I crudi dati del rapporto Svimez (di cui parlavo qui sotto), dopo pochi giorni, scivolano nel dimenticatoio. Il governo, forte delle storture (o peggio) nella spesa delle regioni meridionali, si mostra “risoluto”, ancora una volta. E evoca, con la solita propensione allo spot semplificatorio, la Cassa del Mezzogiorno. L’esecutivo - qui come per la monnezza o per la scuola o per l’Aquila - fa finta di agire alla grande per fare, in realtà, piccole cose. Non ha i soldi per fare altro. In questo caso li riprende dove li aveva accantonati e gli dà un nuovo nome: si tratta di soldi FAS dedicati alle aree deboli, che erano stati tolti e che per ora vanno verso la Sicilia. E’ rimandata al poi la trattativa vera su quanti saranno e chi li userà e come…
Ma gli altri che fanno? Difendono il Sud? L’impressione è che gridano a difesa del Sud sulla base di un unico quesito: chi sarà a disporre delle briciole da elargire? Il problema è solo chi ne controlla la spesa. C’è chi, sospinto dall’ingordigia della Lega e in barba al federalismo dichiarato, vuole riportarli nelle mani del governo a Roma dichiarando di volerli “spendere bene” e chi, nei palazzi delle regioni del Sud, ha paura di non poterli gestire più come prima. Ma, poi, in verità, si infittiscono le manovre perché l’una cosa e l’altra possano convivere tranquillamente: li spende Roma e li benedico io, li benedice Roma e li continuo a spendere pure io…
Qualcuno ha notato che ne nascerà un ircocervo. Insomma: tutto si può dire ora… purché - in vista della scadenza delle regionali, tra pochi mesi - ognuno possa ancora indirizzare i ridotti rivoli d’acqua che escono dai rubinetti della spesa pubblica verso le proprie macchine di consenso. Il partito della spesa pubblica sudista è proprio questa cosa qui: dividersi ma poi chiudersi in qualche spicchio d’ombra a ragionare sulle vere mediazioni, lontani da ogni controllo pubblico, da ogni dibattito, da ogni civile obiettivo, da ogni resoconto ai cittadini.
Chi conosce un po’ la storia degli interventi pubblici nel Sud sorride di un sorriso amaro quando sente Antonio Bassolino che dice che la Cassa del Mezzogiorno era roba vecchia e che ci vuole il nuovo. Le cose sono complicatissime e sarebbe ora di fare un vero dibattito. Ma è evidente che la questione per Bassolino è solo “politica”. E’, appunto, la questione di quanta parte egli avrà, per continuare a stare in gioco, alla fine di quella mediazione da farsi in quello spicchio d’ombra.
Questa è la sostanza. Ma le parole pesano. E allora: è proprio sicuro Antonio Bassolino di poter dire che la Cassa del Mezzogiorno è roba vecchia e che c’è il nuovo? A me pare proprio di no e, anche qui, piacerebbe un dibattito vero. Infatti la letteratura competente in materia converge nel ritenere che la Cassa abbia avuto più fasi e che comunque le azioni per il Sud furono spesso assai più serie di quelli odierni. Perché sì, la Cassa del Mezzogiorno ha anche sprecato denaro ed è stata occasione di costruzione di consensi. Ma ha soprattutto bonificato terreni, costruito vie e ferrovie e acquedotti e porti e ha avviato fabbriche e contribuito ad ammodernare l’agricoltura e fondare qui il turismo e ha costruito migliaia di scuole. E – aggiungo - ogni volta che ha fatto male, aveva chi, dati alla mano, sapeva dimostrarlo dinanzi alla pubblica opinione, costringendo a un confronto continuo, sulle cose fatte e su quelle da farsi.
Magari ci fosse questo vecchio di cui parla così male il nostro governatore! Magari ci fosse quel tempo! Quando gli scandali venivano documentati da tecnici di valore e chi governava doveva anche dar conto nel merito e non dividere il mondo tra amici e nemici.
