07 aprile, 2009

L’Aquila e Abou


Da ieri abbiamo lo sguardo su l’Aquila. E anche la mente e il cuore: quelli che vissero il terremoto “nostro” del 1980 e il terrore di quella sera e il lasciare la casa lesionata e il partire poi, come tanti da tutta Italia, per l’Irpinia so che hanno dentro le emozioni forti che vengono addosso da quel momento passato e – grazie a quelle stranezze della memoria umana - so che lo sentono come se fosse ieri. Gli odori, le voci, i visi, le mani, il rombo dei generatori, la gioia di salvare qualcuno e la pena orribile di essere arrivati tardi con qualcun altro; e il moto che da sotto continua a salire…

Sì, è l’Aquila che prende i pensieri. E poi continuo a nutrire pensieri pessimisti riguardo alla politica e alla politica napoletana in particolare, che ho espresso in un’intervista con Norberto Gallo.

Eppure stamattina sono un poco contento. Perché c’è una piccola buona notizia: il sindaco di Napoli, per una volta, ha dato ascolto al tam tam costruito dal basso. Insomma siamo riusciti a fare avere al piccolo Abou la cittadinanza almeno onoraria della nostra città. I 5000 e passa messaggi arrivati in comune hanno comunque prodotto un’importante riparazione simbolica. Una piccola campagna è riuscita. E dobbiamo ringraziare molto Daniela e chi ha commentato sul suo blog, Massimo Villone e un po’ anche questo mio articolo, apparso domenica su Repubblica di Napoli e che qui riporto:

In questa settimana abbiamo saputo di una storia su cui sarà saggio riflettere a lungo. È il 5 marzo. In un ospedale della nostra città una donna straniera di nome Kante è venuta a partorire. E ha dato vita a un figlio. Di nome Abou. La norma richiede che vi sia riconoscimento di madre e figlio. È una norma del codice civile per evitare la tratta di bambini. Che, in questo caso, non è una possibilità. Infatti il figlio è uscito dal grembo della donna nel luogo in cui si fa il riconoscimento e mater certa est. Di chi altri poteva mai essere figlio il piccolo Abou? Ciononostante le chiedono un formale riconoscimento. E non il giorno dopo, come normalmente si usa fare. Bensì il giorno stesso del parto.
La signora Kante è, però, in attesa di permesso di soggiorno in quanto persona che aveva richiesto asilo politico. Pertanto non ha il passaporto che è depositato a tal fine in questura. Ha tuttavia con sé un fascio di carte che recano molte notizie atte al riconoscimento: la fotocopia del passaporto medesimo, la fotocopia della richiesta di asilo da cui si evince che la pratica è ancora aperta e anche il numero di telefono dell´avvocato italiano che segue la pratica di asilo. Ma di fronte a queste carte l´ospedale non si prende un giorno di tempo e vuole subito il riconoscimento. La circolare della Regione Campania in materia parla di «necessità di identificare la madre per la dichiarazione di nascita e per il riconoscimento del nascituro che si pone nel caso di donna straniera temporaneamente presente priva di documenti di riconoscimento». La circolare, poi, specifica la procedura: «Riconoscimento sulla base di un valido documento; in mancanza di documento, mediante due testimoni; e facendo ricorso, in ultima analisi, all´autorità di polizia». Il personale dell´ospedale, sempre in data 5 marzo, non chiama la questura per sapere se la fotocopia del passaporto in possesso di Kante corrisponde al documento lì giacente, ma soprattutto non chiama l´avvocato né opta per la soluzione dei due testimoni. Non lo fa neanche in presenza del compagno di Kante, di nome Traore, nonostante che il signor Traore abbia un regolare permesso di soggiorno che scade in data 31 marzo. L´ospedale sceglie di inviare subito al commissariato un fax che «chiede vostro urgente interessamento per identificazione».
La storia ha destato scandalo. E oggi tutti vogliono che si chiuda bene. La Regione intende cambiare la circolare. Medici e ospedali raccontano delle tante buone accoglienze fatte. Kante ha ottenuto il permesso di soggiorno in attesa della sentenza di asilo ed è stata accolta dal presidente della Regione.
Ma in molti restiamo storditi e feriti. Perché questa città, che ha avuto una storia di accoglienze degli stranieri e ha visto i suoi figli andare per il mondo, nell´ultimo anno ha già conosciuto un assalto di massa con bombe incendiarie contro donne, vecchi e bambini inermi di un campo Rom, il massacro di lavoratori neri, i cortei contro stranieri, il pestaggio di un ragazzo italiano solo perché non era bianco, l´astio contro una bimba Rom colpevole di essere positiva al test della Tbc.
E perché in tanti ci troviamo a fare, volta dopo volta, le stesse domande. Che ci voleva ad aspettare un giorno accarezzando Kante e il suo bimbo? O a telefonare a quel numero del legale? O a chiedere a Kante di trovare due testimoni? Costava forse troppo fare poi le fotocopie dei documenti degli stessi? Era più rassicurante mandare quel fax perché è meglio mettere le carte a posto?
Kante ancora ieri ha ripetuto che è stata allontanata da suo figlio appena nato, che non ha potuto allattare per i primi giorni di vita. Il referto dell´ospedale nega tale evento. Sarà bene sapere la verità. Ma al di là di questo, Napoli è chiamata a cercare di nuovo il senso primo delle cose e ritornare al diritto delle persone. Semplicemente. E forse è per questo che oggi oltre tremila cittadini mandano e-mail in Comune e «chiedono al sindaco di conferire al bimbo clandestino nato a Napoli e denunciato quale clandestino con la madre la cittadinanza onoraria napoletana quale risarcimento morale per il torto ricevuto».

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