Massimiliano Amato de l’Unità mi ha intervistato sul risultato delle elezioni a Napoli, questo è il testo uscito oggi.
Visto che è avvenuto, sostiene Marco Rossi Doria, l’arrevuoto era “filosoficamente necessario”. I giuristi direbbero: cosa fatta, capo ha. «Più o meno è così». E tuttavia, professore… «E tuttavia lo ammetto: avevo completamente sbagliato analisi». Il maestro di strada parla dall’”esilio” di Trento, ma le sue analisi squarciano il ventre di Napoli come lama acuminata. Nel 2006, indicò una prospettiva: uscire dal pantano con un metodo e un progetto di governo. Ma la sua battaglia rimase imprigionata nel recinto della testimonianza: snobbata dal centrosinistra ufficiale che si compattò sul nome di Rosa Russo Iervolino, poco percepita dalla base elettorale. Altri tempi. Se cominciamo con l’autocritica non la finiamo più.
«Mi lasci spiegare. Premessa: non c’è ironia, né risentimento, in quello che dico. Dopo che è stato scaraventato nella polvere l’eroe Bassolino, ho sperato nell’individuazione di un capo-cantiere per la ricostruzione».
Invece?
«Invece ora abbiamo un capo che indica il nemico, che sicuramente esiste. Ma è cosa abbastanza diversa rispetto all’aspirazione di cui sopra: va bene lo stesso»
E se fosse proprio ciò di cui Napoli ha bisogno?
«L’ho detto prima: quando una cosa accade, vuol dire che era filosoficamente necessaria. De Magistris, che al ballottaggio va sostenuto con tutte le forze per evitare la sciagura di consegnare il Comune a questo centrodestra, ha interpretato efficacemente la rabbia e l’indignazione della gente, l’insopportabilità della vita civile e sociale».
Si sente aleggiare un ma.
«De Magistris usa un metro: quello della rabbia, e quindi è sintonizzato perfettamente con questa particolare fase della storia della città. È un atteggiamento che produce una rottura».
Ma è un’offerta esaustiva?
«Da liberale rispondo che è un’offerta povera, ma è l’unica che c’è. E le responsabilità sono del centrosinistra: non ha ben governato, non ha fatto politica, avviluppato com’era nelle sue diatribe interne. Questo ceto politico autocentrato e autoreferenziale, da tempo parla solo di sé e tra sé. E, di fronte a tutte le provocazioni, compresa la mia piccola esperienza di cinque anni fa, ha resistito con stile sovietico. Sono quindici anni che un intero ceto politico, e non solo il capro espiatorio Antonio Bassolino, si rifiuta di ragionare su una nuova idea di città. Adesso non ci si può meravigliare».
Sembra di capire che lei si sarebbe volentieri risparmiato la fase termidoriana. È così?
«Non proprio. Io indicavo la necessità di fare non uno, ma due passi avanti: rottura e ricostruzione dovevano e potevano essere contestuali, anzi, la seconda conseguenza della prima. Ora lavorerò per far vincere De Magistris, ma anche per costruire un dopo. Se ce ne saranno le condizioni, ovviamente».
Mettiamola giù brutalmente secondo lei il Pd ha sbagliato candidato?
«Il prefetto Morcone era un eccellente candidato e sarebbe stato un eccellente sindaco, ma è arrivato dopo una sequela di errori inenarrabili. A me non piace piangere sul latte versato. La gente ha scelto e io rispetto il verdetto popolare. Adesso si è espressa la rottura, a un certo punto si dovrà pur aprire il cantiere. Se si vince».
Appunto se si vince?
«Vedremo come si apre questo cantiere, dove troveremo i soldi e le competenze per ricostruire la città».
Cioè?
«Dico solo che una cosa è la battaglia, tutt’altra la guerra. Una volta vinta la prima, poi comincia la fase del governo».
E il solo metro della rabbia potrebbe non bastare. Giusto?
«Io non ho capito che la rabbia era necessaria, e ho anticipato un’aspirazione ricostruttiva. Mi auguro che non si pensi che la rabbia sia sufficiente, perché sarebbe una tragica illusione»
1 commento:
Caro Marco,
mi fa piacere che fai una sorta di autocritica, diciamo così, alla tua presa di posizione in questa campagna elettorale. Probabilmente, come dice il giornalista dell'Unità, è stato il tuo "esilio" trentino o forse "romano" a non farti vedere alcune "evidence" che ti avrebbero suggerito maggior prudenza.
Se avessi cercato e ascoltato un po' più di persone che ti hanno seguito e sostenuto in passato, niente affatto amanti dei capi, forse ti saresti reso conto che, al di là del giudizio personale che puoi avere di un personaggio come Morcone, la sua candidatura era improponibile per diverse ragioni e per questo è stata bocciata e che invece attorno a de magistris si stava aprendo una breccia non alla "pisapia", ma un discreto squarcio nel ventre molle di questa città.
Al di là di tutto quello che già è stato ampiamente detto, è facile aggiungere che Morcone è uomo d'apparato e come tale è stato percepito. Al di là delle informazioni che hai potuto prendere o meno su di lui e della prossimità che hai potuto avere durante questa campagna, resta un prefetto; un prefetto che non avrebbe mai saputo dir di no ai potenti di turno (come d'altronde ha già fatto in certe situazioni). E se di capopopoli non abbiamo bisogno, non ne abbiamo neanche di "yes man", amici bipartisan dei potenti di turno e degli apparati di partito.
Di qui ne consegue il secondo punto: ostinarsi a fare una battaglia di reale cambiamento politico all'interno del PD, sperando che da lì si possa rinnovare qualcosa, è perdente... svilisce anche l'esperienza che abbiamo fatto insieme.
Te lo dico con molto affetto.
Guardando dal punto di vista di chi sta dalla parte delle piazze "tahrir" arabe, quanto europee...
E qua, per farla breve, arrivo al campo che le urne hanno decretato (parzialmente) vincente, almeno per quello che riguarda la nostra parte politica, che è quello di cui ci interessa ragionare ora. Lo dico a te, ma è come se lo dicessi ad altri di noi che abbiamo condiviso l'esperienza politica di decidiamo insieme: "Se non avessi avuto un atteggiamento pregiudiziale nei confronti della persona, forse ti saresti accorto che attorno alla sua candidatura si stava muovendo qualcosa sul terreno, alla base (senza bisogno di scomodare categorie abusate e fuorvianti come la "società civile") al di là di schieramenti pre-costituiti di intellettuali di regime o da salotto (solo di casa loro ormai). E non è accusa rivolta a te, ovviamente, ma un mea culpa generale a molti di noi che abbiamo condiviso l'esperienza di d.i. Anch'io non sono mai stato convinto della figura di demagistris (perché prevenuto nei suoi confronti sin dall'epoca in cui emergeva mediaticamente da magistris (senza de). E questo mi ha impedito di partecipare a quell'esperienza della lista "napoli è tua" che, vissuta indirettamente attraverso chi invece ve ne ha fatto parte, ha significato sì quel cantiere misto di rabbia e creatività, che ha ridato vitalità a quella agency repressa, che non poteva stare nello schieramento di Morcone.
Là qualcosa si è mosso. E io non ho avuto dubbi a sostenerla, almeno nel voto. E sai in cosa mi ha convinto e credo sia abbastanza vero? Che LDM ha dato voce a chi non l'ha (mai) avuta. Comunque se vuoi ne avremo modo di parlare meglio...
Un abbraccio
Antonio
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