Sento un senso di soffocamento che ferma la scrittura.
23 giugno. Un amico mi passa il dettaglio dei fondi europei non spesi dal comune di Napoli. Mi fermo sulle cifre. Mi manca il fiato. Non so se sono più infuriato o semplicemente affranto. Se si racconta come è successo se ne può fare una pièce di teatro esilarante. Ma invece è triste.

24 giugno. Leggo il periodico Arpa Campania ambiente: è la rivista ufficiale della agenzia regionale per la protezione ambientale, patinata, nulla di polemico, toni contenutissimi… mi fermo sulla pagina che parla della balneabilità della costa della provincia di Napoli. Basta il titolo: “dopo un lento recupero ora nessun miglioramento”. Guardo i tratti di costa dove porto mia mamma anziana e i figli delle mie nipoti. Chiudo. Poi riapro e passo all’articolo sulla crisi idrica in Campania: il 59,9% delle acque immesse negli acquedotti si perdono nella rete e dai serbatoi e non arrivano ai rubinetti. In alcune zone si parla di perdita del 70%. E questo nonostante il fatto che, per l’emergenza idrica, la nostra regione ottiene più soldi di qualsiasi altra regione italiana, più della stessa Sicilia: mille milioni di euro previsti dalla legge Obiettivo!
25 giugno. Passo per la strada che costeggia l’ultimo tratto del fiume Sarno. Quindici anni almeno di dibattito, fondi, commissario delle acque. Il tanfo che esce è talmente intenso che riesce a coprire quello dei cassonetti in fiamme che bruciano la monnezza lungo tutta la via delle fabbriche che unisce Torre Annunziata e Castellamare. E’ un odore tremendo. Tutto è ben peggiore di quello che vedevo e sentivo nel 1980, quando lì insegnavo, Gava dominante. E’ così nonostante i miliardi spesi, i piani quinquennali e decennali, i faraonici apparati clientelari messi insieme e strenuamente difesi nel tempo da questo centro-sinistra campano, neo-nata sinistra europea compresa che da quelle parti si occupa di piani di zona, risanamenti e moli per diporto lunghi quasi un chilometro.
28 giugno. Incontro un vecchio collega di Villa Literno. Mi racconta di un suo giro in auto, allucinato, disperante, tra S. Maria la Fossa, Aversa, Giuliano, Qualiano, delle strade che si muovono nel paesaggio delle discariche finte, vere, nuove, vecchie, i gabbiani, i luoghi dove tutti sanno che sono state per anni scavate fosse per i veleni. Mi invita a venirci. “Devo mostrarti, se ne deve parlare, almeno tra amici”. Mi dice che la mozzarella in casa sua è bandita per sempre. Ci andrò.
Leggo che Bassolino dice che lui non sapeva di ciò che gli viene contestato dalla magistratura. Iervolino esce dal consiglio comunale dicendo che è stato un luogo di gioioso ritrovo.
Mi vengono in mente le parole di una ballata di Arlo Guthrie, il figlio di Woody, scritta e cantata subito dopo lo scoppio del Watergate, il cui refrain si rivolgeva direttamente a Richard Nixon con una domanda. Diceva più o meno così: “You said that you didn’t know nothing ‘bout the tapes and the men in there; but if you didn’t know ‘bout that one, then what else didn’t you know?”. Tu dici che non sapevi nulla dei nastri e degli uomini lì dentro, beh, se non sapevi di quelli, allora quali altre cose non sapevi?
Mi piacerebbe partecipare al Partito Democratico perché le cose che penso e dico trovano molte corrispondenze con quanto viene dichiarato a proposito di metodo e programma di questo nuovo partito. C’è stato il discorso di Veltroni che lo conferma. Sono da sempre per prendere le persone che si propongono in politica in parola fino a prova contraria.
Sono, poi, garantista da lunga data e non gioisco dei guai giudiziari delle persone che fanno politica.
Però credo profondamente nella responsabilità politica rispetto a territori, persone, speranze. E constato, semplicemente e tristemente, che le parole di Veltroni sono inconciliabili con i fatti di qui e con chi qui è responsabile politico di un disastro la cui magnitudo non riusciamo nemmeno a misurare.
La foto è presa dal sito di Aniello Barone, fotografo napoletano.