16 maggio, 2008

Su quello che accade nei campi rom a Ponticelli.

Non sarò breve.

1. C’è uno scenario di anni che sta a monte delle “giornate di Ponticelli”. E in assenza di un qualsivoglia segnale da parte del sindaco sarebbe atto dovuto che almeno il presidente del consiglio comunale di Napoli riunisse subito il consiglio, per un dibattito pubblico dove ricostruire con attenzione le premesse di questa crisi di inaudita violenza, che vanno reperite, almeno a partire dal dicembre del 2003, data in cui il comune di Napoli fece una delibera a favore dell’accoglienza di rom in una struttura di Via Botteghelle.
Quali sono stati i passi fatti per integrare i rom nel quartiere, le proposte disattese, i passaggi partecipativi effettuati o meno, i fattori di accumulo delle tensioni, le differenti opzioni scelte o scartate? In democrazia non è mai inutile, quando scoppia una crisi, rivederne le cause con cura davanti alla cittadinanza. Si farà? Oggi io sono pessimista. Non si farà. Perché non ci sono più sensibilità politica in senso proprio né la santa abitudine alle procedure minime. Non c’è più tenuta alcuna.

2. Così oggi accade a Napoli che ci si debba misurare emotivamente con i nudi fatti, per come scuotono ciascuno di noi.
Ne elenco una sequenza, senza ordine ma così come mi riviene alla mente. Mentre la prefettura aveva annunciato agli uffici comunali l’intenzione di ricorrere a uno sgombero legale dei campi, per ragioni igienico-sanitarie, avviene, dinanzi alle telecamere della Rai, che bande di giovani e meno giovani, spesso con precedenti di mala, assaltano le baracche rom e le bruciano lanciando molotov dai motorini, mirando non solo ai luoghi ma alle persone. Nelle strade vicine si dice, a loro convinto sostegno, che lo fanno per “vendicare i furti di bambini”.
Sarebbe, insomma, questa la risposta all’episodio di intrusione in una casa del quartiere da parte di una minorenne, subito assicurata alla giustizia e sulle cui circostanze e responsabilità la magistratura stava già indagando. Ma, interrogati dai molti giornalisti presenti sui luoghi, i giovani, divisi in piccoli gruppi di incursori, ammettono altro: che le attività illegali dei rom fanno aumentare la presenza, per loro fastidiosa, della polizia nel quartiere e che i rom sono loro diretti concorrenti nell’accumulazione di ferro, alluminio e rame, rubato e non, da rivendere. Tanto è vero che, bruciato un campo, i poliziotti sono costretti ad allontanare le bande di predatori che intendono “riprendersi rame e ferro”. “Non è ora il momento” – dicono. I vigili del fuoco intervengono per spegnere i roghi. E vengono scherniti in modi indicibili mentre si assicura loro che, in ogni caso, si tornerà all’assalto con nuove molotov le quali, nel nostro codice penale, sono classificate armi da guerra. Ma la polizia non interviene. Donne del quartiere, davanti alle tv nazionali e locali, ballano e urlano come nelle feste delle orde; e esaltano la vendetta contro un’intera comunità nomade, rea di essere tutta intera “ladra di bambini”.
Viene fatto un ultimatum di sgombero campo dopo campo. Ma non dallo stato come è avvenuto a Bologna o a Roma. No. Qui lo stato ha da tempo perso ogni monopolio della forza. E’ un diktat recapitato non si sa come e da chi ai rom assediati. E’ avvalorato da pezzi sparsi di camorra di quartiere o così si dice e si ripete ai giornalisti. Come dire: siamo noi del “sistema” a proteggere la popolazione del quartiere dagli zingari cattivi, a fare non già da ronde ma da incursori incendiari.
E così resta il fatto che roghi e minacce producono una fuga notturna di circa 500 persone, protette da sparuti gruppi di poliziotti e dai volontari della Caritas che, circondati da una folla pronta e attrezzata al linciaggio, quello vero, ha trovato i furgoni e ha portato, viaggio dopo viaggio, decine di persone fuori dal pericolo sistemandoli per la notta in decine di abitazioni di cittadini civili di questa città. Un esodo dal sapore terribile, avvenuto nel terrore di vecchi, donne, bambini inermi. Che mette per sempre a tacere tutti i tentativi di integrazione di questi anni. Nelle aule del 88° circolo didattico dove tra pochi giorni avrebbe dovuto concludersi un progetto tra bambini rom riconquistati alla scuola pubblica e altri bimbi del quartiere – un lavoro basato sulla narrazione di fiabe rom, che uniscono – i bambini di Ponticelli coinvolti piangono: “Abbiamo visto i nostri compagni fuggire piangendo tra la folla inferocita”. Alla fine del saccheggio successivo ai roghi bande di squadristi rovistano tra le povere cose lasciate.

