La vicenda della designazione del candidato contro la destra per le regionali della Campania riguarda molti nudi fatti propri della “sfera separata della politica”. Il fatto che il lungo regno bassoliniano viene colpito a morte e che il colpo che gli viene inferto da Vincenzo De Luca, il quale ha sempre condiviso i medesimi metodi, più "bravo” stavolta nel medesimo gioco. Il fatto che vincitore e sconfitto, fino a prova contraria, hanno sempre considerato la politica come “n’ata cosa”, separata dalla vita e dalla società e riservata agli iniziati e non ai cittadini. Il fatto che questo scacco subito dal vecchio regnante sta suscitando i furibondi e anche patetici colpi di coda da parte di Bassolino e di gran parte del suo notabilato. Il fatto che un’altra parte dello stesso notabilato subito corre sul carro del vincitore, nella migliore tradizione del trasformismo italico e meridionale. E così via. Di tutto ciò racconta, con vera sapienza descrittiva, d.l., che invito a leggere con cura.
Ma per chi vuole una effettiva rinascita della politica, resta il fatto che, nel deserto angosciante lasciatoci dal bassolinismo, bisogna trovare il modo di dare voce e affrontare le questioni vere della vita in Campania. E’ con questo pensiero in testa che ho scritto l’articolo che segue, pubblicato oggi su Repubblica – Napoli.
Così, dopo settimane di attesa per capire chi avrebbe sfidato il candidato del centrodestra Stefano Caldoro per il posto di governatore della Campania, nessuno – tranne il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca – si è presentato alle primarie del Partito democratico. Hanno voglia a lamentarsi i lamentosi. Da che mondo è mondo, quando una squadra non si presenta in campo entro l´ora stabilita, pattuita di comune accordo, perde a tavolino.
Ma la lamentela della squadra che non si è presentata in campo, capeggiata, in questo caso, dal governatore uscente Antonio Bassolino, nel lamentarsi, ha parlato di altri candidati, potenziali, «più unitari». Che, però, o non si sono fatti avanti o si sono ritirati. E, sempre nell'argomentare il proprio lamento, questa squadra ha adombrato che c'è stata un´altra storia da quella che si è vista alla luce del giorno, che c´erano altri giochi in gioco, propri della politica, che è “n'ata cosa”.
Ma i giochi della “politica che è n'ata cosa” vivono, appunto, in altri luoghi, fuori dal cono di luce della vita civile pubblica. E perciò sono giochi che si vincono o si perdono nell´ombra. Inutile, dunque, lamentarsene in pubblico. Può andare bene o può andare male. Molte volte è andata bene a Bassolino, che – va detto senza ironia – è stato un vero maestro della politica come “altra cosa”. Questa volta no.
Così, in questi giorni, accadono le cose che accadono quando perde chi ha sempre vinto, quando si vede la fine di un regno. Così, c´è chi fa notare che “chi di spada ferisce di spada perisce”.
Ci sono i damerini e le damigelle, spesso attempati, che furono vestiti e portati a corte dal vecchio re, che fuggono verso i nuovi lidi e, nel correre via in fretta, cantano a squarciagola le nuove canzoni. Ci sono i perdenti fedeli che fanno a gara a dir male del nuovo arrivato. Tutto già visto, risaputo.
Ma al cittadino che vuole che la cosa pubblica funzioni e che migliori la sua vita – a maggior ragione in un posto d´Europa dove la vita è troppo difficile per troppe persone – resta la domanda: ma la politica deve essere e restare per forza “n'ata cosa”?
In Campania questa è una domanda cruciale. Perché la litania sulla politica come cosa diversa da quello che appare ha accompagnato il “laboratorio campano” per quasi vent'anni. Ed è stata una brutta litania. Perché ha sparso, come il sale su Cartagine, due brutte convinzioni sulla nostra vita civile, togliendoci speranza, voglia di fare parte delle decisioni, capacità di ragionare sul futuro e sulle cose da fare.
La prima: che la politica è separata dalla vita, dalle condizioni e dalle aspirazioni quotidiane delle persone. La seconda: che è appannaggio solo degli “iniziati” e non di tutti i cittadini, i quali non hanno accesso ai luoghi dove si tesse veramente la tela delle decisioni.
Perciò: non basta la fine di un regno. Che pochi rimpiangeranno. C´è da arare un deserto, ricostruire un´idea possibile di politica. Che non può più essere “n´ata cosa”.
A maggior ragione in una regione in cui la povertà riguarda un terzo dei cittadini. In cui 4 ragazzi su 10 non finiscono la scuola e i giovani, ricchi o poveri, scappano via nella misura di 6 ogni mille l´anno. In cui è avvenuta una massiccia de-industrializzazione vent´anni fa e il Pil e il mercato del lavoro sono fermi da allora, senza che vi sia stata una credibile proposta di sviluppo locale. In cui sia stranieri che campani sono sfruttati e va fermata la guerra tra poveri. In cui c´è una potenzialità di innovazione in ogni campo: energia pulita, nuove produzioni, diffusione di saperi, fruizione sostenibile dei territori.
La politica non può più essere una vicenda separata. C´è da riparare le ferite e suscitare speranza. È una cosa che non riguarda uno solo né un ceto staccato e distinto, tenuto assieme sulla base della fedeltà, come è stato nella lunga storia del notabilato meridionale. Riguarda migliaia di cittadini. È questa la sfida.
3 commenti:
il punto è proprio questo. Chi no considera la politica come “n´ata cosa” come si regola? ci va alle urne?
C'e' un tempo per il blogging e c'è un tempo per il socialnetworking...
volendo puoi fare entrambe le cose ;) nello stesso momento
http://www.facebook.com/pages/Marco-Rossi-Doria/181633476252
Marco Ti aspettiamo su Facebook... (siamo già in 90)
@ killer
resisterà...
;-)
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