In attesa di capire se ci sarà un’iniziativa intorno ai temi del post precedente, torno sull’argomento sollevato dagli stati generali della scuola del Sud tenuti a Castel Volturno.
E mi concentro sul merito. Cosa possono concretamente fare le regioni del Sud per la scuola, la formazione e per un primo lavoro legale e dove si impara?
Nel mio intervento lì e in una serie di altri suggerimenti scritti avevo ipotizzato delle misure. Le riporto:

1. Va finalmente fatta ovunque l’anagrafe dei bambini e ragazzi che hanno diritto all’istruzione pubblica da 3 a 16 anni.
2. Si deve subito poter fornire un’occasione – una scuola di seconda opportunità - a tutti quelli che sono minori di età e che hanno già abbandonato la scuola e la formazione. Riproporre loro la scuola standard come per gli altri è inutile. Non ci riescono a starci dentro e se ne rivanno.
3. Vanno sostenute tutte le attività che funzionano a favore dei nostri ragazzi e rafforzate le reti tra scuole e con le altre agenzie dei territori quali la formazione professionale, i centri sportivi e giovanili, le associazioni, le parrocchie entro consorzi finalizzati a raggiungere chi è fuori da ogni formazione e povero di istruzione e di sostegno adulto competente (soldi diretti a chi fa le cose, come fu per la prima 285/97 ma con un monitoraggio esterno forte e imparziale).
4. Va creata una comune regia tra le regioni meridionali sui temi, tra loro integrati, della pubblica istruzione, sanità, welfare. Che ottimizzi le risorse che sono oggi sparpagliate in cento rivoli e capitoli di spesa centrali e locali.
5. Al contempo la situazione richiede un atto simbolico unilaterale delle regioni del sud a protezione e difesa dei suoi bambini e ragazzi e di quei bambini e ragazzi che, migranti, raggiungono le nostre coste. Ci vuole subito un
ombudsperson, un garante per l’infanzia e l’adolescenza nel Sud e del Sud che concentri il lavoro sui diritti dei bambini, dei ragazzi e delle giovani persone povere, italiani e stranieri, escluse di fatto dai diritti.
6. Vanno costruite, con lo strumento delle leggi regionali, vere e proprie “zone di educazione prioritaria”, sul modello francese, nelle aree delle nostre regioni dove più drammatica e annosa è la crisi dei diritti dei bambini ed adolescenti poveri e dove tale stato di cose genera maggiore allarme sociale: Napoli, Caserta, Cagliari, la Locride, Crotone, Reggio Calabria, Bari, Taranto, Palermo, Catania, Gela, Ragusa eccetera.
7. Bisogna favorire azioni straordinarie rivolte ai genitori poveri e, in particolare, alle mamme giovani a sostegno della loro funzione di cura insostituibile a partire dalle scuole dell’infanzia e primarie.
8. Ci vogliono più asili nido e più scuole dell’infanzia; ci vogliono più maestre e maestri elementari e più professori delle medie. Meglio pagati. Organizzati per aiutare ciascuno innanzitutto nell’alfabetizzazione strumentale e culturale di base (gli obiettivi di apprendimento da perseguire in via prioritaria, pena l’esclusione precoce da ogni opportunità nella vita, sono quelli delle indicazioni nazionali e quelli OCSE sulla lingua materna, la matematica, le scienze e il
problem solving).
9. Si deve lanciare un grande patto nazionale tra le nostre regioni, i sindacati, le imprese, gli istituti di credito per dare avvio a misure straordinarie di
learnfare – un welfare dell’apprendimento - fuori e dentro il lavoro. Con la parola d’ordine “il primo lavoro deve essere legale”. Si tratta di prevedere ore obbligatorie, pagate, di alfabetizzazione e apprendimento professionale per chi ha lasciato la scuola troppo presto. Si tratta anche di favorire contratti veri e propri, di studio-lavoro per i giovani di 17 anni che abbiano completato il nuovo obbligo, impegnandoli in un monte ore di formazione incentrato sulle competenze professionali e di cittadinanza e combinate con ore di lavoro retribuito con contratto legale, che consenta l’affrancamento dal lavoro nero e da altri rischi.
10. Va favorita la effettiva costituzione di auto-imprese individuali e/o solidali, basate su misure a sostegno dell'avvio e di accompagnamento almeno triennale e che prevedano la continuità dei processi formativi, potenziate anche da un sistema di piccoli prestiti restituibili.
Queste e altre proposte di merito si sono nominate, da parte di tanti. Ma va riconosciuto che Castel Volturno è stata prevalentemente un’occasione per l’ indignazione e l’incontro. E gli amministratori regionali hanno favorito una dimensione “da movimento” e da coordinamento. Va bene. Ma non basta. Infatti la risposta ai tagli del governo nazionale ha bisogno proprio di una capacità di governo e anche legislativa da parte delle regioni meridionali.
Su questo la Sardegna – non presente agli stati generali – appare forse più avanti e più concreta. Il presidente Soru ha già fatto passare un decreto esemplare: scuole primarie e medie a tempo pieno in tutta l’isola dall’anno prossimo, con le ore concentrate proprio sulle competenze alfabetiche. Erano stati aboliti 27 carrozzoni delle comunità montane e con un risparmio di 15 milioni di euro annui si è armata la delibera sul tempo pieno per tutti. Mi pare che sia questo il passo di danza da seguire.