3. Questi eventi inauditi hanno luogo in un clima cittadino di ignomignoso vuoto istituzionale e politico. Più che irresponsabile, delirante. Nessuno che abbia una funzione di rappresentanza politica è lì sul posto insieme alle forze dell’ordine che difendono almeno l’incolumità fisica delle famiglie sotto minaccia fisica. Né un parlamentare né un solo rappresentante di comune o provincia o regione. Tacciono sindaco, governatore e presidente della provincia. E nessuno è in grado di parlare con le due parti. Mentre vengono lanciate le molotov i partiti di destra e il PD all’unisono chiedono lo sgombero e l’immediato smantellamento dei campi. Senza commentare gli eventi fuori da ogni legalità repubblicana.
Il manifesto del PD resterà nel tempo una vergogna: confonde crisi dei rifiuti e campi nomadi e, nel mezzo del linciaggio, chiede che sia restituita sicurezza ai cittadini di Ponticelli minacciati. Fa molto meglio la mamma della piccola Camilla: “non volevo questo”. Ma c’è anche di peggio: la prefettura e il comune, intanto, si permettono di litigare pubblicamente su dove spostare le famiglie già in fuga e avviene addirittura la disdetta del tavolo di concertazione tra le istituzioni sulla gestione della crisi. E’ un atto di una gravità mai vista prima in Italia nel mezzo di una tale emergenza. Intanto, imperterrito, un assessore regionale (non mi viene manco più voglia di scrivere il nome) dall’innocentissimo pulpito del palazzo della Regione Campania - decide che è proprio questo il buon momento per scagliare finalmente la prima pietra contro il sindaco e gli amministratori comunali che, a loro volta, sotto la pressione della piazza organizzata dai rappresentanti zonali della loro stessa maggioranza – che è la stessa della regione – avevano pensato bene di dedicarsi a contestare tardivamente quanto deciso dal commissario straordinario in materia di siti per i rifiuti.

4. Comunque molte persone si chiedono: la ragazzina rom voleva davvero prendersi una bimba secondo quanto è nella paura più profonda, atavica, radicata? I giudici stanno indagando. Vedremo. Ma, intanto, va ricordato qualcosa che si ripete nel tempo nella storia umana. Da sempre - nei confronti delle popolazioni con forte identità autonoma ma in posizione di minoranza e marginalizzate - si ripete, di generazione in generazione, tra le molte accuse ricorrenti, quella di furto dei bambini. Ciò avviene da parte di maggioranze non necessariamente coese, anzi. La maggioranza, attraversata da reali e profonde differenze sociali e culturali, conserva tuttavia pretese di omogeneità; e, proprio perché divisa al suo interno, indica nelle popolazioni di minoranza le alterità, a conferma della propria identità unitaria. Così l’accusa di furto di bambini è stato gettata addosso a ebrei e nomadi in Europa, alle popolazioni di origine africana o ai nativi nelle Americhe colonizzate, alle minoranze tribali entro le differenti zone di altra maggioranza tribale in molte parti dell’Africa, agli armeni in Turchia, ai kurdi in Siria o in Iraq, alle popolazioni autoctone nella Siberia colonizzata, ai nomadi non arabi nel Magreb, ai turcomanni in Cina ecc.
E’ un pericolo, un’evenienza minacciosa che sta lì, ripetuta dalle narrazioni diffuse, che si nutre di leggenda. In questo, la funzione degli stereotipi, che vengono diffusi e ripetuti spontaneamente, è di avallare o indurre o diffondere conformismi di massa o di gruppo, confermando il già noto o più esattamente il presunto noto, facendolo apparire come qualcosa di ovvio e di scontato.
Gli stereotipi si possono identificare con il senso comune o sapere di tutti. Non si tratta di una verità ma di una convinzione. Che è riproduttrice di una disinformazione che serve alla coesione interna di una società che coesa non è. E che permette di rassicurare e di avallare i conformismi sedimentati nel tempo e di demotivare la ricerca, il dubbio, il pensiero divergente. E’ qualcosa di sordido e ripetuto, che oggi gode di un grande megafono nei media. E che si nutre delle categorie del nemico, del minaccioso. Da sempre accadono episodi grandi o piccoli a conferma degli stereotipi. E tali episodi avvengono spesso nei passaggi della storia nei quali le maggioranze sono attanagliate da una condizione o da una sensazione di crescente insicurezza intorno al proprio status economico o alle aspettative di futuro o ai valori dichiarati che non corrispondono più a quel che viene percepita come la situazione effettiva. Come accade oggi nel nostro paese e non solo. E quando le divisioni sociali aumentano senza che siano pienamente rappresentate entro un conflitto codificato e regolato.
E’ in questo tipo di atmosfere generali che, nella storia, accade che qualcuno della minoranza accusata, quasi sempre un singolo “in rappresentanza di tutti”, spesso più fragile, si venga a trovare - nella accusa diffusa da gruppi della maggioranza o anche effettivamente - in una posizione tale da confermare gli stereotipi che sono costruiti addosso alla sua identità di appartenenza. E nella storia ciò accade sovente in territori di confine, lì dove le parti più fragili delle maggioranze si trovano nelle vicinanze o in prossimità o a contatto delle minoranze altre. Come nel caso di Ponticelli, esattamente. E’ in questi contesti particolari e speciali che, poi, prendono forma episodi inventati o anche reali. La ragazzina rom era lì? Ma cosa stava facendo e come viene rappresentato quel che faceva da quel gruppo in quel momento nell’atmosfera generale e di confine?
Spesso accusati e accusatori sono entrambi in una situazione complicata, strana, intermedia, ambivalente e di reciproca paura. La conferma dello stereotipo si trova ad essere suggerito anche da un agito dell’accusato? Viene confermato dalla convinzione radicata di chi accusa? Insomma se sei considerato ladro di bambini da una enorme maggioranza di persone nel cui mare tu ti muovi come “diverso” da generazioni vi è la possibilità che tu ti trovi, per spinta inconscia o altro, in una situazione intermedia e di confine, ambigua, pericolosa, nella quale fai gesti, esprimi intenzioni, sei presente in luoghi, dici cose che vengono presi, ampliati, ridefiniti e ricostruiti a posteriori – da parte di chi crede in tali stereotipi ed è attanagliato da paure profonde - in modo che tu possa risultare effettivamente “ladro di bambini”. Sì, accade che persone vittime di stereotipi si trovino a vivere una posizione che può confermarli nello stereotipo. Ma tutto ciò, però, può avere luogo solo quando alla crisi culturale e sociale di intere comunità corrisponde la pochezza dei pubblici poteri, privi di quella autorevolezza minima che consente la basilare funzione di dare parola e atto alla legge, a salvaguardia della convivenza civile.

