Penso che sia un tempo per fare proposte. Che vengono dall’esperienza. Chiare. In positivo.
Sul prossimo numero del settimanale Vita, dedicato al settore non profit, ci saranno alcune lettere, sulle questioni dell’inclusione sociale, rivolte ai nuovi sindaci.
Per Milano ci sarà la scrittrice italo-egiziana Randa Gazhi.
Per Torino, il sociologo e ex presidente della commissione povertà Marco Revelli.
Per Napoli ci sarò io.
Ecco la mia lettera:
Caro Sindaco Luigi,
Tu e la tua giunta venite da una cultura e da esperienze anche personali profondamente vicine ai problemi di una città martoriata dall’esclusione sociale.
Ma la scena entro la quale siete chiamati – e siamo tutti chiamati - al compito va ben oltre le competenze e possibilità di un’amministrazione comunale. E chiama alla responsabilità nazionale. Questa è una verità incontrovertibile. Perché la quantità di famiglie e minori che vivono sotto la linea di povertà, di donne completamente escluse dal mercato del lavoro, di disoccupati uomini, di nuclei famigliari sostenuti da un solo reddito raggiunge percentuali doppie rispetto a una città del Nord. Perché i livelli di dispersione scolastica precoce sono tra i più elevati d’Europa. Perché il lavoro in nero ha numeri pari ai lavori precari e entrambi riguardano sia i giovani che le altre età. Perché ogni anno dell’ultimo decennio sei ragazzi su mille sono partiti per lavorare lontano, spesso per salari bassissimi. Perché il welfare è stato ridotto all’osso; e l’associazionismo, le reti di sostegno a disagio e esclusione, i progetti che avevano fatto scuola come buone pratiche sono stati costretti o a chiudere o a vivere sul crinale della sopravvivenza.
Il sindaco della terza città d’Italia può affrontare problemi così strutturali e macroscopici solo facendosi carico di mostrare la valenza nazionale del compito, facendo pesare il valore politico e simbolico del suo ruolo e, al contempo, attuando alcuni passi concreti che assumano una valenza di “segnale di riscossa”.
Così oggi siamo tutti chiamati a sostenere la tua fatica non su una cosa sola ma su tre compiti insieme:
1. va ripresa la battaglia culturale e politica tesa a chiedere al governo di interrompere il drenaggio di fondi per il welfare, di recuperare i fondi FAS, di ri-modulare i fondi europei e considerare finalmente la spesa sociale improrogabile, pena l’apertura di una stagione di vera rottura della coesione sociale a Napoli;
2. vanno ripristinati fondi e concertate linee-guida per usarli bene e rapidamente, convincendo regione e provincia ad uscire dallo stallo e farsi valere a Roma insieme al sindaco, per il bene comune, ben al di là dell’appartenenza politica;
3. vanno riaperti i cantieri sociali, riprese le cose che hanno funzionato, garantite le prime urgenze, favoriti il confronto e la partecipazione.
Su questo ultimo fronte, in particolare bisogna:
• mettere le organizzazioni non profit in condizioni di riprendere a lavorare, concordando il rientro dei fondi 328 con la regione, restituendo in poche rate l’insieme del debito vantato dal terzo settore, costituendo un fondo unico comunale protetto da altre spese, facendo del comune il garante presso le banche degli anticipi sulle spese già approvate per permettere a chi lavora nel sociale di essere pagato regolarmente;
• rendere trasparente e razionalizzare la spesa sociale attraverso un albo pubblico e concorsi specchiati per dirigenti e consulenti, costituire un luogo permanente di confronto su indirizzi e priorità delle politiche sociali (con pratiche di democrazia deliberativa che coinvolgano anche chi beneficia dei servizi), fare piani di priorità per zone, rilanciare le competenze dei servizi sociali comunali utilizzando subito i nuovi assistenti sociali;
• ricostruire le esperienze pilota a favore dei giovani esclusi legando il sostegno alla persona alla formazione e a esperienze di vero auto-impiego;
• attivare misure urgenti per i senza fissa dimora, le povertà estreme, le comunità rom.
Sappiamo quanto sia difficile riprendere il cammino. Ma possiamo farcela.
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