24 aprile, 2007

Quando un elemento si muove

Oggi "La Repubblica - Napoli" ospita un mio articolo sul tema del Partito Democratico a Napoli. Lo riporto anche qui per dargli un po' più di un giorno di vita.
Quando un elemento si muove, tutto riprende a girare. Così, anche a Napoli – dove fino a ieri ogni cosa appariva congelata nel nome degli assetti dati – la vicenda del Partito Democratico può aprire una nuova fase di possibilità.
Non si tratta di una prospettiva semplice né già avviata alla quale dare una adesione o fare opposizione a scatola chiusa. Si tratta di uno scenario nuovo che ha in sé segni diversi. Infatti è del tutto evidente che, per un verso, l’unione tra i due partiti parla, a Napoli e in Campania, il linguaggio della tenuta e della stabilità tra due apparati muniti di appartenenza e di una folla di pratiche quotidiane oltre che di dei e di penati (il famoso pantheon) legati alla conservazione e alla mancata soluzione dei problemi connotativi della crisi del nostro territorio. Ma, al contempo, questo stesso processo annuncia, appunto, democrazia e promette di aprire davvero le porte alla partecipazione di cittadini che a quei partiti non hanno mai appartenuto, che non ne hanno a cuore le identità e i simboli e che vi portano, in libertà, i propri percorsi e le proprie personali icone, insieme ad esperienze di soluzione di problemi, dubbi, nuove competenze e ambizioni o di quegli iscritti che vogliono un radicale cambiamento. Da una parte si vuole consolidare la “muraglia di Gerico” con puntelli e terrapieni. Ma dall’altro si permette alle trombe di annunciare nuovi suoni che parlano di premio al merito, ricambio generazionale, più donne in posti chiave. Se, dunque, è vero che qui il Partito Democratico significa De Mita e Bassolino e, più che altrove, una separata e chiara duplice identità, ex-comunista e ex democristiana, conservatrice nel bene e nel male, e, in particolare, nella grande vocazione e competenza nel controllo degli assetti stabiliti, non è detto che tutto debba per forza tenersi ancora così. E nascono dubbi, nuove appartenenze, insperate possibilità mentre si rinnovano vecchie resistenze. Così gli apparati e gli appartenenti ai due partiti sono spinti, al contempo e non senza incertezze, fuori e dentro il proprio campo, a capire se davvero rimescolarsi con linfe nuove e in quali modi, in vista dei meccanismi elettorali per la costituente del PD o se, invece, salvaguardare coi denti le aggregazioni difensive, con le due anime e i relativi meccanismi di mediazione conservate, a custodia degli assetti di sempre, magari cambiando un po’ il linguaggio. E può accadere, come spesso è in questi casi, che quanto maggiori sono i fattori di rigidità nella conservazione tanto più incontrollabili e incombenti possono essere i processi innovativi. E le trombe che chiamano alla effettiva innovazione possono fare crollare le mura.
E questo moto incerto non avviene in un luogo di sostanziale buon governo e di rassicurante sviluppo o di avvio, sia pur faticoso, di un nuovo inizio dopo le elezioni vinte per la terza volta. Si annuncia, invece, nel bel mezzo di una città a economia stagnante e con i più alti tassi di povertà e la più larga forbice nelle differenze sociali, ancora coperta di rifiuti, paurosamente inquinata, senza piano strategico troppe volte annunciato, con i processi decisionali su Bagnoli o su Scampia o sul nuovo stadio tanto confusi quanto poco partecipativi, con le municipalità pomposamente avviate a centinaia di migliaia di euro spesi ma senza poteri reali trasferiti, con le nomine che avvengono in modi non più tollerabili, con le donne fuori dal consiglio comunale ecc. Sono cose che non sono avvenute fuori dai due partiti che ora si uniscono e promettono altro. Perciò: sono tutti temi della cittadinanza – propri della nuova identità potenziale del Partito Democratico annunciata a Firenze e a Cinecittà – aperti come altrettante ferite. Tali temi – il come li si affronta in modi nuovi – diventeranno dirimenti per il carattere effettivo, reale del PD. Sono altrettante “messe alla prova”. E gli occhi di tanti cittadini, dei giovani stanno già guardando proprio questo.
E’ evidente, dunque, che la promessa annunciata di poter fare parte di un luogo politico nuovo da un lato non può avvenire per cooptazioni controllate ma invece per pacifica invasione atta a plasmarne programmi e azioni; dall’altro lato non può avvenire su una astratta adesione a un riformismo generico ma proprio sul piano della inversione di rotta per la salvezza della città in cui si vive. Questa incontrovertibile evidenza, dunque, segna l’agenda politica e la sfida del nuovo partito: esso intanto sarà democratico quanto più saprà spalancare le porte ai cittadini non sul tema pre-moderno della identità né su quello della conservazione di vecchi metodi e potentati ma su proposte innovative, costruite con esperti, cittadini, associazioni, sui nodi critici della vita a Napoli. E’ su questo piano che si gioca il carattere democratico effettivo del nuovo partito e il ricambio di classe dirigente. Se ciò avrà avvio nelle prossime settimane anche le altre aggregazioni – quelle a sinistra e quelle dell’opposizione di destra, i socialisti e i radicali – saranno forse spronate alle trasformazioni annunciate e dunque a competere nelle proposte utili alla città e utilmente alternative. E crescerà una migliore politica a cui fa piacere partecipare. Se ciò non avverrà diminuiranno ancora le possibilità per Napoli di invertire il destino di declino, si chiuderà di nuovo la finestra delle speranze e per tanti rimarrà l’impegno civile ma la politica organizzata resterà lontana.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