Le foto sono di Philippe Leroyer e sono state scattate a Parigi in occasione di una manifestazione di rom nel dicembre 2007.

19 commenti:

Nazarin ha detto...

Finalmente; un post che mi restituisce un minimo di respiro dopo l'apnea che da giorni mi fa vivere con agitazione ogni dibattito sull'argomento sicurezza.
Ieri durante la puntata di Annozero ho avuto quasi una crisi di nervi. Quello che è successo a Ponticelli è di una gravità semplicemente inaudita. Ma nell'immaginario collettivo non è questo il problema. Non è proprio un problema! E peggio ancora il vuoto istituzionale, così come della sinistra...o di chi è più interessato alle condanne penali dei vari parlamentari, piuttosto che all'orrore cui abbiamo assistito.
Lordura morale e culturale, non ci sono altri termini. Se domani darò un morso ad un bambino, finalmente il popolo avrà la prova concreta che i comunisti mangiano i bambini. Cocì funziona la mentalità degli italiani. E non perchè siano stupidi, ma perchè sono razzisti.

Anonimo ha detto...

Troppo lungo per dire cose che in un certo qual modo rilanciano le responsabilità solo sulla latitanza delle istituzioni e invece non è così.Bastava vedere le immgini dei telegiornali e quello che ha scritto qualche giornalista un po' più obiettivo per rendersi conto che lì si stava celebrando una barbarie e nessuno ha avuto il coraggio di dire che gli abitanti di ponticelli si sono macchiati di un'onta vergognosa:hanno riso,hanno inveito, lanciato sassi e molotov, hanno incendiato e derubato la miseria. I veri barbari sono gli abitanti di ponticelli, questo bisognerebbe aver il coraggio di dire, perchè questa città oggi esprime solo barbarie.Invece stiamo sepmre a trovare la colpa in qualcun altro:le istituzioni, i ROM, la camorra. Ok ci sarà un 15% che è gente onesta, ma il resto è quello che abbiamo visto ballare davanti alle telecamere il resto sono quelle donne orrende che inveivano per un atto che non si è consumato fortunatamente e che la magistratura sta ancora accertando. Basta con questo sociologismo d'accatto!!!Le forze dell'ordine dovrebbero isolare questi barbari, non i ROM.Ci vorrebbe un cordone intorno a ponticelli scampie e compagnia bella! Per quanto mi riguarda oggi Napoli è una città orrenda e mi augurerei che sprofondasse, ma non succede mai purtroppo.

Nazarin ha detto...

Un pò di calma però, non esageriamo. Sono d'accordo che l'espressione prima e più evidente della barbarie di cui si parla è quella degli abitanti di Ponticelli che hanno praticato il vergognoso attacco al campo rom. Tuttavia parlare di un 15% che si salva mi pare eccessivo. Ma non è questo il punto.
Gli atti di inciviltà ci sono sempre stati; l'indicatore della regressione a mio avviso però si evince dalla quasi legittimazione, dal complice e vergognoso riserbo di chi ci rappresenta e delle istituzioni a stigmatizzare con forza, magari anche fisica, il porcaio che si è e si sta verificando. Che poi la gioia degli abitanti del quartiere sia stomachevole...non c'è dubbio. Ma augurarci di veder sprofondare i quartieri più degradati di Napoli ci mette in una posizione etica e culturale non troppo dissimile.
Occhio che il mostro dell'intolleranza è in agguato anche dentro di noi, e non vorrei che un giorno, vedendo magari sgomberato qualche quartiere del sottoproletariato, ci trovassimo noi ad esibirci in quelle danze oscene.
Dario Scognamiglio

Anonimo ha detto...

