che vale per i ragazzi vale anche per gli adulti. Bisogna tutti tornare a imparare. C’è un evidente calo di motivazione? Per rimotivare bisogna anche differenziare. Ma – attenzione! - tenendo i gruppi uniti. Lo skipper deve tenere uniti tutti usando bene ogni differenza. Ma poi annusa il vento. Ci siano singoli docenti bravi e cattivi. Ma fermarsi a questo significa non sapere come è una scuola e non dà spazio alle parti promettenti di ognuno e alla forza pacata di un gruppo. E io ho visto che più c’è costruzione di laboratori, di invenzioni comuni, di ricerca di rigore dentro ogni novità più c’è coinvolgimento dei ragazzi e più crescono anche i docenti”.
Torino Giulia Guglielmini è dirigente da 5 anni. Prima aveva insegnato in ogni ordine di scuola, dalle primarie all’università. “Sì, ci sono incerte risorse economiche e nell’organico, mobilità degli alunni, ecc. Ma qui - zona di Porta Palazzo, Torino - sento che si è in un punto strategico, un centro vero, che induce cambiamenti. Perché apre alla multi cultura, al mondo globale. E questo spinge a cambiare i modi della scuola e alla riflessione, alla creatività: apprendimento cooperativo, laboratori, azioni personalizzate, differenziazioni senza escludere, lavoro con i genitori, sinergie continue con il volontariato. Le nostre vive pratiche sono altrettante riforme messe già in campo. Ma il confronto nazionale tra tante esperienze così – ecco il sogno nel cassetto – può avvenire grazie a un forte sviluppo delle reti professionali di chi insegna, del confronto tra gruppi docenti e scuole attraverso il web 2.0, gratuito, comunitario, fondato sul lavoro svolto, sulle idee attuate. Vorrei scuole con più soldi perché siano sicure ed accoglienti. E per fortuna ci sono i genitori che si attivano, ridipingono le aule, tengono su la scuola. Perché la scuola pubblica è sentita come luogo di costruzione di futuro. E oggi regge alla crisi perché ci sono docenti, bidelli, genitori, dirigenti che ci credono”.


E qui c’è il terza puntata, uscita il 19, con voci da Cagliari, Napoli, Roma:
Chi fa scuola ogni giorno può anche protestare ma poi si rimbocca le maniche.
Cagliari “Anche se senti falsi o lontani i comunicati del Ministero, quello che conta all’avvio di anno è rispondere agli alunni, è la relazione educativa, il legame con chi impara, l’artigianato della didattica riscoperto con i tuoi colleghi. Non è rassegnazione, siamo indignati. Ma sentiamo la responsabilità civile. E anche un’altra cosa: l’attaccamento al lavoro, la non rinuncia”. Insegnante di ruolo da 29 anni, esperta di didattiche attive del movimento di cooperazione educativo, Luisanna Ardu è maestra in una scuola del centro di Cagliari con 900 alunni. “Stiamo riprovando di fare le classi aperte, come negli anni settanta, mettendo insieme 40 bambini per poi fare gruppi, ricomporli, riorganizzarsi per difendere la scuola attiva, quella che non incolla nei banchi ma crea azione, entusiasmo, possibilità, favorendo le compresenze rese difficili dal taglio delle ore. Non possiamo rinunciare al nostro saper fare scuola, alle esperienze, ai risultati di tanti anni. Sarebbe un rinnegare se stessi, una dignità”.
Napoli Il senso di queste parole lo conferma Paola Carretta. Ha insegnato lettere nella difficilissima periferia orientale di Napoli. Poi è stata dirigente nelle scuole difficili del centro storico e poi a Piscinola, Pianura, Soccavo. La scuola Pirandello a ordinamento musicale - che ha appena lasciato per andare in pensione - ha 700 alunni. “E’ da anni che abbiamo imparato a fare le nozze coi fichi secchi, senza che il dibattito pubblico del Paese se ne occupasse. Qui, nella scuola di base, dove si crea cittadinanza, il progetto su cittadinanza e Costituzione, che ha visto una partecipazione entusiasta dei ragazzi deve cercare oggi i soldi nel pacchetto sulla sicurezza. Scoviamo fondi sempre più scarni ovunque, con difficili negoziazioni. Perché è da tempo che i soldi a sostegno dell’autonomia delle scuole – legge 440 del 1997 – sono una chimera. Qui, fino al 2013, c’è ancora qualcosa dal Fondo sociale europeo per l’obiettivo dedicato al Mezzogiorno. Ma poi? Si fa fatica a fare bene la musica, gli strumenti non possiamo comprarli più per i ragazzini meno fortunati; è faticoso tenere in piedi il progetto sportivo fondato sul canottaggio; bisogna letteralmente inventarsi come curare le competenze cruciali in Italiano, matematica, lingue straniere, quelle misurate dall’OCSE. Eppure a continuare a fare queste cose ci si riesce. Ma solo grazie all’abnegazione dei docenti, alla dedizione. Ce ne sono anche di meno bravi. Ma sono un’esigua minoranza. La scuola tiene grazie a questo attaccamento”.
Roma Paolo Mazzoli, fisico, ha insegnato per 15 anni nella scuola primaria dedicandosi alla sperimentazione della didattica in scienze con i più piccoli. Poi è diventato dirigente e oggi guida la scuola Angelo Mauri di Roma. Gli chiedo nel merito della finanziaria, legge 111 del 2011. “La finanziaria ha l’art. 19 dedicato alla scuola. Il comma 4 riunisce in istituti comprensivi, con minimo mille alunni, le scuole primarie e medie. Oggi sono in atto ricorsi da almeno 3 regioni. Ma ok: diciamo che, grazie all’abnegazione di chi fa scuola, può essere anche un’occasione. Per costruire una scuola di base, come in Danimarca, fondata sulla continuità dai 3 ai 14 anni. Ma questo si fa solo se ci sono dirigenti per tutte le scuole, cosa che non è. E poi il comma 6 vieta che ci siamo docenti esonerati sotto le 55 classi. Ma come si fa a governare una sfida didattica e un’organizzazione complessa senza un team di coordinamento? Mi verrebbe di proporre di cassare il comma o di annullare qualche migliaio di esoneri e darli alle scuole autonome, una misura a costo zero. Intanto i docenti tengono, sì. Ma c’è bisogno di formazione. I bambini e il mondo sono cambiati e pure le discipline. Perché non estendiamo alle scuole medie e superiori le 2 ore pagate per progettare e riflettere insieme, che è la base di ogni formazione: da 18 a 18 + 2 ore; e alla scuola d’infanzia 23 ore di lezione + 2 di progettazione comune. Ma a patto che ci siano spazi contrattuali e soldi anche per guidarla. E poi sul sapere e su come si trasmette ci vuole una formazione che alzi l’asticella per tutti”.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido in pieno le proposte di Pancrazio Toscano e di Paolo Mazzoli.
E' ora di rivedere il contratto degli insegnanti, migliorando la loro professionalità, a prescindere dai miglioramenti economici, che si potranno trattare quando le condizioni economiche del paese lo permetteranno.
Se non ora quando.
Daniele Siviero