gentile rossi doria,
quando un elemento si muove tutto riprende a girare. Così anche a napoli...
peccato che il movimento circolare porta sempre al punto di partenza!
E' un movimento su se stesso che, al più, può creare una spirale, di cosa... sappiamo tutti.
In tutti i casi il tuo ottimismo fa bene a quanti, come me,la vedono grigia.
Tuttavia ritengo inutile, da parte tua, tentare di quadrare il cerchio, con tutta la buona volontà, la vedo difficile.
Secondo me la questione va posta sulla concretezza di certe posizioni.
Voglio dire, stare sempre fuori sicuramente non paga, e allora forse è il caso di stare dentro anche a costo di turarsi ancora il naso- un poco- per vedere se si riesce ad essere un minimo influenti in un "processo di cambiamento" che già si prefigura come la solita beffa all'italiana?
(sono stata una vera signora!?!)

Anonimo ha detto...

cara Pandora,
una signora signora, direi...

Però il punto è capire se, appunto, si riesce a essere un minimo influenti. Come tu dici. E l'altro punto è che questa cosa è quasi impossibile saperla "prima".
Ovvero, chi ci vuole provare, deve almeno un po' scommettere.
In qualche modo, mi pare che Marco sia in attesa di capire, e che chieda pareri sui possibili esiti di eventuali scommesse.

Ora, io -- personalmente -- non ho alcuna voglia di provarci, anzi sto seriamente pensando a scrivere una riflessione "seria" in dfesa della posizione di "exit".
(Si potrà pure continuare a fare "politica" restando fuori dai partiti esistenti, o no? io dico di sì)
Mi fa piacere, però -- visto che nei prossimi anni ci troveremo fra i piedi Pd e (altri) pezzi di sinistra tutti abbastanza insoddisfacenti, a mio modesto avviso -- se c'è qualcuno che prova a renderli meno immangiabili. Diciamo almeno votabili.
E però non mi fa piacere se, per provarci, quelle persone si auto-distruggono e/o finiscono affogate in un indistinto mare.

Lo so, sono ragionamenti che non portano direttamente a esiti pratici, ma è quello che penso, e non solo per il caso di MRD, anche per altri a lui simili.

Poi, da noi, c'è l'aggravante che i leader del presunto nuovo sarebbero Bassolino e Iervolino...

Anonimo ha detto...

cara Daniela,
anche io ritengo sia inutile provarci.
Penso, anzi, che si può far "politica" soprattutto fuori dai partiti esistenti.
perchè quello che continuo a vedere in giro è... altro!
(Non dico cosa, sempre perchè sono una signora!)

Wonderwoman ha detto...

L'elemento che si sta muovendo è un (vecchio) ceto politico, e pertanto è circolare. Ma se si muovesse la classe sarebbe tutta un'altra Storia..anche per Napoli..

paolopantani ha detto...

Siamo tutti vecchi, ovunque.
Mancano al lavoro, alla cultura e alla politica almeno 5 classi.
E lo capisco,a furia a di fare i furbetti, i politici hanno stancato tutti, troppe desistenze (abbiamo visto e capito),troppe doppie verità,troppi trucchi e inganni.
Sembra un gioco truccato la politica in Italia, a Napoli non ne parliamo.
Noi faremo la nostra parte, rimettiamo tutto in gioco,spero che i giovani escano dal letargo, devono svegliarsi per forza, altrimenti siamo fuori gioco tutti a Napoli.