Che schifo quel manifesto del PD! Quando l'ho visto in TV pensavo fosse riferibile alla destra. E invece è del PD! Somiglia a quelli della lega contro gli stranieri o contro i rifiuti di Napoli. Anche qui a Novara hanno lanciato le molotov contro il campo nomadi, che il sindaco (leghista) aveva spostato da un quartiere popolare, dove gli abitanti protestavano, al quartiere in cui abito dove il campo è lontano dalla maggior parte delle case e perciò protestano in pochi. Però dopo le molotov il sindaco (leghista) è andato al campo nomadi a manifestare solidarietà. Non si capisce più chi siano i veri barbari, ma è certo che tutti lo stiamo diventando ogni giorno di più.
Pare che durante la seconda guerra mondiale molti tedeschi ritenessero ingiusta la persecuzione degli ebrei, ma la praticavano nascondendo per pudore il loro pensiero, che in quanto isolato, ritenevano fosse sbagliato.
Stiamo andando in quella direzione?

Anonimo ha detto...

Poiché non più tardi di una settimana fa ero in visita in un campo di concentramento dove morirono anche diverse centinai di zingari, mi astengo da ogni commento.... rischierei di eccedere nel senso opposto.

Anonimo ha detto...

Come ha scritto Roberto Esposito qualche anno fa in un articolo per Micromega, oggi rischiamo tutti di trovarci “nel rovescio” del nazismo. Le vicende di questi giorni sinistramente paiono confermare queste parole: “Ma proprio perché del tutto al di fuori del linguaggio moderno, perché situato decisamente dopo di esso, il nazismo lambisce, in maniera imbarazzante una dimensione che fa parte della nostra esperienza di postmoderni. Contrariamente a quanto proclama la vulgata neoliberale, noi non siamo, non siamo più, nel rovescio del comunismo, ma in quello del nazismo. E’ esso la nostra questione, il mostro che ci insegue non solo alle spalle, ma anche dal nostro futuro.”

Anonimo ha detto...

Abbiamo bisogno di sentire parole autentiche. I fatti narrati spesso neutralizzano la storia di un passato feroce. Memorizzare la vacuità degli steriotipi per carpire la discresia che è in atto nella società.
Profonda e attenta analisi

Ondamagis ha detto...

Gent.le Dott. Rossi Doria, prima di tutto mi scuso se le scrivo in questo form, ma non disponendo di altro, mi sono vista costretta a farlo qui.

Ho appena inserito, nel mio blog, un post su un suo libro molto importante per il mondo scolastico: "Di mestiere faccio il maestro".
E' la relazione redatta per l'Univ. Catt. di BS, per il tirocinio esattamente, di Sc. Formaz. Prim., a cui sono iscritta per conseguire l'abilitazione.
Mi farebbe molto piacere se passasse a darci un'occhiata e sapere cosa ne pensa.
Tutto qui.
La ringrazio fin da ora,
Maestra Lena.

Anonimo ha detto...

Grazie per i commenti.
Nel frattempo sui rom sono scritte alcune cose che vale la pena di riportare, non hanno avuto molta eco.

Un articolo di don Luigi Ciotti, che chiede scusa;
Un' intervista a Matvejevic uscita sull'Unità;
Un'intervista a Minniti sulla politica della sicurezza, ancora Unità;
Una dichiarazione di Renzo Gattegna, presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Infine una differente versione di questo post pubblicata su Repubblica Napoli, e riportata nella rassegna sul tema fatta da Daniela.

Pietro Spina ha detto...

