Se ho capito bene questa bici del mio amico elettricista e ciclista si ispira a una bici che fu usata in pista da Antonio Maspes. E se ho ben compreso si tratta di bici che quasi non può frenare e che costringe a pedalare sempre, anche in discesa, perché non ha la ruota libera. Se la usi non in pista ma nel traffico urbano devi schivare e dunque stare attento a ogni ostacolo, prevedere in tempo reale ciascuna variazione reale o potenziale di intenti e traiettorie altrui, accettare i rischi dovuti al caso, che pure esiste; e perciò non perdere mai l’attenzione. E’ un esercizio che produce adrenalina e pathos e che sta nel vivo pulsante delle cose.
Ne parlo perché mi pare una grande metafora dei compiti politici, se si intende per politica l’arte del possibile per vivere insieme meglio in questo mondo, ora.
Da tempo non vi sono più certezze su cui adagiare l’attenzione. Ma ora è assolutamente chiaro che non ci si può distrarre. Mai. Ma proprio mai. E si deve fidare sulla destrezza costante, individuale o collettiva. Prendendone i ritmi e i rischi. Tutti.
C’è il partito che in fondo serve? Puttanate. Non è vero e se è vero non è certo o forse è comunque assai poco utile e in ogni caso non ci si può fidare. C’è il sindacato che comunque sorveglia ed è presente. Assolutamente opinabile, quasi sicuramente falso. C’è il o un capo di cui fidarsi per fare governo o opposizione. Cazzata… e se la pensi puoi cadere. Vi è una cosa che è dalla tua parte e un’altra, ben distinta, che ti è contro. Può essere. Ma vanno costantemente sorvegliate le traiettorie sia dell’una che dell’altra.
Ecco. Ma pedalare con una bici fissa insieme ad altri – per fare una politica che abbia senso in questo mondo e in questo Paese – è ancora possibile? E con quali procedure condivise, comunitarie? Con quali metodi decisionali-deliberativi? E secondo quali minime garanzie finalizzate a sopravvivere nel mezzo del tumultuoso tragitto e del rischioso procedere?
C’è chi (vedi il Pd e la sua assemblea cui ho accennato nel post precedente) questi quesiti – che costano rischio intellettuale ed umano e dunque fatica interiore e fatica nel mettersi d’accordo tra diversi in tempo reale e su cose da fare – non se li vuole porre o non se li sa prendere in carico. E così preferisce altre bici per tragitti saputi e da ripetere, in modo assai più certo e mansueto. Ma le altre bici, legate alle identità di uno o due secoli fa e alle loro rassicurazioni, sono davvero idonee alle nostre civitas? Servono a percorrere le strade per come esse sono in realtà e oggi?
3 commenti:
grazie per aver capito
rotafixa
ah, geniale. non a caso un maestro.
la ruotafissa? una faccenda di sguardi...
ciao rota
un post di marco, un commento di rotafixa e uno di osti per la mia nuova fissa da basolato napoletano sono bei regali. grazie
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