Ieri l’altro ho visto un giovane rumeno che sfotteva un coetaneo indigeno. “Vui fare così schifo che nianche Rumania prenda vostra mundizza e nianche per molti soldi”.
Mi sono soffermato sullo sguardo affranto e sorpreso e sulle labbra stranamente senza parole di replica dell’interlocutore, un ragazzo che conosco e a cui certo non manca una colorita favella. Mi sono gelato, fermo così, con la mente inebetita dalla ennesima constatazione di quanto duole a tutte le persone l’umiliazione e l’essere perennemente immersi in ferite profonde inferte al narcisismo della propria città di appartenenza. La lesa speranza: un crimine politico ingiudicabile eppure feroce ed irrisarcibile. Poi ho pensato con altrettanta tristezza alla rivalsa del giovane rumeno e all’abietta classifica al ribasso tra poveri mal considerati…
Una città ferita è un mondo da ricostruire.
Oggi vedo con sollievo che i giornali locali l’hanno finita di scrivere che sto nell’organismo dei 45, ora 60 e poi chissà… che stanno provando a mettere in piedi per bilanciare le cosidette componenti del Partito Democratico in vista di garanzie sulle procedure future.
Avevo voglia io di ripetere a chi incontravo per strada che non era così, che nessuno mai mi aveva chiamato a farne parte e che ero molto contrario a tutto ciò… I boatos disinformativi ripresi dalla stampa contavano ben più sia dei fatti che delle mie argomentate avversità.
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