il problema della plebe lazzara, semianalfabeta e incivile che abita molti quartieri di Napoli è un problema storico che per molto tempo si è fatto finta di non vedere. è massa di manovra per i disegni più loschi (come è stato spesso nella storia) e il fatto che abbia costituito un bacino elettorale anche per chi è attualmente nelle amministrazioni locali non significa che si fosse "incivilita", ovvero che potesse dirsi finalmente coinvolta nella comunità cittadina legale. è rimasta emarginata, autoemarginata, ed estranea alla collettività, alla cittadinanza in senso moderno.
ora quella plebe brucia i cassonetti e i campi rom, fa i pogrom con la camorra (roba da far impallidire le ronde leghiste) e appare ingovernabile: ieri ho sentito alcuni di questi (che spesso chiamiamo mao mao) che invocavano una rivolta generale urlando alle telecamere mentre sparpagliavano rifiuti, come duecento anni fa. e si pretenderebbe la raccolta differenziata da costoro?? ma se prendono a sassi perfino i pompieri!
noi dovremmo mantenere un atteggiamento dialogante, non recidere tutti i legami su cui si tiene debolmente in piedi la società italiana. costruire civiltà, valorizzare gli episodi positivi di istituzioni che funzionano, far parlare tra loro italiani e stranieri che vivono le stesse condizini di disagio...
però con le masse napoletane non so se è davvero possibile, sono molto scoraggiato. è più facile forse che si riallacci un dialogo tra cittadini delle periferie milanese e immigrati islamici, piuttosto che tra napoletani del vomero e del centro storico. so che marco rossi doria lavora da sempre in questo senso e forse è una delle poche speranze. gli faccio i migliori auguri e lo ringrazio per le parole di questo suo ultimo post.

Anonimo ha detto...

Totalmente d'accordo con Pietro Spina.

Anonimo ha detto...

@pietro spina e franco cuomo

In questi momenti è facile lasciarsi prendere dallo sconforto.... Così anche noi iniziamo a marcare rigide separazioni, cominciando, senza accorgercene, ad alzare gli stessi muri che altri hanno alzato con i rom, e che noi di contro alziamo contro la "plebe lazzara" della nostra città, ammettendo che con essa è impossibile dialogare: troppo improbo il compito...!
Ma così non andiamo da nessuna parte!

Pietro Spina ha detto...

non ho detto che non si deve provare a parlare. ho detto esattamente il contrario. ma non so come sia possibile: quello che fanno marcorossidoria e qualche altro è forse l'unico esempio di "ponte" tra i due mondi che mi viene in mente, ma non so quanto tale esperienza sia significativa sul piano "politico" cioè non strettamente legato alle singole individualità, ai contesti particolari.
non so come fare. il fatto è che non riesco a pensare ad un'attività "civica", o politica se si preferisce, nei confronti di quelli che a volte chiamiamo mao mao, perchè ne ho paura. So che è un mio limite, ma è così.
Tu, oblomov, che dici? hai pensato a qualche maniera di agire in senso "civico", per ricostruire una civitas (o qualcosa di simile)?
TU che ti chiami Oblomov, come pensi di agire??

Anonimo ha detto...

Con altri amici, ad esempio, ho organizzato un doposcuola nel mio quartiere ("immediata periferia" del centro storico). In questo modo cerchiamo di stabilire "un ponte" tra noi - tutti in genere appartenenti al ceto medio (insegnanti, professionisti, qualche nostro figlio) - e la gente del quartiere, quella che abita i bassi e che tu chiami mao mao. Non è una cosa difficile: ognuno di noi mette a disposizione un paio di ore a settimana e insieme cerchiamo di costruire un minimo di "dialogo" con un mondo che non è il nostro. Non è che si risolvano tutti i problemi così... lo so si tratta di una goccia nel mare, di una piccola cosa, magari di sapore cattolico, ma almeno tentiamo così di invertire certe tendenze di fondo che stanno sempre più mettendo in crisi il tessuto sociale della nostra città.

Pietro Spina ha detto...

sembra una buona cosa. forse dobbiamo ricominciare da queste cose, a livello individuale o di volontariato, nel "sociale". ma a livello politico non vedo prospettive, non vedo messaggi che riusciamo a comunicare che possano apparire in qualche modo concorrenti con quelli razzisti e demagocici della destra (in senso lato). di fronte a messaggi semplici e brutali non riusciamo a "semplificare" la nostra visione politica.

Anonimo ha detto...

In tutto questo pasticcio credo non si stia analizzando a dovere il ruolo dell'informazione. Certi servizi apparsi in TV, pubblica o privata che sia, sembrano confezionati apposta per dare fuoco alle micce. Tutti pronti a dare solidarietà se un potente viene diffamato, a torto o a ragione che sia, nessuno che si appelli al garante quando oggetto della diffamazione, in questo caso continuata e sistematica, sono intere minoranze etniche o sociali.

Senza coscienza di questo non possiamo che limitarci a distogliere continuamente l'attenzione dai problemi reali. Un giorno sono i comunisti, quello appresso i rom o romeni (nell'immaginario comune spesso indistinti), domani i "lazzaroni" di Ponticelli?

Smettiamo di scaricare sul cittadino responsabilità che risiedono altrove. Non dico Lenin ma almeno un po' di Gramsci...

