26 maggio, 2011

Tre cose

1 – Voto con convinzione Luigi De Magistris. E invito a votarlo.
Perché c’è una grande questione nazionale in palio. Perché la destra napoletana, quella di Lettieri, non è mai stata né liberale né fattiva. Bensì statalista per i fatti suoi e capace di tutto e buona a niente. Lo dimostrano due decenni di consociativismo e di mancata reale opposizione. E come ci dicono le gestioni recenti di Provincia e Regione, supine verso Roma e il leghismo e incapaci di qualsiasi slancio, novità, merito.

2 – La vittoria di De Magistris è la condizione per una svolta in città. Una città mortificata fino all’inverosimile sta esprimendo la propria rabbia. Alcuni di noi, io compreso, abbiamo sottovalutato l’urgenza di tale passaggio. La vittoria di De Magistris aprirà a una fase costruens. Andranno riparate le rovine e costruiti nuovi legami sociali e civili. E ci si dovrà per forza concentrare su misure, procedure, invenzioni, dispositivi, metodi, costanze di lavoro. Le cose indispensabili per far ripartire la città.

3 – Dentro questa nuova stagione – quella del governo nuovo, fatto in modo nuovo – un’anima giovane, fatta di ragazzi e ragazze di un’altra generazione da quelli della mia età, può diventare una guida civile. E un ricambio. Ma questo ricambio deve sapere da subito evitare le risacche dell’adesione. A favore del protagonismo propositivo. Dobbiamo sostenere tutti questa prospettiva. Ma – perché ciò accada - non possono esserci più i tanti che dopo essersi conformati a tutte le stagioni passate oggi premono per salire anche sul carro del prossimo vincitore. Vanno scelte, invece, persone che – come ha ripetuto De Magistris – siano state e siano coraggiose; il cui curriculum, in termini di scelte anche personali e di competenza, possa parlare per loro.
Molti di quelli che si sono esclusi, o che sono andati via possono ritornare in città. Ma perché ciò sia, è necessario che i troppi trasformismi non abbiano alcun premio. E siano invece e finalmente premiate l’innovazione e il sapere fare le cose e farle con gli altri. E’ tempo di imparare di nuovo. C’è urgenza di un radicale cambio di paradigmi e modi di fare. Negli obiettivi, nel metodo, nel linguaggio, nelle facce, negli stili.
Se ci sarà questa svolta si potrà andare avanti. Se non accade questo, no.

lido "mappatella"

2 commenti:

pirozzi ha detto...

manca una cosa: che il cambiamento è un processo; che non si nasce nè cambiati nè imparati; che si impara se ci sono setting in cui le differenze non si trasxformano in contese ideologiche; che i settihg siano contenitori in cui le differenze evolvano verso cotruzioni congivise (quindi: che muoia la veccioa logica della mediazione) di generalità; quindi la prima innovazione è innovare le forme della politica, cominciando a scassare l'identificazione tra politica, ceto politico e il loro linguaggio. che si riconosca politicità a pèratiche e abitanti costruttori di legami e confini.
salvatore p.

Anonimo ha detto...

Bravi entrambi. Concordo in pieno. "Diamoci da fare insieme", può essere il nuovo nome di questo movimento e speriamo bene per sto weekend elettorale...
Antonio