Buon anno… Capita di pensare, nei primi giorni dell’anno, che nulla rimarrà uguale… E capita anche di pensare agli anni trascorsi e subito ri-convincersi del contrario.
Gli anni passati… Quindici anni fa sono ritornato dai miei giri da insegnante in Africa e in Francia anche perché Antonio Bassolino voleva fare “la città dei bambini”…
Nicola, un ragazzino del mio quartiere, aveva allora otto anni. A 14 anni lo ho aiutato a prendere la terza media. Ci vedevamo ogni giorno. Era un ragazzino timido e anche, forse, un po’ depresso. Con un papà dedito alle illegalità, una sorella più piccola dal carattere forte e una mamma che teneva botta come e più di quanto si possa immaginare. Tante volte mi chiedo: cosa farei io se stessi in quelle condizioni, per sopravvivere? Nicola era un ragazzo buono, ritirato, mansueto. Un vero pezzo di pane. La mamma gli ha chiesto di prendere il fratello e tirarlo dentro perché si spara con le mitragliette e le pistole per aria a Capodanno nel mio quartiere…
Nicola è uscito e ha ricevuto un proiettile alla fronte che lo ha ucciso. La mamma qualche mese fa mi aveva fermato per strada e mi aveva chiesto “che facciamo noi per questi ragazzi?”. Che facciamo noi – aveva detto. Non ‘voi’. Noi. Era adirata e sofferente ad un tempo.
Prima che Nicola è stato portato al cimitero, un corteo spontaneo di qualche centinaia di ragazzi che avevano sette, otto e nove anni al tempo dei proclami sulla “città dei bambini” è andato verso il municipio di Napoli, gridando solo la parola “giustizia”. Avevano le lacrime agli occhi. Ne ho riconosciuto tanti. Alcuni sono venuti dal Nord, dove oggi lavorano a contratti da fame ma legali e lontano dai pericoli di qui. Per salutare Nicola. Che era voluto bene anche se era tifoso della Juve. Nessun sindaco o assessore, vecchio o nuovo, ci è andato a parlare. Nessun sindaco o assessore era andato a casa di Nicola per stare tre minuti a fianco alla mamma. In chiesa c’era qualche consigliere di municipalità.
Difficile dire qualcosa di sensato di fronte alle cose che capitano a Napoli. Le evidenze tuttavia sono evidenze: è davvero impressionante la distanza che c’è tra vita e palazzo. Il pensiero del palazzo alberga altrove, smaccatamente. A tal proposito mi ha colpito la quantità di deleghe con capacità effettiva di spesa concentrate nelle sole mani di esponenti politici che – per appartenenza, nota frequentazione, metodo, lessico e quanto altro - rispondono direttamente solo al presidente della regione.
Ma di tutte le cose “della politica” di inizio d’anno, già molto ben commentate, sono stato colpito da due “dettagli”. Il primo: la frase tra le tante sfuggite di bocca al sindaco la quale, a conclusione della solita difesa di sé (mai un’ammissione di errore, mai un elenco delle inadempienze rispetto alle promesse, niente di niente) si è fatta uscire di bocca le parole “in fondo non è morto nessuno”. Ho pensato ancora una volta ai figli di Nugnes. La seconda: parlando dell’ex assessore Gambale, da lei scelto, sostenuto e protetto e comunque non ancora condannato (che lo debba dire io è incredibile davvero), sempre il sindaco ha usato l’espressione “il più fetente”.
Ho raccontato quest’ultima chicca a un amico americano che segue molto le cose di Napoli. Ha detto, semplicemente: “But where was this lady all these years?” Ma dove stava questa signora in tutti questi anni? Appunto. Stava esattamente dove intende rimanere.
1 commento:
è doloroso questo post.
brutto pensare che si possa finire in questo modo.
in che schifo di città viviamo?????
siamo votati all'autodistruzione ma perchè ciò che viene distrutto è troppo spesso solo il buono come Nicola?
ne ho di domande. ma non ho risposte.
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