Anonimo ha detto...

io non ho paura di apparire razzista o classista-forse è più esatto- la plebe lazzara è un fatto, non è un concetto. La plebe lazzara c'è e produce effetti, per dirla con Foucault, e che effetti! Napoli rimane sempre quella chè è stata perchè non si riesce a debellare il plebeismo, ma, mutatis mutandis,la borghesia specularmente riflette la stessa rozzezza individualistica e la stessa protervia:è una città completamente pre moderna.I rozzi e nazisti abitanti di POnticelli - diciamo il 60%- se no si offendono, non riusciranno a mai a fare una raccolta differenziata. I mobili, i materassi, i cessi, abbandonati per la strada dovrebbero far riflettere. Ma la stessa munnezza la trovi pure al vomero e pura a parco margherita. Quindi questi sono i fatti. caro Cico, Gramsci non so se abbia mai scritto qualcosa su Napoli, credo di no e meglio è stato per lui, Lenin invece con questa gente non sarebbe andato da nessuna parte.

Anonimo ha detto...

Sembra incredibile ma mi son convinto che sia cosi. La tragedia sta qui. La cultura del far del male e viver male, totalizzante nelle nostra pseudo-comunità, ci identifica davanti agli altri gruppi umani e fa 'funzionare' il nostro gruppo. Noi siamo Napoletani fieri solo in quanto siamo furbi e maligni e senza rispetto per le cose pubbliche, le persone, la civiltà. Sembra assurdo anche a me ma non vedo altri marchi d'identità comuni a noi tutti. Vi invito a smentirmi. Di cosa ci sentiamo fieri altrimenti quando siamo fuori da Napoli e tra di noi? Il massimo che ci fa ridere e godere di una battuta spiritosa è dire ''Io a quello, l'ho fatto fesso ! '' - '' Quello si è fatto fare fesso, quell'altro è nu strunz ! '' - '' Ma chi te lo fa fare ? '' etc..Non ne possiamo prescindere anche se lo volessimo. Ad esempio : per quanto lo desideriamo, non sentiamo mai di star facendo una cosa valida nel rispettare una legge , una regola, praticare un atto di gentilezza e buona educazione in pubblico ; il nostro gruppo ci impone inconsciamente di far del male e far tutto male, siamo interiormente rosi dal dubbio di essere inetti e deboli in seno alla nostra società e quindi meritevoli di derisione ed emarginazione . I piu' coraggiosi lo fanno, ma sono eroi ! . A Napoli si è già eroi per il mero fatto di osservare il semaforo rosso e lasciar un bimbo o un anziano attraversare la strada sulle strisce pedonali. Ma dentro di sè i pochi Napoletani che agiscono rettamente, li perseguita la nausea e il rimorso della inutilità e della ridicolaggine di una azione normale e in sè buona. Disse Corrado Alvaro ( 1895-1956, scrittore e uomo di cultura calabrese attentissimo nelle sue opere al problema della società meridionale)

''La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società, è il dubbio che vivere rettamente sia inutile ''

Essere decenti esseri umani e decenti cittadini di Napoli ( dico: decenti, senza pretese) comporta reprimere noi stessi come siamo da secoli ; non e' facile; ed è tragico pensare che si debba arrivare a tanto . Un'identita' al di fuori di quella che abbiamo ora [e che qui su questo blog stigmatizziamo] non esiste, non e' mai esistita.
E' ancora da creare.
Non si da' un tempo felice nella nostra storia di cui fantasticare che eravamo Bella Gente, ammirati da tutti.
Io non lo vedo, scavo nei libri di storia ma ancora non ho visto un bel popolo.Individui eccelsi ma una collettività orrenda. Siamo allegri, strafottenti, ridanciani, incattiviti, arrangioni, sfruttati, dominati da tutti gli stranieri ( non ultimi i Savoia con l'Unità d'Italia, certo! E oggi peggio che mai dai nostri politici e funzionari locali di questa cleptocrazia) ladri e parassiti, poeti della loro tragica e grottesca vita con canzoni, canzonette e poesie, lazzari felici come cantava Pino Daniele, ma MAI normali cittadini come si vedono Inglesi, Francesi e Tedeschi o Italiani Piemontesi e Lombardi e Romani, quanto meno mediamente accettabili.
Non si dà ciò , se appena si conoscono i fatti storici.

I nuovi Napoletani degni di questo nome saranno dunque i DISSIDENTI , quelli che odiano se stessi e ciò che fin da bambini è stato loro inculcato; quelli che accetteranno la sfida di far esperienza di una crisi di identità dolorosa e cercarne un'altra costruita su nuovi principi etici e comportamenti che non ha più a che fare col passato e la tradizione percheè la nostra tradizione di popolo napoletano e' fogna morale; i Napoletani a ' tolleranza zero' , che ripudiano la loro stessa identità come membri di QUESTO gruppo sociale saranno una speranza. Solo loro.Ecco perciò tanto rigetto e livore contro questa categoria minuscola di strane e nuove larve napoletane.

