Tra un po' inizierà la ridda dei mostri per un posto in una delle troppe liste, messe su per salvare la pancia e il sottopancia del ceto politico campano; mentre quelli che davvero hanno possibilità di entrare in consiglio regionale avvieranno le pratiche delle promesse, che poi dovranno saldare. Non è qualunquismo il mio. Sono amare constatazioni.
Perché, invece, sarebbe di vitale importanza poter ricominciare a credere nei processi democratici e anche nella possibilità di ridare senso alla rappresentanza. Ma – perché ciò possa avvenire – sarebbe semplicemente normale che le questioni della vita economica e sociale, dell'educazione e del funzionamento della macchina regionale, il nodo del mancato sviluppo e della crescente povertà, non siano cose relegate alle retoriche ma il centro del confronto.
E va pur ricordato – a noi stessi – che questo modo di decidere su chi ci governerà non ha luogo in un mondo che resta fermo. L'Italia è già candidata a restare ai margini delle nuove mappe che, a livello planetario, stanno emergendo da questi anni di impetuosa ridefinizione dello sviluppo, dei mercati, delle conoscenze e del potere. E la Campania - se resta governata con questi metodi e senza neanche la capacità di analizzare la propria reale situazione - è destinata a rendere stabile la sua condizione di periferia della periferia, il fanale di coda della parte debole dell'Italia drammaticamente divisa in due, una terra - ancora una volta - di saccheggio, speculazione senza sviluppo, sciatteria amministrativa, radicamento criminale, disoccupazione e povertà di massa, immigrazione miserabile e emigrazione che riprende, declino culturale.
Perché, invece, sarebbe di vitale importanza poter ricominciare a credere nei processi democratici e anche nella possibilità di ridare senso alla rappresentanza. Ma – perché ciò possa avvenire – sarebbe semplicemente normale che le questioni della vita economica e sociale, dell'educazione e del funzionamento della macchina regionale, il nodo del mancato sviluppo e della crescente povertà, non siano cose relegate alle retoriche ma il centro del confronto.
E va pur ricordato – a noi stessi – che questo modo di decidere su chi ci governerà non ha luogo in un mondo che resta fermo. L'Italia è già candidata a restare ai margini delle nuove mappe che, a livello planetario, stanno emergendo da questi anni di impetuosa ridefinizione dello sviluppo, dei mercati, delle conoscenze e del potere. E la Campania - se resta governata con questi metodi e senza neanche la capacità di analizzare la propria reale situazione - è destinata a rendere stabile la sua condizione di periferia della periferia, il fanale di coda della parte debole dell'Italia drammaticamente divisa in due, una terra - ancora una volta - di saccheggio, speculazione senza sviluppo, sciatteria amministrativa, radicamento criminale, disoccupazione e povertà di massa, immigrazione miserabile e emigrazione che riprende, declino culturale.
Ma la gente seria che sa e sa fare e che non ha debiti da pagare con la politica né poltrone da difendere – e ce ne è - quale posizione o proponimento può assumere in questa campagna elettorale? Deve per forza ritirarsi? O deve per forza schierarsi entro questo gioco, così com’è?
E’, forse, ancora possibile almeno dare un segnale di testimonianza. Per esempio: chiamare a raccolta – un sabato mattina - chi intende analizzare “la condizione campana” e raccontare quel che, realisticamente, sarebbe bene o possibile fare e proporre. Con il contributo dei dati e degli argomenti seri e soppesati. Con al centro una domanda: cosa servirebbe oggi alla Campania, cosa servirebbe davvero?
Possiamo provare a proporre almeno un incontro che non serva al candidato ma ai cittadini? In una facoltà universitaria, in un bar, in una sala di municipalità, in una galleria d’arte, in una chiesa sconsacrata? Al centro o a Bagnoli o a Scampia? Insomma: un pubblico dire in un pubblico spazio. Che serva a mostrare l'agenda politica vera, quella che sarebbe urgente e che dovrebbe essere? A cui chiamare un giornalista interessato alla vita e non solo ai soliti inciuci. Magari non di Napoli. Magari una firma. E un’autorità della vita culturale nazionale: uno scrittore, un direttore d’orchestra, uno storico autorevole e pacato…
C’è chi vuol almeno provare a farlo?
C’è chi vuol almeno provare a farlo?
6 commenti:
temo che la forma "convocazione" contenga, predica, già tutta la filiera della presa per il culo del "confronto". forse è vecchia. e forse, tu, uno dei pochi deweiani, potresti darci una mano a approfondire che cazz'è il "pubblico" e cosa possa, quindi essere, un dnto pubblico non banalmente opinionista.
salumi comunisti
come non rispondere alla porposta del mio sindaco preferito?ci sto, per il piacere di (ri)vedere faccie amiche e d'altre faccie di altri curiosi uomini di buona volontà e per dare un senso, una seppur puntuale continuità
proviamoci sam
caroline
Io di sicuro vengo.
Non potrei mancare...
Un abbraccio atutte le persone di buona volontà.
Alfredo
è un tentativo da fare.I cittadini da spettatori di una non politica locale ad attori non di politiche(campo dei professionisti!) ma che possano dire qualcosa di utile per questa città.Recentemente un comitato dei cittadini che aveva chiesto al Sindaco degli interventi urgenti per rendere vivibili determinate zone della città si sè autosciolto perchè ignorato .Niente altro
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