23 giugno, 2008
Fabrizia Ramondino
Stasera è morta sulla spiaggia vicino a Itri Fabrizia Ramondino.
Scrittrice, amica di tanti di noi per tanti anni.
Se ne va un pezzo di noi e siamo molto tristi.
Appuntamento: Per ricordare Fabrizia, a Itri domani giovedì 25. Prima in via San Martino alle 17,15, poi al castello.
Aggiornamento: ho scritto il pezzo che segue per Repubblica Napoli; Daniela ne sta raccogliendo molti altri dedicati a Fabrizia.
Il mondo è fatto strano. Capita di morire al contatto dei luoghi e tra i gesti a cui si è attaccati per piccolo piacere, mille volte ripetuto negli anni di ogni età trascorsa, per quella grazia della vita che è la consuetudine.
Fabrizia ha chiesto che le si facesse un caffè, da sorseggiare dopo il bagno a mare nel trascorrere del pomeriggio. Fabrizia adorava il caffè, l’attesa del caffè e il fatto che “quello uscisse”. Ma è morta sulla battigia prima del caffé, lei che amava fermarsi e stare sul bagnasciuga. Quante volte proprio tra mare e spiaggia con gli amici ha parlato, con le parole prese dai molti mondi che – come lei diceva – le avevano fatto da madre o da balia. Davanti al mare: quante cose adorabili e dolorose dei suoi libri rivelano l’anima del mare e la nostra con essa. Le piaceva il mare a Fabrizia. Nuotava e nuotava bene e a lungo, con quel crawl elegante, filiforme e tenace nonostante ogni cosa. Un po’ com’era lei e la sua scrittura: “lo stile della mia scrittura coincide con il mio corpo, contenitore fragile della dismisura”.
Fabrizia ci lascia e siamo addolorati. Perché le vogliamo bene. Perché con lei muore un pezzo di tante e tanti di noi; e di noi in questa città. Fabrizia Ramondino, infatti, è appartenuta a una schiera di persone che hanno dato a questa città un’asciutta testimonianza e un metodo di presenza civile. Per libera scelta disincantata. In faccia alla rudezza delle cose di Napoli ma “mischiata per mezzo” con esse. E oggi viene da ricordare le sue biografie dei disoccupati e le sue prese di posizione contro le mille esclusioni sociali che qui non hanno fine. E le sue giornate con i bambini della Torre a Quarto e della Pigna dove Fabrizia ha lavorato ogni giorno dalle 9 alle 16, per 6 anni, prendendo dalla vita gli argomenti per aprire con i ragazzi le vie del sapere andando con loro in giro, fermandosi poi in una stanza semivuota qualsiasi, tra campagna immiserita e periferia esclusa. E lavorando, poi, tutte le sere all’Aied quando educare alla contraccezione era un crimine in questo Paese, punito col codice penale e la galera. “Così - ricordava Fabrizia - ho celebrato il mio passaggio all’età adulta”. E’ stato un passaggio comune a tanti, ognuno nel suo campo e, poi, una presenza prolungata nel vivo delle relazioni sociali e civili della città. Persone di ogni ceto. E, sissignore, anche borghesi, “signori”. Perché, come una volta scrisse Fabrizia: “Se l’esempio non viene dai ‘signori’ essi non sono degni di essere tali”.
Con la morte di Fabrizia cade via ancora un pezzo di questa civile presenza. Generosa, fattiva, piena di errori, a volte profetica, certamente libera. E perciò radicalmente lontana dalle appartenenze ottuse, dalle convenienze e dalle servitù intellettuali che – come Fabrizia ben vedeva –hanno incupito la città.
Ma dobbiamo a Fabrizia altro ancora. “Straniera in patria” per storia di famiglia e vocazioni, Fabrizia ha saputo guardare a Napoli anche “di lontano”, aiutandoci a dire a noi stessi dove eravamo chiamati a vivere e ad agire. Ecco come lo spiegava - a se stessa e a noi - in un passaggio dei suoi Taccuni tedeschi: “Chi non è vissuto in una città balia ma solo in una città madre, difficilmente potrà comprendere come le ordinate costellazioni celesti a immagine dell’ordine terrestre – spirituale, sociale, politico – siano indifferenti al napoletano mentre nella via lattea egli ritrova quell’indistinto luminoso brulichìo, privo di forme e di nomi, quel caos chiaro e nutriente, specchio celeste della sua città”.