La nostra identità di gruppo umano ( antichissimo) è fondata su archetipi di organizzazione sociale retrograda, piramidale, a-logica, a-morale e im-morale, sleale, economicamente parassitaria, votata al male. Far del male e far tutto male distruggendo quale simbolo di riscatto e 'valitudine' dell'individuo , della famiglia e del gruppo . Questo e' un nostro archétipo di massa. E' un tipico tratto antropologico delle societa' che hanno sempre subìto la dominazione dello straniero per troppi secoli, secondo me, e trasmettono l'esercizio del 'male di vivere' alle nuove generazioni infondendo la persuasione che ciò sia buono e giusto .

E' il tipico modo di reazione dei popoli falliti e perdenti ( vedi gli zingari e certi popoli sudamericani o le tribu' involute delle isole di Borneo e Sumatra che non hanno mai raggiunto i nostri tempi pur vivendo fra noi.)

Noi, come loro, ci distruggiamo dal nostro interno per sfogare la rabbia e l'incapacita' di darci valori positivi di rigore e rettitudine cui far riferimento e un buon autogoverno. Non l'abbiamo mai imparato da nessuno, ne' tantomeno siamo riusciti a svilupparlo da soli. Questo e' detto su grande scala antropologica. Ovviamente.
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Vecchio 06-02-2008, 01:28 #44
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La cultura e la mentalita' SdG, di cui tutti indistintamente siamo imbevuti, è talmente forte che la potremmo paragonare alla forza di gravitazione universale.

L'essenza e la natura di questa forza fondante dell'universo è ancora oscura agli scienziati ma è a loro certo che se mancasse la forza gravitazionale, l'universo si disintegrerebbe . Analogamente , se dalla sera alla mattina qualcuno riuscisse a cancellare la nostra storia e cultura collettiva di SdG dalle nostre menti, con pugno di ferro o gran persuasione, sparirebbero i Napoletani stessi . Non ci facciamo caso perchè ci siamo nati e la respiriamo, ma la mentalità SdG è motivo di orgoglio per noi tutti , per i criminali quanto per gli onesti i quali se la tengono ben stretta e la difendono istericamente e non si accorgono di essere l'humus dei criminali perchè privi di anticorpi contro l'infezione criminogena-vandalica delle plebi a causa della loro putrefatta coscienza civile, politica, morale collettiva ; condividono gli stessi totem e idoli culturali della plebe dei clan.

Non saremmo piu' noi; non avremmo più un' identità; non resterebbe altro dei Napoletani senza la cultura dei Pulcinella ( che è come dire SdG) . Intendo la massa, anonima e ordinaria avrebbe crisi di identità insopportabili. Eppure una considerazione tale non la si può far notare ai nostri concittadini, è tabù : I Napoletani ( quelli un po' istruiti e coscienziosi, alla gran massa frega niente di qualsiasi cosa tranne la pagnotta ) se ne risentono a morte se dici loro che fanno pena; ti tirano sempre fuori i Grandi del Passato e la memoria della capitale europea borbonica per impugnare la loro - perduta- grandeur; fanno l'effetto dei nobili decaduti di un tempo con patetici complessi di inferiorità vantando ascendenze prestigiose ma al momento senza i mezzi essenziali per tirare avanti. Hanno paura del disprezzo e lo chiamano razzismo ingiustificato contro una città e un popolo di cui gli invidiosi altri godono sadicamente a mostrare solo i lati negativi - come se i positivi al giorno d'oggi fossero evidenti ! - temono il disprezzo per la loro ignavia e incapacità di esser artefici di una vita decorosa. Si può arrivare a tanta paranoia collettiva e delirio autoassolutorio dalle proprie colpe ? ..E' ovvio che uomini e donne eccelsi per grandezza politica, morale, artistica, civica, scientifica, li abbiamo avuti anche noi in seno alla nostra società ( non oggi di sicuro)


