Questo articolo dovrebbe uscire domani, su La Stampa.
Lunedì sera le strade di Napoli si sono riempite di una gioia immane, quasi che il Napoli avesse vinto lo scudetto. Sono forze potenziali inaudite e, fino a poco fa, insperate. Che spingono Napoli fuori dalla lunga depressione.
Poi ci sarà un mondo da ricostruire. Ci saranno le fatiche. Ora, però, va riconosciuto che Luigi de Magistris ha colto il momento, la situazione matura e l’ha trascinata in avanti. Sì, in avanti. Perché si è sgretolato un intero sistema di potere che sembrava inossidabile, a sinistra come a destra. E che ha mutilato la terza città d’Italia per oltre tre lustri.
Non sappiamo cosa succederà. Ma da lunedì la politica buona a nulla ma capace di tutto, che ha attraversato gli schieramenti della città, non esiste più. E i suoi esponenti sono finiti.
Camminavo domenica per il mio quartiere. C’era aria d’attesa. Ma c’era dell’altro. I ragazzi, il piccolo commerciante, l’elettricista che va per le case, il disoccupato che s’arrangia da sempre, la signora che la trovi sempre là ti dicevano che avrebbero votato come gli pareva. Parole pacate, dette a voce quieta ma senza segreto. Che promettevano libertà di voto. Una cosa straordinaria per Napoli. Tanto straordinaria che da decenni i politologi dell’accademia e gli organizzatori di campagne elettorali, le famiglie di politici e i mestieranti di quartiere, a ogni nuova elezioni, qualunque discorso politico tu facessi, ti rispondevano ogni volta, con sapiente cinismo e dati alla mano: “Ma quanto è il voto libero a Napoli, il 4 percento, il 6?”. E tu sapevi che era vero. Che la democrazia, nella tua città, era monca. Sapevi, perché lo avevi visto e rivisto. Quando avevi venti anni il voto controllato era quello in cambio del posto fisso. Quando ne avevi trenta era quello per un lavoro. Quando ne avevi quaranta per la promessa di un lavoro, per un permesso, per l’iscrizione alla lista dei disoccupati, per seguire una pratica. Poi – nel mezzo dell’esclusione sociale di massa, con la ripresa della migrazione di tanti ragazzini verso il nord, come al tempo dei nonni ma con molta meno sicurezza - i mediatori che manovrano i “pacchetti di voti” promettevano una giornata per un trasloco o per l’affissione dei manifesti, la ricarica di un cellulare, il biglietto della partita, un pagamento enel, l’annullamento di una multa, una piccola banconota. E riconoscevi a memoria le parole, i gesti, i modi, le regole non scritte che accompagnano questo sfruttamento sistematico delle vecchie e nuove povertà da parte della cattiva politica.
Domenica queste cose sembravano evaporate nel sole di maggio. Certo, il voto affrancato dall’obbligo è stato favorito dal turno di ballottaggio, nel quale scompare la pressione per fare votare tizio o caio per il consiglio comunale o la municipalità. Ma è successo qualcosa di più profondo. Come accade nei momenti di svolta, il meccanismo si è svelato per quello che già era: voto in cambio di… niente. E questa volta tante persone - che o si rifugiavano nell’astensione o usavano il voto per chiedere sempre meno - hanno voluto rompere il meccanismo. Un ragazzo che fa l’idraulico a ventidue euro a giornata me lo ha detto così: “Io voto e voto come c… mi pare. Perché non è nient’ o vero e nun te danno niente”.
La Napoli popolare è tornata al voto libero. Ovunque. Ecco cosa è successo. Ed è questo voto che ha premiato Luigi de Magistris. E’ un risultato enorme. Sospinto dalla crisi e dall’usura del sistema. E’ un risultato democratico. Ancora molto fragile. Ma potenzialmente tale da cambiare ogni ragionamento sulla politica in questa città.
3 commenti:
Ma per Te non era meglio Morcone ?
Ho sostenuto Morcone, ne ho spiegato i motivi; ho pubblicamente spiegato la mia sottovalutazione della rabbia napoletana e delle sue ragioni. Puoi guardare i post precedenti.
Marco
Si, Marco. Questo voto ha espresso una vera e straordinaria lezione di democrazia, imprevista ma benedetta, proprio perché parte dalla più derelitta città d'Italia. Chissà che non sia l'inizio di un riscatto! Lo speriamo e dobbiamo lottare per farlo accadere davvero. Se ci pensi, si è avverato quello che speravamo e abbiamo provato a fare 5 anni, un po' premonitori inascoltati (Cassandre in un certo senso). Però mi piace pensare che sia stata comunque una traccia, una memoria, che è servita in qualche modo a far nascere questa “primavera”... E in effetti, una parte di chi aveva creduto in DI ha partecipato all'esperienza di Napoli è tua e de Magistris... Però hai ragione, ora per far veramente sbocciare sta primavera bisognerebbe riempire gli spazi che si sono liberati per ridare corpo a quella speranza e fiducia a chi ha votato, insomma ridare la visione di nuovi orizzonti per fare in modo che non si disperda quell’energia positiva liberata dal voto. E soprattutto per non far rioccupare quegli spazi da chi per troppo tempo vi si era arroccato, riproponendo antiche e mai sconfitte logiche clientelari e di gestione “particolare” della politica e della res publica… Perciò, mi sembra alquanto sterile la polemica su chi abbia sostenuto chi al primo turno… Non abbiamo certo bisogno di “partisanship” sterile e rivendicativa, di accuse senza senso… E lo dice uno che, pur avendo una grande stima di Marco (oltre che un grande affetto) ha criticato la sua posizione del primo turno, salvo poi registrare un suo ripensamento e una bella analisi sul voto. D’altra parte le persone intelligenti e di spessore si vedono anche nella capacità di fare autocritica e analizzare la realtà, anche se contraria a quello che si era sostenuto. E mi sembra che Marco lo abbia fatto… E comunque, mi sembra che anche lo stesso de Magistris abbia fatto appello all’unità delle persone per bene e non compromesse con l’amministrazione bassoliniana e con quello che lui definisce il partito unico della spesa pubblica, che appunto ha portato il Comune sull’orlo di un possibile dissesto… Su questo e sulla ricostruzione bisogna ora lavorare e ognuno può contribuire con le sue idee e le sue competenze. Altrimenti non si va da nessuna parte…
Antonio
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