Ma soprattutto la dobbiamo ringraziare perché il “fare civile” disincantato nel mezzo del brulichìo di Napoli non ha distolto Fabrizia dal donarci i suoi romanzi e bellissimi racconti. Perché sapeva le vie che tengono unite eppure distanti le cose crude della vita e la tessitura della scrittura, che le trasfigura ogni volta. E anche per il suo ridere di cuore, all’improvviso, nel mezzo del suo non facile carattere e delle fatiche della vita. Per una frase, un ricordo, un episodio esilaranti.
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3 commenti:
La morte traccia un’esistenza di fili di parole composte.
Passioni non sopite, ricordi non dimenticati.
Lacerazione e sostanza per l’eternità.
Non sapevo dove lasciarlo questo ricordo e quindi lo invio a te.
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Era l’estate del 1983, era luglio, un sabato e quella mattina si decise che saremmo andati a Laurito a Positano a trovare Fabrizia Ramondino. Era il periodo in cui Fabrizia si era rifugiata a Nocelle, una località a strapiombo sul mare indaco di Positano, nascosta tra agavi, ulivi e fichi d’India: unico rumore il frinire assordante delle cicale. Io avevo 33 anni, con me c’erano Cristina, Emilia Lambiase – che era l’unica che conosceva veramente Fabrizia e Milvia Maglione pittrice, moglie separata di Lucio Del Pezzo, da Parigi in vacanza a Vico Equense a casa di Cristina. Ricordo che quando arrivammo a Laurito traghettati dalla barca di Adolfo lei ci accolse gentile e informale. In quegli anni quel posto conservava ancora una magia oggi scomparsa: non c’erano ancora le famigliole con i bambini rumorosi e molesti e quella conca rocciosa riecheggiava ancora dello slang di tardo hippies, che negli anni ’70, avevano eletto quel posto tra mare e cielo come loro dimora naturale, quella mattina infatti, sotto l’incannucciato di Adolfo c’erano anche Grace Slick e Jorma Kaukonen, già più che quarantenni, come le signore con le quali mi accompagnavo. Facemmo il bagno:Milvia con atteggiamenti da premiére dame si lamentava degli scogli, mentre Fabrizia la guardava divertita suggerendole di adattarsi al posto e sbrigativamente sembrava quasi voler dire:"dai smettila di fare tutte queste storie" . Più tardi salimmo ( perché si doveva salire) al piccolo tavolo da pranzo sbilenco collocato dove adesso ci sono i cucinini di Adolfo: mangiammo cicinielli fritti, impepata di cozze e vino rosso freddo con le percoche. Ricordo che lei fumava sempre, minuta, nei suoi pantaloncini corti slabbrati e il reggiseno del costume un po’ lento. Si parlò di letteratura : Althénopis”, nel 1981, segnò l'inizio della sua produzione narrativa e si mostrò interessata al mio primo saggio sull’estetica di Adorno che era uscito nella primavera. Poi si parlò di ragazzi a me piacevano quelli americani grossi e tozzi a lei i napoletani piccoli e bruni, alla fine ho dato ragione a lei, si parlò di arte, quella di Milvia Maglione, che da egocentrica si sentiva trascurata e si parlò di politica: si era in pieno “riflusso” come si diceva allora, dopo l’abbuffata degli anni 70. Dopo quella volta ci siamo rivisti altre tre o quattro volte, sempre lì, senza Milvia e senza Cristina, solo con Emilia.Poi, due o tra anni dopo, se ne andò anche da lì, perchè il posto stava diventando troppo rumoroso ed affollato e scelse Itri, dove è morta.La rividi da solo a Napoli all'Istituto di Studi Filosofici e mi chiese cosa stessi scrivendo di nuovo, poi non ci siamo più rivisti. Oggi non c’è più neanche Emilia e mi sembra che questo ricordo appartenga alla vita di qualcun altro tanto è lontano e sfocato nel tempo. non posso dire di essere stato un suo amico, ma di Fabrizia ricordo il timbro della sua voce, il suo modo di guardare un po’ di sbiego e i suoi libri che ho letto. Se ne è andata anche lei è questa città è ancora più povera.
ho conosciuto Fabrizia a Trieste nel 2001. Mi occupavo dell'organizzazione dello spettacolo teatrale "Di Passaggio", tratto dal suo libro "Passaggio a Trieste". ho mangiato alla sua tavola. ho lavorato con le donne protagoniste del libro e dello spettacolo. sono stata molto fortunata.
Sabato 30 ottobre alle ore 18.00 nella libreria Piermario di Latina (via Carlo Armellini 26) Barbara Della Polla (la regista di "Di Passaggio") la ricorderà leggendo alcune pagine dei suoi libri, in occasione della Giornata Regionale della Lettura_Lazio.
Ci farà davvero piacere avervi con noi.
Sabina de Tommasi
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