Ma quale società non li avuti? Non possediamo mica l'esclusiva dei Benedetto Croce, I Carlo III di Borbone, Gli Aragonesi e gli Angioini, i Giordano Bruno, Massimo Stanzione, Salvator Rosa, Paisiello, Masaniello fino ad un certo punto, Caruso, Totò, Principe di Sansevero e del Sammartino, l'autore dello strabiliante Cristo Velato. Intanto non siamo una società mentalmente normale: dal '48 votiamo in politica solo chi ci può far del male - una società simile non può che mandar al potere la feccia criminale in doppiopetto e tailleur, sicuera che protegga i suoi interessi egoistici o tribali, sordidi e devastanti per la collettività : è impossibile trovare qualcuno o un gruppo in politica con mezzi economici e saldi propositi che voglia far le cose per bene per questa città e la sua terra, pur mettendo noi da sempre tranquillamente in conto ed avallando di esser derubati e vilipesi dai nostri politici e annesso sottobosco ! - Mai e poi mai in 150 anni dall Unità col resto d'Italia abbiamo avuto, chessò io, un sindaco e un consiglio comunale degni di questo nome, nè un prefetto o un corpo di Vigili Urbani o Polizia Municipale all'altezza del loro compito ordinario, nè Carabinieri e Polizia verso i quali rivolgerci con sicurezza di esser difesi, nè degli impiegati comunali o netturbini che abbiano mai fatto semplicemente il loro dovere e ci abbiano trattati con rispetto , giorno per giorno; nè abbiamo mai goduto, chessò, di una semplice passeggiata in un parco pubblico degno di questo nome - ne fosse mai stato fatto uno dopo il bosco di Capodimonte e la Villa Comunale, oramai una pattumiera kitsch dopo Bassolino e i suoi designers lanzichenecchi lottizzati, il Real Passeggio di Chiaja, voluti nel 1700 da Carlo III di Borbone - nè potuto mai fare un bagno estivo nel golfo più bello d'Europa senza paura di restar infettati, nè mai passeggiato lungo la spiaggia 1 secolo fa stupenda di Bagnoli, nè è esistita mai una borghesia imprenditoriale e intellettuale con valori solidi di progresso e cultura. Al massimo,gli Optimates della città sempre e solo quattro gatti rintanati in casa per paura o per atavica strafottenza o a tirarsi i capelli fra loro. Al di fuori dei clan di camorra e degli sciami di politici nostrani vandali e semianalfabeti, mandati in parlamento e nelle sedi degli Enti locali, quale classe sociale napoletana è contata mai qualcosa sullo scacchiere socio-economico italiano o internazionale? Abbiamo avuto i genii ma non siamo mai stati rispettabili ordinarii cittadini. Mai visti gettare un sacchetto di immondizia ad orario permesso in un cassonetto o evitato di sporcare le strade, o abbellito la città e mantenuto servizi pubblici buoni, pagato tasse con serenità senza bestemmiare per il latrocinio o protestato contro un abuso o un sopruso del potere efficacemente con la convinzione di far la cosa giusta e di doverla fare fino in fondo .

Motivo di orgoglio per noi tutti dovrebbe essere il comportamento medio della massa media e anonima dei Napoletani . Non i grandi uomini del passato e i panorami del golfo. Nessuno ci apprezzerà mai perchè vantiamo di aver avuto Petrarca o Virgilio o Vanvitelli che son passati di qui insieme a Giotto. Quello è orgoglio da mezze calzette. E' valido solo se ulteriore marchio di eccellenza di un sistema sociale decente in una società decente e solida , sicura di sè stessa e di agir produttivamente nella vita.
E' questo che ci darebbe lustro davanti a tutti i popoli. Non il golfo , le sfogliatelle , il Vesuvio, le canzoni napoletane, i dipinti nei musei e nelle chiese. E' abusivo vantarsi del passato glorioso dei pochi e non è non motivo di giustificazione o orgoglio per noi tutti : ci arroghiamo i meriti dei migliori senza aver contribuito mai a tenere alta la reputazione che essi ci donarono col loro spirito .


Lo vediamo bene poi che i migliori, i più buoni, sono costretti ad emigrare per non soccombere. La massa dei Napoletani odia e invidia il singolo che si comporta bene e onestamente fino all'eliminazione fisica. Purtroppo oggi ci siamo trasformati tutti in un immensa folla plebea per sopravvivere alla nostra stessa violenza dell' uno contro l'altro - oggi Napoli è solo plebe e assomma noi borghesi, plebe assassina camorrista e alta borghesia e quel po' di nobiltà decaduta avanzata - I modelli culturali criminali e subanimali della camorra hanno infettato le coscienza fragile dei borghesi a partire dal dopo-terremoto. Dal Novembre 1980, secondo me , è andata in funzione quella che chiamerei : la grande mutazione antropologica. Con la NCO e gli sterminii di massa fra i clan che si perpetuano da 40 anni, il sistema di estorsione, aggressione, ricatto, capillarizzato e asfissiante su tutta la città e la provincia, la piazza di smercio droghe più potente e grande d'Europa, Cutolo e tutto il sèguito fino ad oggi, davvero i confini fra i buoni e i cattivi si sono assottigliati fino a sparire.


Prima dell'80 era flebile la divisione ma c'era , ora ci sono solo LORO, la plebe lazzara con armi e miliardi a dominare tutto. Questa massa resta uguale a se stessa nel tempo , resta quel mostro sociale che spaventava e affascinava i viaggiatori della nobiltà di tutt'Europa del Gran Tour del '700. Accorrevano ad ammirare la Capitale, terza città piu' grande e popolosa del mondo - nel 1600 fu la prima - ricchissima di vestigia antiche e con la corte reale piu' sfarzosa - insieme ad Istanbul , Parigi , Pechino - ma irrimediabilmente riconosciuta dagli stranieri e nord italiani fin dal '300 addirittura come una collettività di cui era proverbiale dire ''Un Paradiso abitato da Diavoli "...

Anonimo ha detto...

L'anonimo delle 12,43 ha forse ecceduto nel copia e incolla.
Sarebbe gradita una versione più pulita del suo commento; magari anche più sintetica.