E poi il promettente nuovo vagamente suggerito dalle parole di Bassolino che sarebbe? Restiamo in attesa di magniche elaborazione in arrivo? O restiamo ai fatti di questi anni: il commissariamento dei rifiuti, la gestione dei fondi per i disoccupati o quella per la formazione, i conti della sanità, la gestione ventennale della bonifica del fiume Sarno?
L’azione di incentivazione allo sviluppo della Cassa del Mezzogiorno - di cui Bassolino parla come di cosa vecchia e da guardare dall’alto in basso - non era, certo, fatta solo di rose e fiori; ed ha avuto guasti e corruzioni contro le quali sempre, in tanti, ci siamo battuti. Ma c’è oggi qualcuno che davvero puà scagliare la prima pietra dalle nostre parti in tema di guasti e corruzioni? E va anche detto, invece, che, per lunghi anni quella “vecchia” azione di incentivazione è stata accompagnata da un livello di competenza, di capacità realizzativa e anche di risposta alle critiche molto superiore ad oggi. Ed era un tempo in cui, sulle cose da fare e non fatte o fatte male, si litigava nelle aule del Parlamento, dati alla mano.
E poi – diciamolo – la tanta biasimata Cassa del Mezzogiorno è stata guidata a lungo da gente spesso onesta e competente. E vi si teneva conto di un dibattito scientifico alto. Perché vi era stato, a partire dagli anni cinquanta e attraverso gli anni sessanta – soprattutto nell’area riformista e di governo ma anche da parte dell’opposizione comunista - un confronto serio sui modelli di sviluppo nel Mezzogiorno. Che aveva coinvolto la politica in senso alto. C’è forse in giro – nei popolati palazzi delle regioni meridionali - un personale tecnico del livello dei Saraceno, Pastore, Rossi-Doria (qui va citato per forza), Compagna, Olivetti, Ceriani Sebregondi? E oggi quando qualche tecnico di valore scrive e mostra le cose, viene ascoltato più di allora?
Ma al di là di questo - e più banalmente - si riunisce con regolarità il pool degli assessori della regione con i pur bravi tecnici a fare il punto su cosa è stato fatto, sul suo impatto reale entro la complessità del territorio, sulla sua valutazione, su cosa si può correggere? I fondi attivati sono stati erogati sempre sulla base di quanto dichiarato negli intendimenti pubblicamente espressi o, invece, c’è uno scarto tra quanto programmato e quanto attuato? E di questo normale scarto ne sono spiegate le ragioni ai cittadini? Ci sono state regolari occasioni di quello che in termini tecnici viene chiamata accountability, ossia il regolare confronto tra spese fatte e ricadute avute? E - pur con budget minori di allora e facendo tutte le dovute differenze - le azioni della regione Campania, in termini di politiche degli incentivi allo sviluppo locale, riguardanti industria, agricoltura, pesca, terziario, infrastrutture, formazione, turismo – hanno ottenuto risultati paragonabili a quelli avuti in forza degli incentivi della famosa legge 634 del 1957 che istituì la Cassa del Mezzogiorno?
E’ proprio disinformato o fazioso o troppo avanti negli anni Giorgio Ruffolo, che di queste cose si è occupato per una vita intera, quando dice che “la ragione essenziale del fallimento delle politiche pubbliche nel Sud negli ultimi decenni sta nell´affidamento della gestione delle ingenti risorse destinate a questo scopo a una classe politica regionale complessivamente incapace”?
Se ne può seriamente dibattere di tutto questo per una buona volta? O dobbiamo fermarci a sentire gli slogan sul “vecchio e il nuovo” che il signor governatore ci propina e fare la claque alla fondazione Sudd sulla base del logo disegnato dall’ottimo Mimmo Paladino?
Nessun commento:
Posta un commento