AGS ha detto...

Carissimo Maestro,

mi mandi, per cortesia, il tuo indirizzo mail. Sul sito del Ministero non sono riuscito a trovarlo e già questo in tema di "usability" depone malissimo. Se dopo un minuto in un sito istituzionale non trovi l'informazione giusta, qualcosa non funziona...

Detto questo, vorrei invitarti alla "GIORNATA DELL’ECCELLENZE”, anche a nome della mia preside, una donna entusiasta che si spende molto oltre i limiti “consentiti dalla legge” a premiare alcuni nostri studenti meritevoli per venerdì prossimo 16 alle ore 17.00 presso l'Istituto Tecnico per la Grafica e Comunicazione "R. Gorjux" di Bari.

La richiesta, come le modalità,mi rendo conto, è irrituale,per dir così, ma per un maestro di strada tutto è irrituale, imprevisto, inatteso...

Però mi è facile pensare allo stupore di Ilaria, nostra ex studentessa che riceve il diploma da un alto rappresentante dello Stato... Per lei lo Stato è un'entità ostile se non crudele, allorquando espellono dal processo produttivo il padre a poco più di quarant'anni e licenziano la madre… allora il gesto della consegna del diploma da parte di un sottosegretario che rappresenta l’unità del Paese, "da che le mal vietate Alpi e l'alterna/ onnipotenza delle umane sorti /armi e sostanze t'invadeano ed are/e patria e,tranne la memoria, tutto” oggi come non mai volgarmente messa in discussione, assume la dimensione di un "atto rivoluzionario" di uno Stato capace di rinsaldare il contratto sociale su cui regge la propria sovranità.

Prova ad immaginare se questo invito poteva essere rivolto a qualche politico o tecnico di professione…

Grazie dell’attenzione e buon lavoro. Ne hai bisogno!

Antonio G. Scardaccione

Per ogni evenienza ti lascio la mia mail: scardaccione@libero.it

NB: Talvolta il destino si diverte a mescolare carte, sentimenti e condivisioni, visto che io sono di Aliano, il paese di confino di Carlo Levi, amico e compagno di confino di tuo padre laggiù in quella "terra oscura,senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli”.